Cibo | OsaSuna

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autrice: GReina
n. parole: 2942Cibo | osasuna


Era umiliante doversi ridurre a quello, ma Suna era disperato. Il suo compagno non lo toccava da quattro giorni e lui stava letteralmente impazzendo.
Non era colpa di nessuno dei due, non davvero, comunque. Suna aveva avuto una trasferta, poi l'intero ristorante di Osamu era stato affittato da un'enorme comitiva per un'importante celebrazione, senza contare che si avvicinava la data d'inaugurazione per la sede di Onigiri Miya di Tokyo. Non si erano fermati un attimo. Soprattutto Miya aveva dovuto lavorare moltissimo, dunque arrivava a sera stremato, troppo stanco anche solo per degnare Suna di uno sguardo, ma quando è troppo è troppo, e se molto spesso Rintaro era stato geloso dell'attenzione che Osamu riservava al cibo anziché a lui, quella notte avrebbe usato la cosa a suo vantaggio.
Controllò l'orario: erano le 23 passate, ancora presto considerando che Onigiri Miya rimaneva aperto per tutta la sera. Suna ricontrollò la propria lista, poi che tutti gli ingredienti fossero al loro posto.
Andò a farsi una doccia meticolosa, insaponando e raschiando con tanta energia da fare quasi male. Usò lo scrub, il latte per il corpo e poi sciacquò ancora.23:55Si mise la matita sotto gli occhi come faceva a volte nelle occasioni speciali, asciugò i capelli, indossò il suo intimo migliore.00:32Prese il lubrificante commestibile che aveva comprato e lo posizionò sul comodino. Poi fece lo stesso con il resto: panna montata, burro d'arachidi, crema alla nocciola, fragole, uva e gelato.
Infine, dispose un telo sul materasso per non doversi preoccupare di ripulire in seguito.01:08Appena in tempo, la porta d'ingresso si aprì e la voce monotona e stanca di Osamu annunciò il suo rientro.
«Sono in camera!» urlò Suna. «Hai fame? Pesavo di mangiare un dolce a letto, che ne dici?» i passi di Miya si avvicinarono e la sua voce lo raggiunse ancor prima di lui.
«Un dolce? Sai che non dico mai di no a un po' di ci—»
Le parole gli morirono in gola; Rintaro ghignò vittorioso. Era steso sul letto; si era spalmato della panna sul collo e sul petto, la crema alle nocciole sui capezzoli e un po' di gelato nell'interno coscia. Tra le mani aveva un grappolo d'uva dal quale – lentamente – stava prendendo i chicchi ad uno ad uno per mangiarli.
«Quindi è un sì?» chiese con fare innocente. Strappò un altro chicco, lo intinse nella crema alle nocciole che aveva già sulla pelle e se lo portò alle labbra. Fece per farlo una seconda volta, ma la mano ferrea quasi in modo doloroso di Osamu lo fermò. Il suo scatto dalla porta al materasso era stato talmente fulmineo da fare ridere, tuttavia i suoi occhi eccitati, stralunati, non permisero a Suna di farlo.
Invece di permettere alla sua mano di intingere l'uva nella crema, Miya si portò il chicco alle labbra e lo mangiò direttamente dalle sue mani, poi spinse il petto di Suna all'indietro facendo raggiungere il cuscino al suo capo e rapido, forte, lambì uno dei suoi capezzoli. Rintaro inarcò la schiena: sapeva che sarebbe successo qualcosa del genere, ma non pensava tanto in fretta, né con tanta enfasi. Strinse i capelli di Osamu tra le dita, poi questi sollevò la testa ed incatenò i loro sguardi. Il pallavolista ammirò l'altro leccarsi le labbra sporche con avidità ed un potente brivido lo percorse da capo a piedi.
«Non ho mai avuto tanta voglia di dolci in vita mia.» la voce stanca di poco prima era sparita, sostituita con prepotenza dal tono più roco ed eccitato che Suna gli avesse mai sentito. Il centrale deglutì a vuoto.
«Mangia, allora.» gli disse, e Osamu non se lo fece ripetere due volte.
Tornò a leccare il capezzolo di poco prima. Togliere tutta la crema non era semplice, ma Miya fece un lavoro meticoloso. Con forza, passò la lingua su e giù, a destra e a sinistra, in senso orario e poi antiorario. Succhiò, raschiò con i denti. Il tutto – apparentemente – senza accorgersi di cosa stesse provocando a Suna. Era come se il suo unico pensiero fosse la crema, a come non lasciarne nemmeno un po', e probabilmente era proprio così. Rintaro si sentiva stravolto, e non avevano neanche iniziato. Il suo capezzolo si era irrigidito e adesso sporgeva grande ed arrossato. La schiena era inarcata, faceva di tutto per far sì che il suo corpo stesse quanto più vicino alla bocca del suo compagno. Osamu gli stava reggendo i fianchi con lo stesso scopo, ma non ce n'era bisogno. Era come legato; impossibilitato a fuggire; totalmente alla mercé dell'avido buongustaio.
Il gelato sul comodino era mantenuto solido grazie al ghiaccio nel cestello, mentre quello tra le sue gambe stava iniziando a squagliarsi e ad insinuarsi ovunque. Lo bagnava facendolo gelare; brividi incontrollati partivano proprio da lì per irradiarsi in tutto il resto del suo corpo. La crema alla vaniglia scivolava seguendo le sue forme più intime, raccogliendosi sopra l'inguine e poi scendendo in massa fino ai testicoli.
«Sa—mu...» balbettò non appena il dolce raggiunse il suo ano. I propri fianchi schizzarono in alto, la lingua di Miya che si dedicava ancora alla nocciola che aveva sul petto.
«Samu... Samu...» il gelato seguì la linea delle sue natiche, bagnando la sua entrata, rendendolo impaziente.
«Il gelato...!» sussurrò urgente.
Osamu smise di leccarlo, lo guardò negli occhi, poi gli scrutò tutto il corpo. Non appena si accorse del suo inguine, i suoi occhi grigi si fecero di tempesta; di un colore talmente intenso da fare impressione.
Gli baciò le labbra. Quelle di Osamu sapevano di Nutella. Erano sporche e così divennero quelle di Suna. Erano un pasticcio e – di nuovo – non avevano neanche iniziato.
Rintaro gemette forte quando Osamu si fece indietro per portare il capo più in basso, ma se aveva sperato che le attenzioni della sua lingua andassero al gelato, si era solo illuso. Leccò la panna che aveva sul collo, invece. Mangiandola in parte e spargendola in altra. Sporcandosi il viso e la maglietta, incurante delle macchie che si sarebbero formate sul tessuto o sul proprio naso sempre più bianco. Tornò a baciare Suna in bocca con quel nuovo sapore sulle labbra, e mentre erano uniti Osamu lo stupì spalmando il gelato più a fondo tra le natiche con due dita. Rintaro gemette: suono attutito dalla bocca dell'altro. Cercò di divincolarsi, troppo infastidito o più probabilmente in estasi per quel freddo improvviso trascinato così in profondità. Lottò e invocò il nome dell'altro quando le dita di Osamu lo penetrarono con l'aiuto della crema. Il lubrificante commestibile che aveva sistemato sul comodino comprato per lì rimanere, a quanto pare.
«È freddo, Samu!» si lamentò, ma Miya gli concesse solo quello. Spostò più peso sul corpo di Suna ingabbiandolo al letto, usando una mano per sollevargli una gamba e renderlo più accessibile e l'altra per penetrarlo più a fondo.
«Tranquillo, amore. Si scalderà.» Tornò a baciargli il collo, a leccarlo. Accompagnò la panna con la Nutella che aveva sui capezzoli mentre le dita della destra – spietate – usavano il gelato per ben altro.
Rintaro smise di lottare; il desiderio gli toglieva ogni remora nell'avere qualcosa di tanto freddo e appiccicoso dentro. Sentiva freddo e caldo, sudava e rabbrividiva. Voleva le labbra di Osamu sulla bocca, sul collo, sui capezzoli, ma soprattutto voleva che assaggiasse il gelato.
«Samu...» invocò. «Samu, ti prego...» ma Miya non sembrava sentirlo, quasi le sue parole non importassero, quasi Suna non avesse voce. Era un dolce da mangiare, nient'altro, e fu infatti solo una volta che la crema alle nocciole fu ben ripulita che Osamu sembrò accorgersi nuovamente di lui.
Lo guardò con un sorriso stranamente tenero sulle labbra, come a dirgli quanto fosse fiero della loro relazione, di quello che stavano facendo, dell'idea di Suna per attirarlo a letto. Gli baciò nuovamente le labbra; le dita – sadiche – che non smettevano di muoversi dentro di lui.
«Sei uno splendore, dolcezza.» Suna rise mentre Osamu tornava a leccargli il collo.
«Allora ti ricordi che sono qui. Credevo che il cibo mi avesse completamente oscurato.»
Neanche a dirlo, Miya lo ignorò per afferrare la bomboletta di panna spray dal comodino. Quella che Suna aveva sul collo era finita. Scosse il cilindro di alluminio e premette in cima per ricoprire il corpo di Rintaro di spuma bianca. Il pallavolista sospirò tra il divertito e l'indignato mentre l'altro ammirava il proprio lavoro con un labbro tra i denti; posò la bomboletta ed afferrò Nutella e burro d'arachidi. Suna non riuscì del tutto a vedere cosa l'altro stesse facendo, eppure il freddo degli unguenti gli diede una vaga idea dei punti nei quali aspettarsi grandi sensazioni da lì a poco. Gemette – e tanto – quando dopo alcuni minuti un impasto freddo e denso andò a depositarsi sulla punta del suo pene.
«Cazzo, Samu... sì, ti prego...» l'unica risposta che ottenne fu un mormorio, poi altro gelato gli colò addosso: collo, pettorali, addome, inguine. Suna stava respirando affannosamente, non poteva più aspettare; flesse i fianchi portandoli in alto, ma Osamu si scostò e non incontrarono nulla. Rintaro riprovò, e riprovò. Le sue membra erano stanche e tremanti nonostante non avessero fatto niente, la smania di incontrare le forme di Osamu più forte di quando non lo fosse mai stata. Sollevò una mano ed afferrò la nuca di Miya, lo attirò giù per un bacio, ma quando provò ad attirarlo anche dalla vita il suo compagno si sottrasse. Il pallavolista gettò la testa sul cuscino, gli occhi che si alzavano al cielo mentre un'imprecazione lasciava le sue labbra.
«Samu! Ti prego, cazzo!! Mi farai impazzire!» non resistette oltre, mise una mano tra i loro corpi e raggiunse il proprio membro per darsi piacere da solo. Lo trovò viscido di liquido pre-seminale, ma anche appiccicoso e madido di una densa crema a causa di tutto ciò che Osamu vi aveva fatto finire sopra.
Suna non se ne curò. Voleva solo alleviare quell'insopportabile formicolio, dunque spinse su e giù, accarezzandosi per tutta la sua lunghezza, spalmando gelato, panna, Nutella o burro di arachidi, non lo sapeva e non importava.
Ebbe giusto il tempo di farlo un paio di volte, poi Osamu gli afferrò il polso e con forza glielo portò lontano ancorandoglielo al cuscino. Il ristoratore scoccò la lingua contrariato.
«Ts-Ts-Ts.» scosse il capo a ritmo di quei versi di disapprovazione.
«Così rovini il mio lavoro, amore.» chinò il capo fino al palmo ancorato di Suna, poi leccò a fondo, brutale; fagocitò le sue dita una per una e succhiò spietato finché il rosa pallido della pelle non fu l'unico colore a tingere quella porzione di corpo.
«Devi fare attenzione a ciò che desideri.» sussurrò ancora Osamu, roco, eccitato.
«Mi hai detto di mangiare,» continuò, «quindi lascia che lo faccia.» gli lasciò il polso, ma fu come se non lo avesse fatto. Suna era legato, immobile. Lì solo per compiacere Miya. Aveva voluto attirarlo e c'era riuscito.
Che si aspettava che sarebbe successo? Suna era una preda volutamente cosparsasi di invitante cibo addosso.
Deglutì davanti agli occhi affamati della bestia implacabile.
«Me la sono cercata, immagino...» sentì la pelle del collo vibrare lì dove Miya iniziò a ridere.
«Allora te ne rendi conto.» Suna strizzò gli occhi, strinse i pugni e le dita dei piedi quando le dita di Osamu tornarono a penetrarlo, ma non fece altro.
Era un dolce lì per essere divorato, aveva attirato Osamu con le cattive e adesso ne pagava le conseguenze.
«I pasti migliori vanno gustati lentamente.» sentì sussurrare al suo ragazzo dal suo addome. Suna sospirò un lamento.
«Sarei lusingato, se non facesse tanto male...» si lagnò, il suo membro che pulsava. Osamu rispose con un'altra risata.
«Non ho nemmeno iniziato.»
"Non ho nemmeno iniziato" quelle parole si ripeterono come un eco nella sua testa, quasi a ritmo delle pulsazioni che sentiva tra le gambe. I suoi muscoli si contrassero da soli stringendo le dita di Osamu e facendo inarcare la schiena di Suna.
«Inizia, allora.» altre risate.
«L'hai chiesto tu.» altro sussurro roco. Poi un morso, due. Iniziò dai capezzoli come dai capezzoli aveva iniziato a leccare. Poi salì al collo, raggiunse le spalle, le braccia, i polsi. E poi l'addome, l'interno coscia. Morse e leccò a intermittenza per quelle che a Suna sembrarono delle ore. Sentiva il sangue accumularsi in quei punti e poi da lì essere rilasciato all'improvviso. L'idea di come sarebbe apparso il suo corpo, dopo tutto quello, ebbe il potere di farlo indurire ancora di più. Il suo pene gocciolava pericolosamente, le sue palle piene imploravano di essere svuotate. Ma avrebbero dovuto aspettare.
Osamu arricciò le dita che gli teneva dentro mentre con la bocca raggiungeva infine la testa del membro di Suna. Questi gemette forte ma non si mosse. Non alzò i fianchi né artigliò i capelli di Osamu tra le proprie dita. Aveva imparato a proprie spese cosa volesse dire provare a prendere l'iniziativa e non voleva replicare il triste evento.
Era un dolce lì per essere divorato, dopotutto. Osamu si era dilettato con il contorno, ma ora le sue labbra pregustavano il pasto principale.
Attese.
Attese, e venne ripagato. In un sol boccone, Miya fagocitò il pene saturo di zuccheri del suo ragazzo. Succhiò avido incavando le guance, quasi ripulirlo subito e fino in fondo potesse salvargli la vita. Sicuramente così stava uccidendo Suna, ma di una morte dolce e bellissima, una di cui la vittima non avrebbe mai potuto lamentarsi.
Dunque gemette, Rintaro, e sospirò e urlò e gemette ancora, ma non fece nulla per fermarlo, nulla per rallentare quella bocca così avida da succhiargli via la linfa vitale.
Sembrò passare un'eternità prima che Osamu lo lasciasse andare. Suna riprese fiato aspettandosi che Miya – dopo così tanto tempo passato con il suo pene in gola – facesse lo stesso, invece subito la sua lingua tornò a pulirgli la lunghezza. In alto e in basso, in alto e in basso. Scavò nella sua fessura, poi raggiunse il perineo. Il pallavolista non credeva possibile accumulare più tensione di quanta già non ne avesse ai lombi, eppure fu quello che accadde.
«Samu...» non si accorgeva di chiamare. «Samu... Samu... Samu...» il ristoratore estrasse le dita dalla sua entrata per portagli in alto i testicoli. Suna sfiatò, la propria destra che volava sulle labbra per impedirsi di urlare come un miserabile.
La lingua di Osamu si insinuò sulla parte di pelle appena scoperta, il gelato sciolto che passava dal suo corpo a quello di Miya. Il suono che si veniva a creare era musica per le sue orecchie, il freddo e il caldo, il viscido e il ruvido che si mescolavano tra le sue gambe creando dicotomie spaventose e bellissime.
Una mano non bastò a bloccare i suoi singulti quando la lingua di Osamu raggiunse la sua entrata. Aveva le mani sulle sue natiche e con quelle provava ad aprirle il più possibile. La lingua era sporta in avanti, il naso gli solleticava il perineo. Suna lo sentì riprendere fiato senza scostarsi di un millimetro, il suo respiro che lo raggiungeva in profondità sbattendo sulle sue pareti interne e raffreddando di nuovo il gelato sciolto ve vi regnava.
«È arrivato in profondità...» disse direttamente sulla sua pelle. «Non riesco a raggiungerlo tutto.» Rintaro riconobbe una vena delusa sul suo tono di voce e non faticava ad immaginarsi il suo broncio. Gli sembrò tanto un bambino a cui avevano tolto le caramelle.
Il pallavolista si ritrovò a sorridere, poi portò in basso le braccia per afferrare le proprie natiche a sua volta. Le divaricò tirando con forza, sentendosi quasi lacerare. Percepì del liquido muoversi dentro di sé e subito la lingua di Osamu fu di nuovo su di lui – in lui – per raccoglierlo.
Miya leccò e succhiò, Suna non ne poteva più.
«Osamu...» il suo tono non era mai stato tanto urgente.
«Per favore...» pregò. Miya non sembrò farci caso, ma pochi secondi dopo abbandonò la sua entrata.
«Sai cosa amo del cibo?» Suna avrebbe potuto fare una lista, ma decise di non rispondere. «Amo le sue contraddizioni, come gli accoppiamenti più assurdi possano creare pietanze spettacoli.» Rintaro sollevò la testa per osservare Osamu e capire a cosa si stesse riferendo: incrociò i suoi occhi giusto in tempo per vederlo riprendere in bocca il suo pene. Gli occhi di Suna si rivoltarono all'indietro, il capo li seguì in fretta tornando sul cuscino. Miya si staccò per sussurrare ancora:
«Amo assaggiare cose salate subito dopo aver mangiato il dolce.» dopodiché fu implacabile, micidiale: ruotò la lingua avidamente, succhiò e strisciò con i denti su tutta la sua lunghezza. Si spinse fino in fondo più volte per poi tornare indietro sempre più velocemente, incurante dei gemiti, incurante dei lamenti, quasi il far godere Suna non fosse il suo scopo e probabilmente non lo era: "Amo assaggiare cose salate subito dopo aver mangiato il dolce", il membro di Rintaro solo uno strumento pronto a sparare la pietanza principale, forse un po' difettoso dato il tanto tempo che richiedeva affinché funzionasse, le spinte della sua bocca come battiti di palmo sul barattolo quasi vuoto della salsa.
Suna si lamentò e gemette ancora e stavolta si permise di afferrare i capelli corti del suo compagno. Il suo nome sulle labbra, il cuore che pompava impazzito.
Infine venne, e con un getto forte, abbondante. Riempì la gola di Osamu in profondità e questi ingoiò avido.
Si rialzò lentamente facendo perno sulle braccia e raggiungendo l'altezza del viso di Suna. Si portò un dito alle labbra e raccolse tutto ciò che non erano riuscite a catturare: sperma, gelato, panna, crema. Poi si leccò le labbra.
«Grazie per il pasto, dolcezza. Dovremmo rifarlo. E presto.»
Non avere l'attenzione di Osamu per giorni non sarebbe più stato un problema.

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