Semi-public sex | daisuga

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autrice: GReina 

n. parole: 2102


Semi-public sex | daisuga


Suga aveva avuto tanti "miglior giorno della sua vita". C'era stata quella volta a cinque anni in cui i suoi genitori gli avevano regalato il costoso giocattolo che voleva; a diciassette, quando Daichi lo aveva baciato per la prima volta; a venticinque, quando la sua classe elementare l'aveva sorpreso con coro e festoni eleggendolo a miglior insegnante del mondo; a ventisette, quando il suo fidanzato era diventato suo marito; a ventotto, quando finalmente lui e Daichi avevano acquistato la casa dei loro sogni; ed infine a trentadue – quel giorno, il ventisei ottobre – quando una e-mail aveva loro cambiato la vita.
«Ci hanno dichiarati adatti.» Daichi aveva pronunciato quelle parole con un filo di voce, quasi non potesse crederci. Stava fissando ancora lo schermo del cellulare con gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta. Suga si era bloccato.
«Cosa?»
«Ci hanno dichiarati adatti. Domani viene l'assistente sociale a lasciarci il bambino in affido.» erano seguiti pianti di gioia, risate e balli di vittoria troppo imbarazzati per descriverli più a fondo. Koshi e Daichi sapevano di voler diventare genitori da anni, ma nessuno dei due si era permesso di nutrire troppe speranze. Con due stipendi a malapena nella media ed un Paese che neanche riconosceva il matrimonio omosessuale, d'altronde, le probabilità di essere giudicati adatti a crescere dei bambini erano più che misere. Invece...
«Questo è il più bel giorno della mia vita!!» si mise a urlare Suga mentre il castano lo prendeva tra le proprie braccia girando su se stesso più volte. Koshi rise, poi si corresse: «Questo è il più bel giorno della nostra vita!!»
Continuarono in quel modo per diverso tempo, forse anche troppo. Quando si calmarono era già pomeriggio inoltrato e – con mente più lucida – ebbero tempo per entrare nel panico.
Dovevano pulire casa, preparare la cameretta per il bambino, compare il futon nel quale avrebbe dormito, raccogliere i documenti da dare all'assistente sociale. Dal gaudio passarono al terrore, dal terrore di nuovo alla gioia sfrenata. Eppure, quello continuava a rimanere il più bel giorno della loro vita.
Arrivarono a sera del tutto stremati. Mancavano appena dodici ore all'arrivo del bambino ed immediatamente a Suga balenò un pensiero che espresse a voce alta:
«Questa sarà la nostra ultima serata libera per un sacco di tempo...» Daichi ridacchiò, forse felice, forse preoccupato.
«Chissà perché, ma suona bene. Vero?» Koshi sorrise. Sawamura aveva ragione. Il pensiero che da lì in avanti avrebbero passato le loro serate in compagnia del loro figlio affidatario troppo bello per poter essere considerato brutto o spaventoso.
Ma Sugawara era Sugawara, e non avrebbe certo sprecato quell'ultima occasione.
Mise una mano sulla coscia di Daichi muovendola su e giù, in carezze dolci ma sempre più ampie e lascive; l'inguine del poliziotto che veniva soltanto sfiorato. Koshi si avvicinò all'orecchio del suo compagno, poi sussurrò:
«Sai cos'altro suona bene?» Daichi si morse il labbro e sospirò pesantemente prima di voltarsi e chiedere a sua volta in un sussurro.
«Cosa?» lo sapeva benissimo: andare in camera da letto e scopare come se non ci fosse un domani. Ma se voleva che fosse Suga a dirlo... peggio per lui.
Koshi rise, malvagio e divertito. Poi tolse la mano dalla coscia di Daichi e si alzò con un balzo dal divano nel quale erano sprofondati.
«Una bella serata cinema! Quel film horror che volevamo vedere è ancora in programmazione. Non possiamo certo andarci con un bambino, non credi?» la delusione fu chiara nell'espressione di Sawamura, ma questi – sia benedetto – non disse nulla pur di farlo contento. Si riassettò in fretta e gli sorrise.
«D'accordo, allora. Andiamo.»

Daichi era rimasto sorpreso dalla proposta di Suga. Conoscendolo pensava che avrebbe proposto il più perverso dei giochi sessuali, ma a pensarci bene avrebbero avuto tutta la notte per quello. Dunque si diede una rinfrescata, si cambiò con qualcosa di meno comodo ed insieme a suo marito uscì di casa.
Ci misero appena dieci minuti di auto per raggiungere il multisala; pagarono i biglietti e si misero a sedere. Era stato Suga a scegliere i posti ma a Daichi non dispiacque: erano in ultima fila, un posto perfetto per tenersi abbracciati e di tanto in tanto baciarsi senza doversi mettere a litigare con persone omofobe che "erano costrette a guardare".
La sala era grande, tuttavia l'affluenza di pubblico davvero ridotta. Dopotutto quel film era in programmazione già da dieci giorni e la sua pubblicità era stata scarsa. Anche per quello Daichi si disse contento preferendo quell'atmosfera più intima a una sala gremita di gente che urlava anche quando non ce n'era alcun motivo.
Non appena le luci si spensero ed il film iniziò, Daichi sollevò il braccio sinistro per circondare le spalle di Suga mentre con la destra afferrava manciate di pop-corn dalla ciotola posta tra di loro.
Come ogni horror, l'inizio fu parecchio lento. Una famiglia felice decide di trasferirsi per cambiare vita, il padre mostra soddisfatto ai suoi cari l'enorme, vecchia casa che ha potuto acquistare a buon prezzo a causa dell'omicidio di cui è stata testimone, infine i loro interventi di ristrutturazione iniziano a essere interrotti da eventi sovrannaturali ed inquietanti.
I pop-corn finirono in fretta tra sgranocchi rapidi per la tensione e spasmi spaventati che li fecero finire per terra. Il contenitore vuoto venne messo da parte; entrambe le mani di Daichi sul corpo di Suga per trovare coraggio e supporto. Il castano mise il broncio quando la mano di Koshi abbandonò la sua, ma la tensione sullo schermo era alta, il jumpscar sarebbe arrivato da un momento all'altro. Sawamura stava seguendo gli eventi del film con concentrazione, gli occhi spalancati ed il fiato mozzato. Poi qualcosa lo toccò e lui saltò sulla sedia. Il suo cuore prese a battere forte, l'adrenalina che scoppiava in paura per poi rilassarsi. Non era accaduto niente: la protagonista stava ancora percorrendo il tetro corridoio della villa infestata, torcia alla mano e musica carica di suspence di sottofondo. Eppure, qualcosa lo aveva toccato. Daichi guardò in basso e spalancò ancor di più gli occhi. Suga si era fatto strada lungo tutta la sua gamba per fermarsi poi all'inguine che aveva afferrato. Il castano trattenne il fiato, poi si voltò lentamente verso il proprio marito. Questi rise, si morse il labbro e si avvicinò al suo orecchio.
«Paura?» gli chiese. «Te l'ho detto. Questa è la nostra ultima serata libera.»
E ad un tratto fu tutto chiaro. Il suo desiderio di vedere un film rimasto in programmazione troppo a lungo, la scelta dell'ultima fila di posti. Persino il fatto che fosse un horror andava a loro vantaggio: gli spasmi o eventuali strilli improvvisi facilmente mascherabili da reazioni date dalla pellicola.
Daichi sospirò sonoramente, rendendosi conto solo in quel momento quanto il pensiero di dover tenere a bada la libido fino a tarda sera gli avesse fatto poco piacere. Della coppia era sempre stato Suga il più intrepido a letto, ma dopo tanti anni di relazione era inutile negare quanto l'altro l'avesse viziato e corrotto. Non si sarebbe mai neppure sognato di fare certe cose al cinema, prima. Ma ora...
Voleva che quella mano iniziasse a muoversi, che quella mano superasse cintura, pantaloni e intimo. Voleva che quella mano gli desse piacere.
Non si riconosceva più. Una parte di lui era contraria, e molto. Urlava che era reato, che per atti osceni in luogo pubblico si veniva arrestati e a ragion veduta! Pensava agli assistenti sociali e al bambino in affido, a come sarebbe stato facile che ogni loro sogno sfumasse se li avessero beccati.
E poi c'era l'altra parte di lui: quella in balia del fascino di Suga, quella corrotta irrimediabilmente dagli sfacciati gusti sessuali del suo compagno che erano diventati anche i propri.
Due pensieri contraddittori iniziarono a lottare dentro di lui in una vorticosa danza che gli faceva girare le viscere e formicolare i lombi. Sentiva le persone sussultare per il film, vedeva le loro sagome illuminate dallo schermo e provava paura ed eccitazione, un motivo per fermarsi e per andare avanti.
Non fermò Suga né lo invogliò a continuare. Continuò a lottare contro se stesso, invece, e nel frattempo l'insegnante prese una decisione. Strinse il pugno, poi lo rilassò per accarezzare il membro di Daichi da sopra la stoffa.
Di nuovo, il castano non fece nulla, ma il suo corpo reagì convincendo Koshi ad andare avanti.
Sebbene intrappolato nel cavallo dei pantaloni, il suo pene iniziò a sentirsi maledettamente bene sotto quelle attenzioni. Presto crebbe, allungandosi di lato, verso la coscia, vista la strada bloccata in salita. Costrinse Daichi a sistemarsi i pantaloni per allievare il fastidio che stava iniziando a provare e Suga a essere più spudorato. Sollevò la mano di qualche centimetro e raggiunse la cintura. L'aspettativa che gli diede quell'azione tolse il respiro a Daichi. Rimase immobile e a bocca aperta; gli occhi fissi in avanti eppure del tutto ciechi per il film. L'istinto del bacino era quello di muoversi, ma il poliziotto lo costrinse a restare fermo.
Sospiri mozzati, rapide grida, balzi sulle poltrone. Tutto quello faceva loro da sfondo; la mano di Suga ed il membro di Daichi due protagonisti avventati di un film tutto loro, proiettati in uno scenario pericoloso e con la suspence a mille: un solo errore e gli eroi avrebbero perso la battaglia che avrebbe portato al lieto fine.
Il tintinnio della cintura che veniva slacciata fu pericolosamente alto nel silenzio della sala, ma nessuno sembrò notarlo. La zip venne aperta, i boxer abbassati, e rapido il pene di Daichi scattò in alto. Grande e duro, si ergeva retto, fiero. Il castano lo osservò con occhi spalancati, quasi non riconoscesse come propria quella parte del suo corpo.
La destra di Suga arrivò presto ad abbracciarlo. Dita ferree, strette sulla sua lunghezza; pollice frenetico che si dedicava alla punta. L'horror fu del tutto dimenticato, eppure la sua colonna sonora accompagnava quella nuova scena. Suga seguì il ritmo della musica, prima lenta, in tensione, poi sempre più rapida. Daichi era a corto di fiato, il suo membro sempre più umido. Amava Koshi e quello che gli stava facendo, ma aveva anche paura; paura come la protagonista del grande schermo che stavano ignorando. Gli risultava difficile lasciarsi andare, ed ancora di più lo fu quando uno spettatore alla sua destra si alzò per allontanarsi dalla sala. Il poliziotto guardò rapido verso quella direzione e, sebbene la figura in movimento fosse rivolta nella direzione opposta, mosse la mano per fermare quella di Suga. Arrivò a serrargli il polso, ma l'altro con la sinistra serrò il suo. Si guardarono negli occhi: lui spaventato, Suga divertito. Gli fece l'occhiolino, poi gli lasciò andare la mano. Daichi deglutì e fece lo stesso con quella di Koshi. L'uomo dai capelli d'argento gli si avvicinò.
«Ti stai perdendo il film, amore.» il castano si ritrovò a ridere isterico. Come avrebbe potuto concentrarsi sul film?
Cercò di seguire comunque le istruzioni implicite di Suga e riportò gli occhi sullo schermo. La scena era cambiata, adesso la protagonista era insieme a ciò che rimaneva della sua famiglia. Stavano barricando ogni porta del salotto mentre entità immateriali tentavano di entrare.
Le carezze di Koshi ripresero. Su e giù, su e giù, mentre i personaggi del film correvano e gridavano, lui tratteneva il fiato.
Su e giù, su e giù. I movimenti si fecero sempre più rapidi.
Daichi gettò il capo all'indietro, poi gemette. Spalancò gli occhi e si tappò la bocca. Non era riuscito a fermarlo, e se a questo Sawamura si guardò in giro più spaventato che mai, la mano di Suga non fece altro che accelerare. Il castano rimase con la propria mano sulla bocca, troppo spaventato di gemere ancora o troppo pietrificato per muovere un solo muscolo.
Su e giù, su e giù. Per quanto in tensione, Daichi non riuscì a non godersi quei tocchi. I lombi gli formicolavano, il suo pene pulsava. Trattenne il respiro quando capì cosa rilassare il diaframma avrebbe comportato, ma non resistette a lungo. Si morse l'interno guancia, premette più forte la mano sulle proprie labbra e strinse la presa sul bracciolo della seduta con l'altra. Poi si lasciò andare.
Il rilascio fu bellissimo e spaventoso. Sentì la mano di Suga chiudersi intorno alla sua punta per non sporcare l'ambiente circostante e lì aspettare che Daichi finisse.
Il poliziotto ansimò con la bocca tappata. Inspirò ed espirò a fondo ed infine poté rilassarsi. Guardò verso Suga giusto in tempo per vederlo portarsi la mano sporca alle labbra per pulirla diligentemente con la lingua.
Daichi sospirò ancora. Questa non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Decise che avrebbe aspettato la fine del film, poi avrebbe ricambiato il favore nel vicolo più vicino.

Haikyuu!! KINKTOBER 2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora