Uniforme | SemiShira

793 23 6
                                    


autrice: GReina
n. parole: 4293

Uniforme | semishira

«Oddio non riesco a credere che sia davvero tu!! La scuola finalmente è interessante! Adoro che i professori ti abbiano chiamato per oggi!!» Semi venne travolto dall'abbraccio della studentessa che l'aveva avvicinato.

«Grazie, grazie, grazie! Posso farmi una foto con te?» il cantante rispose con calore e affetto che sarebbe stato un piacere, così anche le amiche della ragazza trovarono il coraggio di avvicinarsi e fare lo stesso. Semi si prestò per molti selfie, alcuni autografi e persino qualche TikTok. Era chiaro quanto quelle attenzioni gli stessero piacendo, dunque Shirabu non poté fare altro che assistere da qualche metro di distanza con le braccia conserte.
Si trovavano allo Shiratorizawa. Sia lui che Eita si erano diplomati ormai da alcuni anni, ma entrambi erano rimasti molto legati alla loro vecchia scuola. Tra le lezioni di Medicina di Shirabu e gli impegni discografici di Semi non era stato facile, ma entrambi si erano impegnati per trovare un giorno libero per visitare la loro vecchia scuola ed i relativi insegnanti.
Col senno di poi Kenjiro non era del tutto certo che fosse stata una buona idea: quel giorno stesso la responsabile della classe che un tempo era stata di Semi fece al cantante una proposta.
"Tra dieci giorni ci sarà il giorno delle carriere. Sono sicura che la tua visita ispirerebbe molti studenti. Sarà un bene per loro vedere che i sogni si possono avverare con impegno e dedizione. Tu ne sei la dimostrazione!"
Non avrebbe detto di no Shirabu, figurarsi Semi. Dunque, dieci giorni più tardi, il cantante aveva fatto in modo di esserci. Kenjiro non l'aveva seguito per due ragioni: le lezioni universitarie e il bastardo manager di Eita che gli aveva "suggerito amichevolmente" di tenere la sua relazione segreta per adescare e trattenere quante più fan possibili, aggiungendo: "Solo per iniziare la carriera, è ovvio". Quello risaliva a tre anni fa, ma Shirabu non se n'era mai lamentato. Odiava tutta l'attenzione che attirava Eita e l'ultima cosa che voleva era esserne inglobato. Non era un tipo da effusioni in pubblico e gradiva la privacy. Shirabu non aveva mai avuto problemi con quella condizione, eppure adesso si stava esagerando.
Si voltò stizzito e andò a gran passi verso la scuola. Avrebbe fatto i conti con Eita una volta a casa.

Non appena Eita rientrò in casa sapeva che avrebbe dovuto combattere per uscirne intero. Lui e Kenjiro convivevano solo da un anno e da altrettanto tempo i due vivevano serenamente. I drammi, tuttavia, come per una qualsiasi coppia, non mancavano. Shirabu si innervosiva spesso e con molta facilità, ma Semi aveva imparato a gestire quei momenti con maestria. Sapeva quando coccolare il proprio ragazzo nonostante il broncio e quando lasciargli spazio; sapeva quando le sue parole acide erano lanciate con cattiveria mirata e quando invece erano dettate solo dallo stress. Sapeva persino leggere i suoi silenzi e interpretare come discorsi completi i suoi monosillabi. Convivevano da solo un anno ma Eita si destreggiava in questo complicato gioco da ben più tempo. Era sempre riuscito ad uscirne vivo, a volte persino vincitore, ma adesso non sapeva che fare.
L'ultimo ricordo lucido che aveva era di essere attorniato da molte studentesse dello Shiratorizawa nel cortile della loro vecchia scuola. Sapeva che Shirabu era a qualche metro da loro e che lo stava aspettando all'ombra dell'albero poco distante. L'ultimo ricordo lucido che aveva era di essersi girato verso quel punto e di averlo trovato vuoto. Con un groppo in gola e una morsa d'ansia nel petto aveva estratto il cellulare dalla propria tasca e aperto subito la chat del suo ragazzo. L'ultimo messaggio risaliva a venti minuti prima.
"Hai l'aria di starti divertendo molto, non voglio disturbare. Ci vediamo a casa <3"
Oh.
Oh.
Oh sì, se avesse fatto leggere quel messaggio ai suoi amici l'avrebbero ritenuto matto. Se li immaginava già: "Stai esagerando, ti ha aggiunto anche un cuore alla fine! Non sembra arrabbiato!" oppure: "Non poteva avvicinarsi per quel patto con il tuo manager, no? Vedrai che non è come pensi."
Invece Tendo, il suo migliore amico, avrebbe capito. "Ah-ah! Sei morto." poteva quasi sentirlo.
Se le sue fan avevano notato il profondo brivido che lo aveva attraversato non l'avevano dato a vedere. Invece avevano continuato ad accarezzargli le braccia o a chiedere foto in cui gli cingevano la vita. Semi aveva vissuto quegli ultimi avvenimenti con mente distratta mostrando sorrisi forzati e fretta di andare via.
A casa avrebbe dovuto fare i conti con Shirabu, e finalmente eccolo lì, alla resa dei conti. Con le chiavi ancora in mano e un sorriso tremolante in viso ad annunciare di essere a casa.
«Tesoro?» chiamò quando non ottenne risposta. Si tolse le scarpe per indossare le proprie pantofole e stava per cercare Kenjiro in salotto quando questi palesò la sua presenza uscendo dalla cucina. Semi sorrise, contento di vederlo lì e non da solo incazzato per strada.
Durò poco.
«Oddio non riesco a credere che sia davvero tu! Grazie, grazie, grazie!» apostrofò la prima ragazza che l'aveva approcciato. Semi provò ad accarezzare Kenjiro ma questi gli schiaffeggiò con forza la mano in modo che la allontanasse. Eita non si arrese.
«Piccolo, sai che fanno così, ma io non ho occhi che—»
«Non provare a dirlo!» urlò il più basso. «Avevi molti occhi per quelle studentesse! Non credere che non noti queste cose, Eita. Sarò pure introverso e felice di avere i riflettori lontani, ma noto ogni sguardo che ti viene lanciato e soprattutto quelli che lanci tu.» continuò furioso. «Quelle ragazze ti piacevano, non negarlo! Quanto ci hai messo per accorgerti che ero sparito? Dieci minuti? O di più?» Semi non rispose – come aveva potuto mettercene venti!? – e quel silenzio valse come ammissione di colpa.
Shirabu sbuffò.
«Vado in camera. Non seguirmi.» quella era una delle situazioni in cui avrebbe dovuto lasciargli spazio, e così fece.

Shirabu avrebbe dovuto aspettare diverse ore prima di "continuare la scenata".
Kenjiro non era ingenuo. Era perfettamente consapevole di quanto facilmente potesse irritarsi così come era perfettamente consapevole che Eita aveva imparato a gestirlo. Il suo ragazzo sapeva esattamente come comportarsi in ogni situazione, e se durante i primi tempi Shirabu non poteva fare a meno di chiedersi "ma come fa?", adesso accettava semplicemente la cosa prendendola per quello che era: puro amore. Dunque, se da una parte Semi era in grado di capire quando farsi da parte e quando tornare ad approcciarlo, dall'altra Shirabu sapeva quando si sarebbe fatto da parte e quando sarebbe tornato ad approcciarlo.
Avvenne, come aveva previsto, per l'ora di cena, e per l'ora di cena Shirabu si fece trovare pronto.
Sentì due tocchi leggeri sul legno della porta della loro camera da letto prima che Eita facesse capolino a testa bassa e con un vassoio tra le mani.
«Hey, Piccolo, ho preparato la cena. La tua preferita. Ho pensato che—»
Shirabu aveva previsto anche quello: Semi era rimasto senza parole, e come avrebbe potuto non esserlo? Il castano sorrise.
Kenjiro si trovava inginocchiato – comodo e disordinato – sul letto. Le gambe, lunghe e depilate, sistemate larghe sul materasso, le ginocchia strette. Stringeva il lenzuolo tra i pugni fingendo di nascondere una vergogna che non possedeva. Aveva il volto inclinato verso il basso con il quale nascondeva il proprio ghigno divertito e se era arrossito era solo per il divertimento che l'espressione di Eita gli aveva provocato.
La camicia e la giacca che stava indossando gli cadevano larghe sulle spalle. Le aveva recuperate da uno scatolone ringraziando mentalmente Semi per non averle buttate o rivendute come aveva invece fatto lui, mentre la gonna era stata più complicata da reperire, ma la sua incursione di quella mattina allo Shiratorizawa aveva infine dato i suoi frutti.
«I—i—i—io... sono confuso.» balbettò malamente il cantante. Shirabu rise di nuovo, stavolta apertamente. «Non capisco.»
«Tranquillo.» gli rispose il castano con fare divertito. «Prenditi il tuo tempo, ci arriverai.» Semi rimase sulla porta. Era esilarante. Come se fosse indeciso se fare un passo avanti e rischiare di cadere in trappola o farne uno indietro e rischiare di perdere quella che avrebbe potuto essere un'occasione d'oro.
Shirabu amava il suo adorabile ingenuo, e amava riuscire a capirlo più di chiunque altro, persino più di se stesso.
Aveva guardato quelle ragazze, quella mattina, come effettivamente Kenjiro l'aveva accusato una volta rientrato in casa, ma non l'aveva fatto perché trovava loro interessanti. A Shirabu era bastata un'occhiata per appuralo ed agire di conseguenza, ora bisognava solo che lo capisse anche Eita.
«Mentre tu pensi io me ne starò qui ad aspettarti.» aprì il primo bottone della sua camicia e scostò di poco la giacca, poi sventolò la mano in modo da rinfrescarsi la pelle.
«Devo dire però che fa leggermente caldo. Tu cosa ne pensi? Dovrei aspettarti con la divisa? O ti aspetto nudo?»
E, finalmente, eccolo.
Semi deglutì sonoramente, poggiò il vassoio sulla prima superfice utile senza distogliere gli occhi da Shirabu, poi lo raggiunse sul letto. Gli afferrò il polso allontanandoglielo dal petto ed avvicinandolo invece al materasso.
«Così è meglio.» sussurrò roco a pochi centimetri dalle sue labbra. Kenjiro rise ancora.
«Così come? In uniforme, dici?» il cantante si limitò ad annuire. «E dimmi, stamattina avevi occhi solo per me? O guardavi anche quelle ragazze?»
«Non guardavo le ragazze...» disse con nuova consapevolezza. Shirabu non avrebbe accettato quelle parole se gliele avesse dette appena tornato a casa, ma adesso sì; adesso anche Semi sapeva.
«Lo so.» annunciò, poi non ebbe spazio per dire nient'altro.

Semi non aveva la più pallida idea di come avesse fatto a non accorgersene prima. Amava Shirabu! Amava Shirabu per essersene accorto e per aver reso consapevole anche lui. Amava Shirabu così tanto da fare male, così tanto da farlo impazzire, così tanto da rendergli impossibile resistere.
Si avventò su di lui e lo baciò con una passione tale da fare paura persino a se stesso, eppure non poteva fermarsi. Lo accarezzò sul petto, sui fianchi, sopra la camicia ma sotto la giacca. La sua giacca, la giacca dello Shiratorizawa.
Inchiodò il proprio ragazzo tra se stesso e il materasso bloccandolo in parte con il proprio peso. Si sistemò con un ginocchio tra le sue gambe, l'altro a pochi centimetri dal suo fianco per avere più stabilità.
Pelle nuda sulle gambe, stoffa a pieghe su vita e fianchi. Era spettacolare, la divisa della loro vecchia scuola che appariva su di lui più seducente che mai, più seducente di qualsiasi altra cosa.
Spostò la mano più in basso, fino alla vita; seguì la linea della fascia della gonna fino al ventre, dove decise di afferrarne la stoffa per spingere Shirabu a sollevare i fianchi. Quando lo fece, Semi guidò l'altro e se stesso in una spinta in modo che i loro lombi di accarezzassero a vicenda. Sospirò sulle labbra di Kenjiro e allo stesso modo face l'altro sulle sue, poi lasciò andare la stoffa ed il corpo di Shirabu raggiunse il materasso una seconda volta.
«Dimmi cosa ti piace di me in questo momento...» gli sussurrò il castano. Semi spese alcuni secondi a baciarlo sul collo, ad accarezzarlo sopra i vestiti, a strusciare i fianchi su di lui, prima di rispondere:
«Mi piace il tuo carattere provocatore.» gli lasciò un bacio casto sulle labbra. «Mi piace che prendi in mano la situazione rendendo tutto perfetto.» gli baciò la mascella. «Mi piace quanto profondamente tu mi conosca.» gli baciò il collo. «Mi piacciono i tuoi occhi freddi un attimo prima e lucidi di piacere quello dopo.» gli baciò la clavicola. «Mi piacciono le tue risposte mirate e cattive, che siano per me o per altri.» aprì due bottoni della camicia per lasciargli due baci sul petto. «Mi piace che per quanto stronze possano essere, le tue risposte non mi facciano mai veramente male perché tu non vuoi farmene.» gli baciò il ventre. Sospirò tremulo.
«Mi piace vedere la mia giacca della scuola su di te.» un altro bacio sul basso ventre. «E, cazzo, mi piace la tua gonna.» la accarezzò ammirandone la fantasia a quadretti ma soprattutto il modo in cui si adagiava sulle forme di Shirabu, poi la sollevò e gli baciò la pelle dell'interno coscia. Kenjiro aprì d'istinto le gambe per rendergli più semplice quella manovra, dunque colse l'occasione per rifarlo, e poi rifarlo, e quando la destra di Shirabu raggiunge la sua chioma, seppe di poter rimanere lì, dove voleva, e soprattutto di poter fare quello che voleva.
Gli accarezzò la coscia, poi le natiche, mentre continuava a disseminare baci e marchi dove nessuno eccetto lui avrebbe potuto vederli.
Senza allontanare il capo da lì sporse una mano verso l'alto per accarezzare il petto glabro e scoperto del suo ragazzo mentre la destra approfondiva le carezze sul fondoschiena superando l'intimo che Shirabu indossava. A quel nuovo tocco Semi lo sentì sospirare. Le sue dita non erano lubrificante, dunque decisamente inadatte a penetrarlo, ma Kenjiro sembrava apprezzare quelle carezze superficiali; in effetti Semi sapeva quanto il più piccolo le avesse sempre apprezzate, ma stavolta erano per lui. Mano curiosa infiltratasi sotto la gonna prima e le mutandine poi. Il cotone dell'intimo strusciava sul suo dorso mentre la stoffa della gonna gli solleticava l'avambraccio in uno splendido promemoria di cosa Kenjiro stesse indossando.
Era magia.
Intensificò i succhiotti, ricalcò i marchi già lasciati e ne creò degli altri, poi portò il capo più in alto, raggiungendo la mezza erezione ingabbiata di Shirabu e strusciandovi appena la guancia. Mormorò eccitato stringendo il labbro tra i denti mentre Kenjiro ansimava più in fretta, la stoffa della gonna che gli sfiorava il viso.
«Ken...» sussurrò con gli occhi serrati ed i pantaloni sempre più stretti. Poi quel promemoria fatto di strascichi e brividi non bastò più. Aprì gli occhi e si allontanò quel tanto che gli serviva per guardare.
Shirabu aveva i capelli disordinati. Il cantante non sapeva se fosse colpa sua o di Shirabu. Aveva le mani ai lati del viso e con quelle stringeva il cuscino con forza. Le sue guance erano arrossate, gli occhi liquidi di piacere, la bocca appena dischiusa e umida di baci. Il collo era un macello, Semi non si era neanche accorto di averlo ridotto così, ma non se ne stupiva. La giacca era sgualcita, la camicia aperta del tutto e ora inerte ai fianchi del ragazzo sotto di lui. E poi c'erano le gambe: lisce come non mai, aperte per fargli spazio, tese e rilassate insieme. La gonna era raccolta in una fascia fatta di pieghe lungo la linea della cintura, lasciava scoperto l'inguine e quindi l'intimo e l'erezione che questo nascondeva. Semi si soffermò su quello deglutendo ancora sonoramente, poi corse ad accarezzargli una coscia sollevando la stoffa a quadretti ancora un po'.
«Sei spettacolare...» lo disse a Shirabu ma senza distogliere lo sguardo dai lombi.
«Eita...?» il cantante non capì appieno perché il più basso avesse usato quel tono dubbioso, quasi non lo riconoscesse, quasi volesse capire che intenzioni avesse, quasi non fosse ovvio quello che gli stesse passando per la testa.
Si sistemò in ginocchio, afferrò i fianchi di Kenjiro e se lo portò più vicino con uno strattone. Il corpo di Shirabu lo raggiunse lasciandosi l'appoggio del cuscino alle spalle ed emettendo un verso sorpreso. Non fece nulla per ribattere, però. Non si lamentò nemmeno, dunque Eita continuò.
Gli sollevò le gambe accarezzandole lentamente dalle cosce alle caviglie, ammirando ancora una volta e con più attenzione quella porzione di pelle liscia e priva di imperfezioni. Vi passò le mani in leggeri tocchi, a volte solo di unghia, amando ed imparando a memoria ogni centimetro per la prima volta ai suoi occhi privo di peli. Se le sistemò ai lati del collo, poi – con cautela e venerazione – afferrò l'orlo delle mutande per sfilargliele piano dalle gambe. Gli occhi del cantante seguirono tutto il processo, la consapevolezza che la gonna e la camicia e la giacca rimanessero lì capace di infondergli scariche elettriche lungo tutto il corpo.
Tornò a mordersi il labbro. Voleva averlo. Voleva baciarlo, voleva mangiarlo, ma soprattutto non voleva distogliere lo sguardo.
«Eita...» mormorò ancora Shirabu dalla sua posizione e Semi non poté bloccare in tempo il gemito che quel tono gli fece scappare. Lo baciò con passione sulle labbra, poi si allontanò quel tanto che gli occorreva per parlare.
«Cazzo, sei meraviglioso.» mise una mano tra i loro corpi ed afferrò il membro del più piccolo accarezzandolo da cima a fondo. Questi si lamentò in un misto di piacere e fastidio, ma non disse nulla per fermarlo.
«Sei splendido, lo spettacolo più fottutamente sexy che io abbia mai visto.» Shirabu gli afferrò il volto e lo guidò in un ennesimo bacio.
«E sono tuo.» continuò per lui. «In ogni luogo, in ogni tempo, in ogni veste.» lo guardò deciso, accattivante, serio come non mai.
«Dopo oggi l'uniforme della scuola non ti farà nessun effetto a meno che non sia indossata da me.» aggiunse rauco, Semi mormorò concorde. Solo il pensiero di vedere altri – altre – in divisa lo sconfortava, consapevole che avrebbero potuto solo lasciarlo insoddisfatto e con il pensiero "perché non è Kenjiro ad indossarla?"
«Dovrai prenderti le tue responsabilità e indossarla più spesso, allora.» sentì Shirabu ridere mentre Semi tornava a baciargli il collo.
«Quando farai il bravo...» le labbra del cantante si aprirono in un sorriso, poi tornò a guardare il proprio ragazzo.
«Non ho scelta che farlo, allora.» si baciarono ancora, infine Eita si sporse in avanti e recuperò lubrificante e preservativo dal comodino.
Ci mise poco ad indossarlo. Il tempo per i preliminari era finito. In effetti doveva solo al proprio autocontrollo se non era corso ad afferrare entrambi gli oggetti non appena aveva visto Shirabu in uniforme scolastica.
Si sbottonò i pantaloni, afferrò il proprio membro e lo liberò dalla costrizione dell'intimo. Era già duro e del tutto eretto, bastarono due spinte per renderlo anche gocciolante. Si mise l'angolo dell'involucro d'alluminio tra i denti e tirò per liberare ciò che conteneva. Srotolò in fretta la protezione sulla propria lunghezza, poi tornò a dedicarsi a Kenjiro. Fu il turno di afferrare il lubrificante: ne aprì il coperchio per inumidirsi due dita. Shirabu – o forse il suo corpo per lui – rispose rendendosi più accessibile. Semi seguì il movimento delle sue gambe, ma soprattutto quello della gonna che, spinta dai fianchi che si alzavano, cadde più in alto verso la vita. Il cantante si godette quella vista eccitato, spremendo un po' di lubrificante anche sul proprio membro e su quello del più piccolo prima di riporlo lontano. Accarezzò prima Kenjiro, poi se stesso, e fu continuando a toccarsi che infine arrivò a penetrare il proprio ragazzo con le dita. Il castano ansimò e gemette. Semi lo conosceva, sapeva che solitamente non era così rumoroso, ma quella novità non gli dispiaceva affatto, dunque stette al gioco. Sorrise, poi si avvicinò abbandonando il proprio membro per sostenersi all'altezza del volto di Shirabu poggiando una mano vicino al suo viso, infine spinse più in fondo le dita. Secco, quasi brutale. Kenjiro gettò indietro la testa e gemette ancora, più forte.
«Oddio, che bello che tu sia qui. Grazie, grazie, grazie.» il cantante rise di gusto a quella imitazione, ma non perse la libido.
«Sei una mia fan?» Kenjiro riaprì gli occhi per poggiarli sfacciati su di lui.
«La più grande.» Eita si morse il labbro.
«Fin dove ti spingeresti per me?»
«Fin dove vuoi che mi spinga?» Semi aveva qualche idea.
«Se ti dicessi che non voglio che tu ti tolga questi vestiti mai più? Notte e giorno, in casa e fuori.»
«Ti accontenterei.» sussurrò Shirabu lascivo.
«Se ti facessi la stessa richiesta dopo averli sporcati col mio sperma?»
«Ti accontenterei più felicemente.» il pene di Eita ebbe un sussulto e le sue dita lo seguirono. Kenjiro trasalì sorpreso per quel movimento improvviso e di nuovo quando – con urgenza – Semi prese a sforbiciare ed allargare la sua entrata. Lo diede per pronto forse fin troppo presto, ma lo conosceva e sapeva che, per quanto nel personaggio, Kenjiro lo avrebbe fermato subito se solo gli avesse fatto male. Ritirò la mano, dunque, e stringendola intorno al proprio membro si guidò dentro l'altro.
Entrambi trattennero il fiato, le mani di Semi che scattavano ai fianchi dell'altro, quelle di Shirabu impegnate a tenersi le natiche allargate.
«Ei—ta...» un sussurro, un gemito, un lamento. Una supplica di andare più in fondo, non di ritirarsi.
«Dimmi com'è stato indossare la divisa.» ordinò lui. «Dimmi come ti sei sentito quando ti sei guardato allo specchio.» Kenjiro strinse gli occhi in un misto di imbarazzo e piacere.
«L'ho indossata dalle gambe.» iniziò, e Semi mormorò compiaciuto. Ridacchiò.
«Come si fa con i pantaloni.» lo prese in giro con tono canzonatorio. «Ma non lo sono, Piccolo.»
«Non ci sono abituato...» disse a fatica, ansimando mentre il membro di Eita arrivava là dove le dita non erano riuscite ad arrivare.
«Rimedieremo...» mormorò di rimando il cantante continuando ad avanzare. Gli lasciò dei baci placidi sul collo, poi incitò l'altro a continuare.
«Quindi l'hai indossata dalle gambe.» Kenjiro annuì.
«Ho afferrato l'orlo e ho tirato su la stoffa. È stato strano con le gambe lisce e senza sentire il cotone nella parte interna.»
«Ti è piaciuto?» il brivido che percorse il corpo del più basso gli disse di sì.
«Immaginavo l'effetto che ti avrebbe fatto e non vedevo l'ora.» Semi arrivò in profondità e sospirarono entrambi. Si concesse qualche secondo, poi parlò ancora:
«Ti è piaciuto solo per questo?» chiese in un sussurro a pochi centimetri dalla sua bocca mentre portava i fianchi indietro per prepararsi alla prima spinta.
«Sì...» ansimò Shirabu. «Ma poi mi sono visto allo specchio.» Eita sorrise compiaciuto, poi si spinse di nuovo dentro, fino in fondo e senza dare a Kenjiro il minimo preavviso.
«Ah—!» scappò il primo vero, sincero lamento dalla bocca dell'altro. Il suo fiato gli arrivò dritto in gola.
«Com'eri?» Kenjiro indugiò, le sue gote si imporporarono e Semi rise silenziosamente. Il suo ragazzo non si imbarazzava quasi di nulla (perlomeno non più su quel versante).
«Mmh?» cercò di incentivarlo il cantante accarezzandogli la mascella con il naso. «Allora?» l'altro esitò ancora, infine ammise:
«Ero bellissimo.» Semi si allontanò dal suo collo per poterlo guardare meglio.
«Lo sei ancora. Lo sei sempre. Lo sei più che mai.» lo baciò con bramosia tornando indietro con i fianchi e poi di nuovo avanti con più forza di prima. Bevve direttamente dalle sue labbra il gemito che Shirabu emise e – avido – gliene tirò fuori un altro, e un altro, andandoci sempre più pesante, cercando di aprirlo sempre più a fondo, ma per quanto amasse risucchiare i suoi gemiti direttamente dalla fonte, il desiderio di ammirarlo ancora in quelle vesti vinse portandolo ad interrompere il bacio. Kenjiro tentò di inseguirlo, ma Eita si sottrasse e le membra del più piccolo erano già troppo provate per insistere. Semi si sistemò meglio sulle ginocchia, poi afferrò le gambe di Shirabu manovrando anche lui nella posizione che voleva.
«Sei così bello... che motivo avresti mai per essere geloso? Nessuno potrebbe competere.» invece che imbarazzato o accattivante, stavolta Kenjiro sorrise felice.
«Non lo sono mai davvero.» ammise ciò che entrambi sapevano bene. «Tu sei mio.» affermò con possessione. Semi gli accarezzò il volto.
«Sono tuo.» disse con amore. Shirabu ebbe appena il tempo di ricambiare il suo sguardo innamorato, poi Eita riprese a spingere e i suoi occhi tornarono a chiudersi in estasi.
Il cantante prese un ritmo serrato, martellando in fretta con la forza della passione più disperata. Afferrò prima le gambe di Kenjiro, poi le sue cosce, le natiche, infine la stoffa della camicia con una mano e quella della gonna con l'altra. Serrò i pugni in una stretta micidiale, quasi ne valesse della sua vita, e forse era proprio così. Strinse e strinse più forte quando si accorse di non avere più il controllo del proprio corpo, quando si accorse che se dei fianchi non aveva più il comando non sapeva cosa le mani – libere di agire – avrebbero potuto fare al corpo della persona che amava e venerava.
Spinse il bacino dentro e fuori Kenjiro, martellando con potenza e possessività, con smania, quasi con pazzia. E strinse, forte, fino a sentire le proprie unghie al di là della stoffa, sgualcendo, quasi strappando.
Spinse e strinse incurante dei gemiti di Shirabu e degli stridii della stoffa in sofferenza. Spinse e strinse fin quando non sentì di aver raggiunto il limite. Solo allora si fermò, si tirò fuori dal proprio ragazzo e si tolse il preservativo. Afferrò malamente i fianchi di Kenjiro per guidarlo più in basso, in modo che le sue natiche fossero sulle sue ginocchia, poi si accarezzò in fretta e non occorsero che tre spinte per iniziare ad eiaculare.
Sporcò la stoffa dell'uniforme come aveva iniziato a sognare di fare non appena l'aveva vista. Mirò alla gonna e poi più in alto, prendendo il petto nudo di Shirabu e poi ricalibrando alla camicia e alla giacca. Continuò ad accarezzarsi per spremere fuori tutto, fino all'ultima goccia, segnando, marchiando, facendo Shirabu suo con tutto ciò che indossava, e mentre finiva afferrò anche Kenjiro che si unì a lui in fretta e senza incoraggiamenti, mischiando il suo seme a quello del cantante in un cocktail perfetto.
Quando anche l'ultimo goccio di Shirabu venne fuori, Semi sospirò soddisfatto accasciandosi su se stesso. Ammirò ancora il proprio ragazzo: distrutto, sporco, bellissimo, e capì di volerne di più.
«Non mi basta.» disse a Kenjiro. Il più piccolo sembrava essere troppo spossato per riuscire a rispondere. Semi lo baciò di nuovo. «Non uscirai da qui finché non mi riterrò soddisfatto.» Shirabu rise mentre riprendeva fiato.
«Immagino che cambiarmi per indossare dei vestiti puliti non sia un'opzione.» Eita sorrise e lo accarezzò su una guancia.
«L'ho sempre detto. Sei la persona più intelligente che conosca.»

Haikyuu!! KINKTOBER 2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora