Succhiotti | tsukkiyama

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autrice: GReina
n. parole: 3489


Succhiotti | tsukkiyama

Quella situazione non andava bene. Non andava affatto bene.
Yamaguchi sapeva di essere banale, qualcosa di già visto, ma non aveva importanza. Quelle ragazze ci avevano provato con il suo Tsukki, e lui doveva porre rimedio.
«Non fare l'idiota, essere gelosi è da sfigati e tu non lo sei.» se una frase come quella l'avrebbe di solito fatto rallentare, quella sera ebbe l'esito opposto. Yamaguchi intensificò il broncio, i pugni che si stringevano e tremavano, le gambe che compivano ampie falcate per raggiungere il proprio ragazzo nel più breve tempo possibile. Afferrò il colletto del biondo quando questi era ancora girato per appendere il soprabito all'attaccapanni, l'obbligò a guardarlo, poi continuando ad avanzare costrinse lui ad arretrare finché la sua schiena non sbatté contro il muro.
«Non mi interessa cosa pensi.» in realtà lo aveva sempre fatto eccetto che per quella volta al campo estivo del loro primo anno. «Non mi interessa cosa secondo te sia figo.» continuò sputando le parole con rabbia. «Ti guardavano come se potessero averti, e non mi piace.»
Tsukishima non rispose. Sembrava troppo destabilizzato per farlo. I suoi occhi erano enormi, le sue labbra aperte, le guance rosse. Se solo Tadashi fosse stato appena un po' più lucido, probabilmente avrebbe capito essere perché aveva fatto colpo (di nuovo) sulla persona che amava, ma Tadashi non era lucido. Se per una vita intera aveva pregato per una reazione del genere, adesso non la notava nemmeno. In testa solo un obiettivo: far capire a tutti che Tsukki era suo.
Poggiò le labbra sulle sue in modo sporco, arrabbiato, violento. Mordendo tanto e baciando poco. Assaggiando Kei, tirandogli la carne morbida, poi succhiandola. Morse, leccò, tirò, succhiò, ripeté. Il biondo rimase immobile, intrappolato tra il più basso ed il muro, incapace di fuggire o anche solo di reagire. Accolse tutto con stupore e allo stesso modo lasciò che Tadashi iniziasse a toccarlo.
Per prima cosa Yamaguchi gli tolse la giacca. Fece scorrere in fretta la stoffa lungo le sue braccia per poi farla finire a terra. La maglietta per poco non venne strappata mentre neanche una possibilità di sopravvivenza ebbero gli occhiali quando l'orlo dell'indumento glieli fece volare via. Tsukishima ne seguì la traiettoria fino a terra; dal rumore sembrava essere tutto a posto, ma senza le proprie lenti gli fu impossibile esserne sicuro. Fece per raggiungerle per accertarsi della loro integrità, ma Tadashi non glielo permise. Lo bloccò con una mano sul petto ed un'altra a serrargli la mascella, lo spinse nuovamente contro il muro – forte – poi portò gli occhi del pallavolista nei suoi.
«Non ti servono.» gli disse. «Devi guardare solo me e ti starò vicino abbastanza che non avrai bisogno degli occhiali.» Kei deglutì, invece di ribattere, ma di nuovo Yamaguchi non ci fece caso. Tornò a baciarlo, invece; mani ancora su petto e mascella per tenerlo fermo senza sapere quanto inutili fossero: le membra di Tsukishima erano di pietra, ogni cosa di lui totalmente alla mercé del proprio compagno.
Morse, leccò, tirò, succhiò. Labbra, guance, collo, petto. Era quasi come se Tadashi non avesse mangiato per mesi e adesso avesse davanti il pasto più buono. Kei invece ansimò, e strinse i pugni, e serrò gli occhi. Il suo timido compagno messo da parte dal suo lato più oscuro, da ciò in cui la gelosia lo aveva trasformato. Una bestia da saziare e non domare, una bestia da assecondare finché non si fosse calmata.
Il biondo mosse le mani, dunque. Afferrò i fianchi di Tadashi e se lo spinse più addosso, e fu come spalancare un portone. Il bacino di Yamaguchi si mosse: avanti, indietro, avanti, indietro. I pantaloni di entrambi si strinsero esponenzialmente, eppure sembrava che al più basso non interessasse.
Morse, leccò, tirò, succhiò. Kei sentiva la pelle tirare, il sangue che affluiva lì dove Tadashi la martoriava. Suoni di baci, suoni di spinte, suoni di risucchi. La pelle sul collo pulsava, e così sulle spalle, il petto. Guardò in basso e scorse alcuni punti rossi. Si chiese il resto come fosse. Collo pieno, marchi netti.
Kei si morse le labbra.
Tadashi era così figo! Non aveva alcuna ragione di essere geloso, ma se questo era ciò a cui quella gelosia portava, Tsukishima era felice di avere il suo personale fanclub, e non si trattava dei succhiotti, né del desiderio crudo che gli stava mostrando, bensì della sicurezza con cui lo rivendicava, il significato di quei marchi che con prepotenza gli stava imprimendo sul corpo.
Il pallavolista si ritrovò a gemere senza controllo. Era eccitato in un modo del tutto diverso dal solito. Voleva che lui e Tadashi finissero a letto, ma voleva anche che Tadashi non smettesse di segnarlo. Voleva raggiungere il materasso, ma anche non spostarsi mai da lì e finire per farlo contro la parete.
Voleva entrare in Tadashi, ma anche – di più – che Tadashi entrasse in lui.
Quello era nuovo. Tsukishima e Yamaguchi avevano provato diverse posizioni e a letto erano tendenzialmente aperti, ma i ruoli erano sempre stati gli stessi.
Non quel giorno. Come avrebbe potuto? Kei era di Tadashi, dopotutto, e questi glielo stava mostrando più che adeguatamente, ma Tsukishima voleva che glielo dimostrasse in ogni modo possibile.
Gemette più forte. Adesso lo voleva così tanto! Strinse più forte la presa sui fianchi di Yamaguchi; mani di un uomo disperatamente assetato in cerca di un po' d'acqua. Il più basso non sembrò accorgersene o forse non gli interessava. Lo tenne lì, tra se stesso ed il muro, e nel frattempo succhiava.
Collo, spalle, braccia, petto, capezzoli. Ogni bacio era un morso, ogni morso un succhiotto, ogni succhiotto un avvertimento: "Proprietà di Yamaguchi Tadashi. Stare alla larga." e Tsukishima gemeva, ed ansimava, e stringeva.
«Tadashi...» mormorava ad occhi chiusi. «Tadashi...» ad ogni parte di pelle succhiata.
«Andiamo a letto...» riuscì a sfiatare il biondo dopo un po'. Yamaguchi non rispose.
«Marchiami anche sotto i pantaloni.» fu la frase che servì per convincerlo a muoversi. Tsukishima venne afferrato per il polso e guidato verso camera loro. Vi entrarono correndo, Tadashi accese la luce, poi si voltò e riprese il proprio compito dal collo. La sua pelle era calda e pulsava. Lui e Yamaguchi non si erano mai marchiati in quel punto proprio perché troppo visibile. Adesso proprio per questo era la porzione di pelle più martoriata.
Alla cieca, Tadashi iniziò a calargli i pantaloni. Erano rientrati direttamente dallo stadio della città, quindi indossava ancora la tuta da post allenamento. Be', non più.
Il suo ragazzo calciò lontano quel che rimaneva dei suoi pantaloni, poi senza troppi complimenti si mise in ginocchio. Kei gettò la testa al cielo già immaginandosi come sarebbe andata a finire, ma dovette tornare a guardare in basso – deluso – quando le labbra di Yamaguchi neanche accennarono ad avvicinarsi dove lui le voleva.
Succhiotti. Marchi.
"Marchiami anche sotto i pantaloni" in effetti l'aveva convinto in quel modo a raggiungere la camera da letto, e così Tadashi stava facendo. Addome, basso ventre, cosce, ginocchia, polpacci. Fu un lavoro meticoloso, eseguito senza calma ma comunque irritabilmente lento. Yamaguchi dedicava diversi secondi ad ogni succhiotto. Mordeva, leccava, poi succhiava con energia ed infine osservava la propria opera. Se non era soddisfatto ripeteva, altrimenti passava al prossimo. Mordeva, leccava, poi succhiava con energia. Sembrava quasi che volesse ricoprire ogni centimetro di lui ed era esattamente così. Femorale, ginocchio, tibiale, caviglia. Passarono minuti interi e la libido di entrambi non fece altro che salire. I capelli verde scuro di Yamaguchi vennero afferrati, le gambe toniche di Tsukishima abbracciate. La mano di Kei – non controllata – faceva pressione verso l'alto: un suggerimento o una supplica per spingere il volto di Yamaguchi ad avvicinarsi all'inguine.
Infiniti minuti ancora, poi Tadashi assecondò quella spinta andando in alto, e in alto, e in alto fino a raggiungere le parti intime di Tsukishima. Il biondo mormorò e così fece il più basso. Yamaguchi rimase in contemplazione per alcuni secondi, poi gli accarezzò l'erezione e strusciò il proprio volto alle sue gambe come un gatto che fa le fusa. Kei dovette mordersi il labbro per non gemere in modo ridicolo.
Di solito non era così rumoroso, né disperato o visibilmente affamato. Ma la sicurezza di Yamaguchi... l'aveva notata al campo estivo del loro primo anno e come allora diverse volte, ma mai così.
E il premio per l'uomo più eccitante del mondo va a...
«Yamaguchi...!!» Kei spalancò gli occhi, poi si portò una mano alla bocca. Guardò in basso mentre iniziava a gemere in modo incontrollato. Tadashi gli aveva leccato il membro per poi metterselo in bocca.
Su e giù, su e giù. Gli occorsero davvero poche spinte perché la sua gola si abituasse abbastanza da accoglierlo tutto. Tsukishima era del tutto eretto, la sua intera lunghezza cosparsa di liquido preseminale.
Su e giù, su e giù. Tadashi gli regalò un minuto di idilliaca fellatio, arricciando la lingua e succhiando senza forza. Guance incavate, sguardo verso l'alto. Ma presto la cosa cambiò. Abbandonò il suo pene per ricominciare a marcargli le gambe. Riprese lo stesso schema di sempre: bacio, morso, succhiotto. Si dedicò all'interno coscia di entrambi i lati rendendoli sensibili e rossi. Dita che tiravano la pelle per renderla più accessibile, mani che guidavano le gambe nella posizione migliore per rendergli le manovre più semplici.
Poi, la destra di Yamaguchi raggiunse le sue palle. Le stimolò, ci giocò. Tsukishima pensò solo a godersi quello stimolo: le guance rosse, le labbra tra i denti, gli occhi chiusi, ma una sensazione inaspettata li spinse a riaprili.
Bacio, morso, succhiotto. Tadashi l'aveva appena fatto su uno dei suoi testicoli e adesso si stava accingendo a ripeterlo sull'altro. Tsukishima iniziò a respirare pesantemente, le sue gambe tremavano, eppure invece di tirarsi indietro si aprirono per agevolare Yamaguchi.
Bacio, morso, succhiotto. Destro, sinistro, destro, sinistro. Kei li sentiva entrambi sempre più sensibili, sempre più gonfi. Voleva fermare Tadashi e insieme che non si fermasse mai. Era una gioia e una pena, piacevole e doloroso.
Finì per appoggiarsi al letto e ancorare un ginocchio alle sue spalle, il collo di Yamaguchi circondato in modo che non pensasse di allontanarsi.
Destro, sinistro, destro, sinistro.
Era troppo. Ogni lappata come fuoco incandescente.
«Tadashi...» scappava dalle sue labbra. «Yamaguchi...» alternava tra i tanti mormorii incomprensibili.
Il biondo sospirò di sollievo quando il più basso si allontanò. La sua saliva rendeva l'aria della stanza gelida per il suo corpo. Kei ebbe appena il tempo di riprendere fiato quando Yamaguchi ricominciò.
Su e giù, su e giù. Aveva ripreso il membro di Tsukishima in bocca, ma non vi rimase a lungo. Gli diede un paio di spinte con la mano, poi lo sollevò e lo baciò.
Kei sapeva cosa sarebbe venuto dopo ed il suo cuore prese a correre più veloce: paura, curiosità e desiderio che si mescolavano insieme confondendolo.
Morso.
Succhiotto.
Kei urlò, si morse le labbra e continuò ad urlare comunque. Afferrò i capelli di Tadashi, provò a tirarlo via, ma questi continuò.
Succhiò e succhiò. Osservò ciò che aveva ottenuto: niente. E ripeté: succhiò e succhiò. Niente. Succhiò e succhiò.
«Non—» provò a dire Tsukishima. «Non puoi farlo lì...!» tentò di fargli capire. «Non si crea. Il sangue. Le vene.» non riuscì ad articolare il discorso, ma Tadashi dovette aver colto il punto perché si allontanò. Il biondo lo guardò ansimando e con le lacrime agli occhi; lo trovò deluso e con un broncio sul viso.
«Sei sicuro? Forse devo provare più forte.» Kei deglutì.
«Sono sicuro.» disse. Tadashi sospirò.
«Dovrò trovare un altro modo per marchiarti qui.»
«Scopami.» era uscito senza che Tsukishima potesse fermarlo. Era uscito sincero, crudo, disperato, bisognoso. Deglutì, e così fece Yamaguchi.
«Tsukki...» quel soprannome non lo usavano quasi più, ma bastava che Tadashi regredisse a liceale per farlo tornare. Di solito accadeva quando il suo ragazzo doveva fare il ruffiano, o ancora quando a letto Kei prendeva del tutto il controllo. Il biondo lo guardò e cercò di capire cosa volesse dire in quel momento: un bambino che chiede il permesso di scartare la caramella che gli è appena stata concessa.
Deglutirono entrambi, poi Tsukishima annuì e ripeté: «Scopami.»
Da lì in poi fu tutto più lento. Nessuno dei due aveva esperienza in quelle posizioni, dunque dovettero entrambi capire come fare.
Si stesero impacciati sul letto dove – finalmente – anche i vestiti di Yamaguchi vennero via. Tsukishima accarezzò il suo corpo, segnando ogni neo con una carezza ed un bacio, creando percorsi tutti suoi per infine rimanere sul collo, dove prese a baciarlo. Lo abbracciò e se lo spinse più addosso. Tadashi – ad un tratto pacato, timido, impaurito – fu su di lui. Si baciarono ancora, le gambe di Kei che trovavano anomalo il doversi aprire in quel modo. Ancorò le ginocchia ai fianchi di Yamaguchi e poi le caviglie tra di loro. Circondò il collo del proprio ragazzo con le proprie braccia e poi si baciarono. Non ci furono morsi né succhiotti, stavolta. Si assaporarono a vicenda con lenta devozione, cercando di calmare l'altro e cercando di calmare se stessi. I fiati erano corti e irregolari, trattenuti e rapidi. Dovettero separarsi per capire come fare. Tsukishima poggiò i piedi sul materasso, ai lati di Yamaguchi, mentre l'altro si inginocchiò tra le gambe del pallavolista.
Deglutirono.
«Tsukki...» di nuovo quel soprannome. Il biondo sorrise.
«Ti fai intimidire adesso?» vide il cambiamento nel volto del più basso. Sfida, determinazione. Si morse il labbro in imbarazzo, poi il rossore delle sue guance si attenuò. Era pronto.
Si posizionò meglio accanto al corpo di Tsukishima; gli allargò le gambe e si inumidì due dita con la saliva; portò le labbra al suo collo per continuare a marchiarlo e la mano alla sua entrata, prese a massaggiarla e Kei tentò di rilassarsi.
Ispira, espira. Si ricordò come di solito voleva che il corpo di Yamaguchi reagisse a quei preliminari e ripeté: ispira, espira.
Presto il medio di Tadashi fu dentro di lui, poi anche l'anulare. Ispira, espira. Il suo corpo si adattava sempre di più. Ispira, espira. Yamaguchi inserì anche l'indice. Era meno lubrificato e l'intrusione gli diede fastidio, ma lo accolse con calore, certo che quella ulteriore pressione gli servisse per accogliere il suo membro.
Ispira, espira. Poi il tocco di Tadashi venne meno. Tsukishima mormorò, incerto se essere felice o contrariato. Voleva che Yamaguchi lo facesse suo, ma non era ancora pronto. Forse l'altro non se ne rendeva conto. Sollevò il capo per dirglielo, ma capì che Tadashi non aveva avuto nessuna intenzione di penetrarlo limitandosi alla preparazione che gli aveva appena fatto.
Il volto di Yamaguchi era in basso e scese ancora. Sparì oltre l'inguine di Kei finché questi non fu più in grado di vedere altro che la sua chioma. Tadashi usò le mani per allargargli le natiche, poi usò la lingua per stimolarlo ancora. Gli leccò il cerchietto di muscoli per diversi secondi, poi lo penetrò con la lingua. Tsukishima gemette e ansimò; l'aria abbandonò i suoi polmoni, l'addome si contrasse d'istinto. Si morse il labbro, poi afferrò i capelli scuri del suo compagno.
Era bello. Anche troppo. Temeva che se avesse continuato così sarebbe venuto subito.
Leccò, baciò, succhiò.
«Cazzo...! Cazzo!» urlò il biondo. Si sentiva risucchiare, mille brividi gli esplosero lungo tutto il corpo. Il suo pene formicolava, il suo buco pregava di essere riempito, ma Kei non aveva voce per chiedere né forza per pretendere. Ansimava, invece, e gemeva, stringendo i capelli di Yamaguchi e arricciando le dita dei piedi.
Gioia e dolore, piacere e tortura. Si odiò per non aver spinto prima Tadashi a prendere il comando.
Quando la bocca di Yamaguchi si allontanò, le sue parti intime presero a palpitare. Le natiche ora prive di mani a tirarle formicolarono, l'ano non più risucchiato pulsò. E così il perineo, l'interno coscia, il pene.
Tsukishima osservò l'altro con disperazione e desiderio.
"Scopami." diceva con gli occhi, e così Tadashi si accinse a fare.
Tornò in ginocchio tra le sue gambe, deglutì e prese a studiare l'ingresso di Tsukishima con fare concentrato, poi si afferrò e si allineò con lui. Le caviglie di Kei tornarono ad ancorarsi dietro la sua schiena, i muscoli delle gambe che premevano per avvicinare Tadashi.
Non si fece attendere. Posizionò la punta all'entrata e spinse.
Sospirarono, trattennero il fiato, Tadashi si fermò. Sospirarono ancora, riprese, trattennero il fiato, si fermò. Andarono avanti per diversi secondi, perdendosi entrambi in nuove e bellissime sensazioni – pareti che stringevano; corpo che allargava – e a un tratto Yamaguchi fu del tutto dentro.
Raggiunse le labbra di Tsukishima con le proprie per baciarlo, poi usò gli avambracci per reggersi e rimase lì. Provò a muoversi con cautela, tentò qualche rotazione del bacino, un paio di impercettibili spinte. Il corpo di Kei reagì bene adattandosi perfettamente a Tadashi, dunque questi si fece indietro e spinse di nuovo, stavolta più deciso.
Il biondo gettò il capo all'indietro e si godette quel momento. Yamaguchi era dentro di lui; lui era di Yamaguchi.
Bacio, morso, succhiotto sul collo. Bacio, morso, succhiotto sulla spalla. La pelle pallida di Tsukishima era sempre più sensibile, il corpo sempre più saturo di segni rossi perlopiù tendenti al violaceo.
Indietro, avanti. Indietro, avanti. Le spinte erano regolari e bellissime. Il fastidio dell'intrusione che si faceva sentire sempre meno.
«Tadashi...» mormorò Tsukishima, la sua mano che viaggiava verso il proprio membro per afferrarlo. L'altro continuò a penetrarlo, succhiandogli il collo, il petto, i capezzoli, mentre il biondo iniziava a toccarsi.
Indietro, avanti. Yamaguchi spinse le ginocchia del pallavolista più in basso ancorandole al materasso. Indietro, avanti. Trovò la prostata.
Kei spalancò gli occhi, poi gemette forte, nuove mille sensazioni gli affollarono il cervello, il moto della sua mano crebbe incontrollato.
Indietro, avanti. Ansimò veloce e così si masturbò, poi Yamaguchi prese il suo posto scostandogli la mano, le spinte che acceleravano.
Indietro, avanti, indietro, avanti. Kei venne baciato sulle labbra: frenetico, affamato. Tadashi morse e succhiò, strinse la mano, aumentò le spinte.
«Tsukki...! Tsukki!» iniziò a gemere in estasi. «Sei mio, Tsukki. Tsukki.» ripeteva senza sosta. Il biondo non riuscì a rispondere. Era senza fiato, a un passo dal limite. Sentiva il suo corpo in fiamme e allo stesso tempo gelare per l'aria fredda della stanza. I lombi formicolavano, la tensione del tutto raccolta nei testicoli, la prostata stimolata ad ogni movimento interno.
«Sei mio. Sei mio.» Kei lo sentiva e mormorava in estasi. Era suo. I marchi lo dimostravano.
Salì sulla vetta, la sua schiena si inarcò, strinse i pugni e persino le dita dei piedi e spinse i fianchi in alto, verso la mano di Tadashi, ma proprio quando stava per venire, il tocco di Yamaguchi venne meno. Tsukishima si lamentò disperato, ma Yamaguchi non tornò su di lui, anzi uscì anche dal suo ano. Kei si sollevò sui gomiti, indeciso se urlargli contro arrabbiato o supplicarlo senza orgoglio di riprenderlo.
Le parole gli morirono in bocca quando vide cosa l'altro stesse facendo.
Con il volto rosso, i capelli scompigliati e una patina di sudore su tutto il corpo, Tadashi si stava masturbando con una strana espressione in viso. Era concentrato, risoluto, determinato. Stava osservando il volto di Kei, ma presto i suoi occhi vagarono sul resto: collo, petto, ventre, gambe, ed ovunque i propri marchi.
«Sei mio, Tsukki. Sei mio!» urlò mentre eiaculava. Lo sperma schizzò formando chiazze bianche sulla pelle del biondo, comprendo alcuni succhiotti o forse abbellendoli.
Tsukishima sospirò. Non si era mai immaginato Yamaguchi in queste vesti: geloso sì, possessivo non troppo. Si era sbagliato. Era successo raramente e a Tsukishima non era mai piaciuto... almeno fino a quel giorno. Si era sbagliato e non avrebbe potuto esserne più felice.
«Tadashi...» mormorò disperato, il capo che tornava a buttarsi sul cuscino. Yamaguchi si leccò le labbra, poi seguì il suggerimento implicito in quel mormorio. Lo accarezzò velocemente, stringendo a sorpresa il pugno e concentrandosi sulla punta con il pollice.
«Unisci il tuo sperma al mio, Tsukki.» probabilmente non lo erano, ma il corpo di Kei eseguì le istruzioni come fossero un ordine. Venne immediatamente dopo il suggerimento di Yamaguchi. Sparò forte ed abbondante sul proprio addome confondendo il suo piacere a quello dell'altro. Gemette e così fece Tadashi. Si guardarono negli occhi, poi Yamaguchi tornò ad ammirare la propria opera.
Arrossì all'improvviso; le lentiggini scomparvero sotto il rosso dell'imbarazzo e persino le orecchie si infiammarono. Tsukishima rise, poi gli afferrò la nuca e guidò il proprio ragazzo su di lui. Rimasero abbracciati: collo incastrato su collo. Kei gli accarezzò la schiena, poi gli baciò la tempia.
«Non vergognarti. È stato meraviglioso.» sentì il corpo di Tadashi sussultare, la sua pelle farsi rovente. Il più basso attese un paio di secondi, poi si sollevò sulle braccia per poter guardare l'altro negli occhi. Mise sotto controllo il proprio imbarazzo, poi risoluto disse:
«Sei mio. Devo ricordartelo più spesso.» il corpo di Kei venne percorso da un brivido, poi sorrise.
Il giorno dopo agli allenamenti la maglia e i pantaloni termici sotto la divisa non bastarono per coprire i segni di possesso del suo ragazzo.

Ho postato una fan art NSFW ispirata da questa OS nel mio nuovissimo account Twitter. Trovate il link tra i commenti!

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