Punishment | sakuatsu

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autrice: GReina
n. parole: 3101


Punishment | sakuatsu


«Non dimenticarti queste.»
Sakusa era a un passo dall'uccidere il proprio capo. Una cosa comune tra i segretari di importanti CEO. Meno comune era il modo in cui lui aveva deciso di resistere a quell'impulso.
Miya Atsumu era una spina nel culo da quando il corvino aveva accettato quel lavoro. La sua scrivania sempre maniacalmente in ordine non aveva neanche il tempo di svuotarsi dalle scartoffie che il doppio di esse vi veniva sbattute sopra "per ordine del capo". In quelle occasioni Sakusa non poteva far altro che lanciare uno sguardo alla porta chiusa dell'ufficio del biondo e ringhiare con labbra serrate; il povero messaggero malcapitato che si prendeva la sua occhiataccia peggiore in vece di Miya.
Era già tardi quando quei documenti da revisionare gli furono affidati. Un qualsiasi altro essere umano si sarebbe dato un tempo optando per finire il lavoro il giorno dopo, ma Sakusa Kiyoomi non era così.
Doveva finire prima di tornare a casa. Ne andava della sua salute mentale.
Si rimboccò le maniche, dunque, e nemmeno si accorse dell'ufficio che piano piano si andava svuotandosi. Fu solo nel sentire la porta della camera del CEO aprirsi che i suoi occhi si distolsero dal proprio lavoro.
Miya Atsumu era come ogni giorno sfacciatamente e irritabilmente affascinante. Aveva appena indossato la giacca del completo, probabilmente con l'intento di lasciare l'edificio, e adesso si stava sistemando i polsini.
«Ancora qui, Omi?» gli domandò con un ghigno arrogante.
«Non andrò via prima di finire, Miya-san. Lei lo sa bene. È per questo che mi affida pagine infinite di lavoro a fine giornata, non è così?» il biondo sollevò un sopracciglio.
«Questo sarebbe sfruttamento. Non mi starai mica accusando di questo.» Sakusa guardò il proprio orologio. L'ora di cena era ormai passata e la stanchezza accumulata iniziava a farsi sentire, ma rispose ugualmente:
«Se volessi accusarla di qualcosa non lo farei mentre sto lavorando per lei, Miya-san. Mi aspetterebbe qualche minuto nel suo ufficio? Ho quasi finito, qui, e c'è una cosa che mi piacerebbe discutere con lei.» gli occhi castani di Atsumu scintillarono.
«Possiamo discuterne ora.»
«No.» fu categorico il segretario. «Prima devo finire. Dopo.» osservò lo sguardo di sfida di Miya incrociare il suo impassibile. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, poi il capo si schiarì la gola.
«Molto bene.» annunciò lisciandosi il bavero della giacca. «Mi trovi in ufficio, allora.»
Kiyoomi se la prese con calma. Era molto attento al proprio lavoro e certo dopo essere stato ore chino sulla scrivania non avrebbe rovinato tutto per non far aspettare Miya. Non aveva idea di che orario si fosse fatto quando – infine – l'ultimo foglio ebbe raggiunto la pila dei documenti revisionati. Il corvino sospirò, si stiracchiò gli arti e raggiunse l'angolo ristoro per bere un sorso d'acqua prima di dirigersi verso l'ufficio del capo.
Entrò bussando appena e senza aspettare una risposta. Si aspettava di trovare Atsumu seduto sul divanetto vicino alla finestra, invece lo trovò dietro la propria scrivania. Si era tolto la giacca e allentato un po' la cravatta; aveva ancora una mano sul mouse e il suo viso era illuminato dallo schermo del computer, ma i suoi occhi erano puntati su di lui.
«Mi stavo portando un po' avanti con il lavoro.» disse sorridendo senza che nessuno glielo avesse chiesto. «Tu hai finito? Di cosa volevi parlarmi?» il suo sguardo si spostò alle mani di Kiyoomi per poi corrucciarsi nel trovarle vuote. «Dove sono i documenti?»
Sakusa spalancò meglio la porta. Vista l'ora era molto probabile che nell'edificio fossero rimasti soltanto loro due e la guardia notturna ferma all'accettazione.
Avanzò nella stanza con grandi falcate, aggirò la scrivania e raggiunse il lato di Miya.
«È un po' tardi per pretendere che io ti parli di lavoro, non credi?» Sakusa fece ruotare la poltrona di Atsumu di novanta gradi, poi poggiò le proprie mani sui braccioli intrappolando il corpo dell'altro alla seduta.
«Mi dai del tu, adesso?» il biondo tentò di mantenere la voce ferma, ma la sua espressione tradiva la sorpresa per quell'assalto. Kiyoomi ignorò la domanda.
«Mi sono costretto a resistere la prima volta, la seconda, la decima. Ho resistito anche la settimana scorsa. Ma allora mi sono ripromesso che semmai fosse successo di nuovo, avrei messo le cose in chiaro una volta per tutte.» Atsumu deglutì sonoramente, ma non c'era paura nel suo sguardo, bensì eccitazione.
«Quindi?» a quella domanda Sakusa assottigliò gli occhi.
«Quindi...» sussurrò roco, avvicinandosi. «Se tu hai intenzione di sfruttarmi così, anche io sfrutterò te come più mi aggrada.»
«Le tue sono molestie.» il tono con cui lo disse era insicuro e per poco non fece ridere Kiyoomi. Il segretario gli mise una mano sul petto e, schiacciandolo maggiormente verso lo schienale, fece inclinare la poltrona. Poggiò un ginocchio tra le sue gambe, poi arrivò a sfiorargli le labbra con le proprie.
«Chiamale come vuoi. Non sei tu che comandi, a quest'ora.»
Gli afferrò con impeto la cravatta e premette le loro labbra le une sulle altre per un bacio irruento. Miya non si tirò indietro. Gemette, invece, e rispose con foga. Kiyoomi gli morse il labbro con violenza, invadendogli la bocca con la lingua con sempre maggiore voracità. Lo assaggiò a fondo e in ogni modo possibile, e fu solo quando il biondo provò a mettergli le mani sui fianchi che Sakusa si tirò indietro. Gli diede un potente schiaffo sulla guancia. Il suono di pelle contro pelle riecheggiò potente per tutto l'ufficio, sostituendo l'eccitante suono di baci umidi con un assordante silenzio. Di nuovo, l'espressione di Atsumu era sorpresa, non arrabbiata; forse sconvolta. La parte del suo viso che era stata colpita si stava colorando in fretta di rosso. Il biondo rimase immobile per qualche secondo, con il capo rivolto verso destra e grossi respiri che gli lasciavano le labbra. Quando tornò a guardarlo, trovò il volto di Kiyoomi serio e tranquillo come sempre.
Sussultò quando il segretario si fece di nuovo avanti.
«Non. Sei. Tu. Che. Comandi. A. Quest. Ora.» scandì ed attese. Miya deglutì a vuoto, poi annuì. Sakusa sorrise soddisfatto.
«Bene. Pare tu abbia capito.» gli afferrò nuovamente la cravatta e tirò forte affinché Atsumu si alzasse. Fece un paio di passi indietro trascinandosi il proprio capo con sé, dopodiché allentò il nodo che il biondo aveva al collo e tornò a baciarlo con voracità.
«Omi.» sentì sussurrare dalle sue labbra. Il corvino ponderò se punirlo un'altra volta, ma considerando quelle tre lettere come un mero gemito decise di non farlo. Gli afferrò i capelli sulla nuca, invece, e tirandoli indietro fece in modo che le sue labbra si spalancassero di più.
Affondò la lingua nel suo palato con una veemenza brutale crogiolandosi nell'idea e nella consapevolezza che nessuno lo avesse mai baciato in quel modo. Continuò a stringere i suoi capelli e spostò le proprie attenzioni al collo. Lo leccò e succhiò, mordendolo e marchiandolo.
«Omi.» sentì ancora. «Omi.» piagnucolò di nuovo, e Sakusa non avrebbe mai ammesso cosa quelle tre lettere gli stessero facendo né lo avrebbe mai mostrato a Miya, dunque lo fece voltare in fretta, afferrandogli i fianchi e sbilanciandoli verso la scrivania.
Di nuovo sorpreso, Atsumu non poté fare altro che reggersi con le mani al tavolo per impedirsi di cadere. Kiyoomi finì di sbottonargli la camicia da quella posizione, gliela tolse e la gettò lontana.
«Cazzo, Omi.» il corvino gli azzannò di nuovo il collo, poi gli afferrò il mento e guidò le labbra del suo capo tra le proprie per un ennesimo, vorace bacio. Il bacino del biondo si fece indietro, strusciando e trovando la sua erezione. La scoperta di quanto Kiyoomi fosse duro sembrò dare nuovo coraggio a Miya che mormorò compiaciuto e corse con la destra alla schiena di Sakusa per spingerselo più vicino. Il corvino afferrò il polso dell'altro con forza e lo rimise al suo posto, sul piano del tavolo.
«Vuoi un altro schiaffo? Non ti piacerà il posto in cui ti colpirò.» Atsumu ebbe la faccia tosta di ridere.
«Tu dici?»
«Non ti conviene mettermi alla prova.» fu la risposta di Sakusa direttamente ringhiata all'orecchio dell'altro. Un sospiro tremulo abbandonò le labbra del biondo e mille brividi corsero dalla sua nuca fino alla punta dei piedi. Kiyoomi dette un'ultima stretta al suo polso prima di lasciarlo lì, poi iniziò a sbottonare la cintura di Miya.
Il capo restò fermo, per una volta. Lasciò che Sakusa lo spogliasse nel modo e nel tempo che questi riteneva opportuni limitando le proprie reazioni a pugni serrati e qualche imprecazione mormorata tra i denti. Kiyoomi gli abbassò i pantaloni fino alle ginocchia, mise una mano nella sua tasca e tirò fuori la bustina di lubrificante che sapeva con certezza essere lì; superò l'intimo e – dopo essersi inumidito la mano – afferrò il membro eretto del suo capo nel proprio pugno. Miya gettò la testa all'indietro appoggiandosi alla spalla di Sakusa mentre il corvino iniziava a pompare in fretta.
Gli occhi di Sakusa erano puntati sul viso del biondo, le sue labbra umide e arrossate di baci martoriate tra i denti, gli occhi serrati, le sopracciglia contratte per l'estasi, la pelle accaldata. Era una visione paradisiaca e se Kiyoomi fu in grado di distogliere lo sguardo fu solo grazie a un rumore stridente proveniente dal basso. Seguì quel suono e ne trovò l'origine: Atsumu stava graffiando il legno della scrivania con le unghie, quasi stesse tentando disperatamente di aggrapparsi a qualcosa per impedire alle proprie mani di volare altrove.
Sakusa sorrise compiaciuto. Lo baciò placido sul collo e lì mormorò:
«Stai imparando. Bravo.» Miya gemette contento e voltò il capo per chiedere un bacio che non gli fu negato.
Del tutto in contrasto con quanto fatto fino a quel momento, Kiyoomi assaporò le labbra di Atsumu con calma e devozione: leccandole invece di morderle, seguendo la lingua del biondo piuttosto che imporgli i movimenti della propria. Continuò per diversi secondi, e mentre lo baciava in quel modo smise di toccarlo.
Sentì la frustrazione di Atsumu nel corpo che si inarcava cercando di non perdere il contatto con la sua mano e nel suono miserabile che le sue labbra emisero direttamente nelle proprie. Sakusa ghignò malvagio a quella reazione. Non era stato difficile piegare il proprio capo al suo volere.
Gli calò le mutande in modo che raggiungessero i pantaloni, gli allargò le natiche e iniziò a giocare con la sua entrata.
Le dita di Sakusa erano ancora umide di lubrificante e liquido preseminale, dunque iniziò a prepararlo con quelle. Il bacino di Miya si spinse indietro per chiedere di più e Kiyoomi glielo lasciò fare. Aggiunse un dito al primo, poi un altro. Iniziò a ruotare il polso e ad arricciare le dita mentre i lamenti di Atsumu lo facevano eccitare sempre di più. Fece scattare la mano libera ai capezzoli del biondo afferrandone e strizzandone uno, e fu allora che Miya cedette: tolse una mano dalla scrivania e si afferrò da solo in cerca di piacere.
Kiyoomi scattò. Afferrò il polso di Atsumu, gli torse il braccio portandoglielo dietro la schiena, poi sollevò l'altra mano e la sbatté forte contro la natica del suo capo una volta, poi due. Il biondo gridò all'impatto, poi prese a respirare affannosamente.
Rimasero immobili per qualche secondo; poi, arrabbiato, Kiyoomi afferrò la cravatta – priva di camicia – che Atsumu portava ancora al collo, gliela sfilò e la usò per legargli le mani dietro la schiena. Senza più un appiglio il suo busto cadde ritrovandosi steso a novanta sulla scrivania. Sakusa si chinò per raggiungerlo, gli afferrò i capelli e vicino all'orecchio disse: «Riproviamo.» lo baciò sulle labbra, poi tornò dritto e riprese il proprio lavoro.
Come ogni compito che svolgeva, anche quell'atto fu da lui svolto in maniera pratica e meticolosa. Impassibile ai lamenti sempre più disperati e frequenti dell'uomo sotto di lui e persino alla propria eccitazione che cresceva, Kiyoomi allargò Miya con tutta la calma del mondo. L'ambiente fu presto saturo dei gemiti del biondo e gli occhi di Sakusa caddero sulla porta spalancata. D'un tratto si rese conto di quanto eccitante fosse la posizione in cui erano e quasi sperò che qualcuno li trovasse in quel modo: capo e segretario chini sulla scrivania, ma non con i ruoli che qualunque fan dei cliché si sarebbe immaginato. Il CEO era alla sua mercé; Kiyoomi doveva solo decidere come abusarne.
Dopo qualche secondo o forse ore intere, Sakusa tirò fuori le dita ed esaminò il buco di Atsumu pulsare sul nulla. Si ritenne soddisfatto, dunque si slacciò la cintura e la zip dei pantaloni.
Un gemito di sollievo premette per uscire dalle sue labbra quando la costrizione della stoffa si allentò, ma non avrebbe dato quella soddisfazione al suo capo, quindi lo trattenne.
Atsumu dovette aver capito quello che stava succedendo, perché con rinnovata energia prese a spingere all'indietro e a sussurrare: «Ti prego... ti prego...». Sakusa osservò ancora le natiche dell'altro, ne afferrò una e la massaggiò come si deve. Si calò gli indumenti solo il necessario, indossò il preservativo e si fece avanti. Si posizionò all'entrata di Atsumu, premette il proprio petto sulla sua schiena, si afferrò l'erezione, lo baciò sul collo e gli sussurrò sulla pelle mentre lo penetrava: «La prossima volta che credi di fottermi dandomi del lavoro extra, ricorda chi è che sta veramente sotto.»
A seguito della minuziosa preparazione, il membro di Kiyoomi entrò senza impedimenti né dolori. Il corvino ringhiò di piacere, l'altro sospirò in estasi. Il CEO lottò per liberare i polsi, i suoi fianchi si mossero avanti e indietro nel tentativo di trovare attrito tra le gambe, ma non era abbastanza e sia Atsumu che Sakusa lo sapevano bene.
«Se questa è l'immagine che mi verrà in mente ogni volta...» sospirò il biondo con voce provata, «sarà difficile non darti sempre più lavoro, Omi.»
«Se questa è la situazione a cui quel lavoro in più ci porterà,» rispose quindi il corvino, «cosa ti fa credere che a me dispiaccia?» la risposta fu un gemito acuto, poi Sakusa prese a spingere con forza ed ogni possibilità di risposta da parte di Miya fu dimenticata.
La scrivania prese a cigolare, il computer a oscillare pericolosamente, documenti e soprammobili a cadere per terra, ma tutto era in secondo piano, tutto ignorato a fronte degli acuti di Atsumu e del piacere che il suo corpo gli stava dando.
Kiyoomi continuò a pompare senza pietà, afferrando una volta i fianchi, una volta le natiche, una volta le spalle di Atsumu: tutto ciò che potesse permettergli di spingersi più a fondo e con più forza. Gli "Omi" urlati prima, gemuti poi. I polsi del biondo martoriati, il suo pene che sbatteva duro e ignorato sul bordo della scrivania.
«Ti prego... ti prego...» continuavano le suppliche, ma Sakusa non l'avrebbe accontentato, non adesso. Era lui che comandava, lui che stava impartendo una lezione. Se Miya aveva intenzione di affidargli tanti compiti fino a sera, avrebbe provato in prima persona cosa volesse dire dover aspettare di finire di essere usato prima di potersi rilassare.
Sakusa si preoccupò di raggiungere solo il proprio piacere, dunque. Lo inseguì affondando ripetutamente e con ritmo serrato dentro il corpo del suo capo.
Era vicinissimo, adesso. I suoi lombi formicolavano, il suo pene pulsava; resistette qualche secondo ancora, poi cedette dando sfogo a tutto il proprio piacere.
Sospirò forte e senza trattenersi, quando venne. Diede le ultime spinte in maniera balbettante ma non priva di impeto. Si accasciò sulla schiena di Atsumu e rimase sepolto nel suo corpo per riprendere fiato. Gli baciò la nuca, il collo, e giocò distrattamente con i suoi capezzoli man mano che il proprio corpo si riassettava. Sentì Miya lamentarsi disperatamente una volta, poi due, finché un vero e proprio pianto non proruppe dalle sue labbra. Lo osservò meglio e lo trovò bagnato di lacrime e bava. Sakusa sorrise nell'appurare quanto fosse distrutto, poi decise che poteva bastare.
Si tirò indietro crogiolandosi nell'ennesimo lamento del biondo; raggiunse la poltrona del capo e vi ci si sedette a gambe divaricate.
«Vieni.» ordinò. Miya fece qualche goffo passo verso di lui e Kiyoomi lo stupì liberandogli i polsi.
«Sei stato bravo. Decidi tu come vuoi finire.» lo sguardo di Miya si fece luminoso e riconoscente.
Sakusa ghignò. Lo aveva piegato.
Sollevato e con un sorriso in volto, Atsumu cadde in ginocchio. Il corvino ne fu sorpreso, si aspettava che si sarebbe seduto sopra di lui, invece aveva deciso di degradarsi ancora di più. Si sistemò tra le sue gambe e senza troppi complimenti tolse a Kiyoomi il preservativo per mettersi il suo membro in bocca. Il corvino chiuse gli occhi e gettò la testa al cielo. Il suo pene era ancora duro ma si stava velocemente afflosciando dopo l'orgasmo e – cosa più importante – era irritabilmente sensibile.
Decise comunque di lasciare quel piccolo premio ad Atsumu e lo invogliò a continuare affondando una mano tra i suoi capelli chiari. Miya gemette contento, leccò per bene tutta la sua lunghezza pulendola dallo sperma e poi lo accolse in bocca. Kiyoomi guardò in basso e vide la destra di Atsumu impegnata ad accarezzarsi. Il movimento del suo braccio aggiunto all'immagine del proprio pene che spariva in gola al capo dell'azienda gli fecero tornare l'eccitazione in corpo. Afferrò con più forza la chioma di Miya e lo spinse più vicino. Il gemito che ne derivò fece vibrare la gola di Atsumu mandando mille scariche di piacere lungo tutto il corpo di Kiyoomi.
«Atsumu, cazzo!» era la prima volta che gli scappava il suo nome di battesimo, ma non era riuscito a trattenerlo. La reazione del biondo fu divina, sembrava quasi che non credesse alle proprie orecchie. Gemette intorno al membro di Kiyoomi con disperato piacere ancora e ancora mentre Sakusa si ritrovava ad ansimare forte.
Le spinte di Atsumu aumentarono di bocca e mano mentre il bacino del corvino prendeva vita propria andando incontro al volto del CEO.
Capì che Miya era arrivato quando – ancora con il suo membro in bocca – urlò di piacere mentre, svuotato com'era, Kiyoomi si dovette accontentare di rilasciare solo poche gocce.
Atsumu si allontanò cadendo all'indietro e restando seduto sul pavimento. Si guardarono negli occhi e in quella posizione entrambi ripresero fiato.
Fu Sakusa il primo a recuperare il controllo. Si alzò, si sistemò la camicia e i pantaloni, poi indossò la giacca. Per Atsumu sarebbe stato più complicato. La sua cravatta era sparita da qualche parte dietro la scrivania, la camicia era appallottolata vicino alla finestra.
Kiyoomi si schiarì la gola.
«Ci vediamo domani, Miya-san.» gli disse calmo e composto prima di lasciarlo in quel modo, forse impaziente – adesso – che il capo gli desse nuovamente lavoro extra a fine giornata.

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