Massaggio | arankita

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autrice: GReina
n. parole: 2295


Massaggio | arankita


Probabilmente era strano. Era molto strano. Era strano perché si conoscevano ed erano amici, ma soprattutto perché Aran era completamente innamorato di lui ormai da anni.
Si fissarono per diversi secondi, non appena Kita entrò nella stanza. Sguardo attento, un accenno di qualcosa dietro l'aspetto serio di sempre.
Ojiro Aran faceva il massaggiatore solo da pochi mesi. Un secondo lavoro con orari flessibili per mettersi in tasca qualcosa di più. I suoi colleghi dicevano che aveva un dono naturale, ma forse erano solo lusinghe per non farlo andare via, il cartello 'cercasi personale' accantonato nel retro dopo infinite settimane di ricerca. L'argomento era venuto fuori all'ultima rimpatriata della squadra di pallavolo di Inarizaki; una cosa tira l'altra, un gemello fa una battuta, l'altro risponde, Suna si intromette e ad un tratto Kita Shinsuke è segnato sul suo libretto degli appuntamenti.
La stanza nella quale si trovavano era molto angusta, giusto lo spazio per un mobiletto ed il lettino. I toni scuri di mobilio, pavimento e pareti aiutavano la luce soffusa e la musica leggera a creare un'atmosfera intima e riservata. Ojiro era in abiti comodi ma tradizionali, in una ripresa delle tonalità dell'ambiente tanto cara all'impresa per la quale lavorava ma che probabilmente i clienti non notavano nemmeno.
Kita, invece, indossava un accappatoio in cotone. Era semplice ed anonimo, messo a disposizione di ogni cliente e poi meticolosamente lavato. Un normale accappatoio, indossato da una persona come un'altra, ma Kita... Kita lo indossava come un dio. Kita proiettava su quella semplice stoffa una bellezza senza eguali.
Dritto, serio, composto. Come sempre, Shinsuke sembrava appartenere ad un altro piano terreno; i comuni mortali come Ojiro fortunati anche solo di poterlo ammirare.
Aran si era bloccato a quella visione. L'abitudine di vederlo ogni giorno al liceo gli aveva permesso in qualche modo di dissimulare (forse) lo stupore che lo assaliva ogni volta che incrociava il suo sguardo, ma dopo tre anni di distanza non c'era modo che potesse rifarlo.
Deglutì a vuoto, poi sorrise per dargli il benvenuto. Indicò il lettino.
«Quando vuoi, Kita.» l'ex capitano sorrise di rimando e per Aran fu la fine. Arrossì violentemente, poi ringraziò la luce tenue per averlo nascosto. Shinsuke si avvicinò al piano, si slacciò la cinta dell'accappatoio e subito, quasi non aspettasse altro, una spallina cedette scoprendo la pelle candida – divina – del più bel cliente che Ojiro avesse e avrebbe mai avuto.
Fu troppo, dunque il più alto si voltò in fretta fingendo di ricontrollare un'ultima volta le essenze profumate e le lozioni che gli sarebbero servite, lasciando a Kita tutto il tempo di riporre l'indumento e stendersi a pancia in giù sul lettino. Respirò a fondo e lentamente, Aran, prima di tornare a guardarlo, poiché sapeva benissimo come l'avrebbe trovato. Infine si voltò, ma la preparazione non bastò per impedire al suo battito di aumentare; organo impazzito, involontario ed autonomo più che mai. Non ci fu verso di calmarlo, dunque Aran smise di provarci e si avvicinò al suo cliente. Kita era steso a pancia in giù, come da programma. Le braccia conserte, posate leggere e comode sul lettino a reggere la testa. Lo stava guardando e sorrideva, sembrava volerlo incoraggiare a non provare imbarazzo, ma anche lui era rosso in viso, sebbene a causa della luce tenue Ojiro non poté esserne certo.
Ed era nudo. Aran cercò di concentrarsi sul suo viso prima di far vagare gli occhi sul resto. Tentò di sorridergli per dissimulare almeno parte delle sensazioni che stava provando, ma presto le fauci secche lo obbligarono a leccarsi le labbra e a schiarirsi la gola, il rossore di Kita aumentò, l'agitazione di Aran pure. L'albino allargò le braccia, poi sistemò il capo nella fessura apposita. Un modo – sicuramente – per sfuggire al suo sguardo. Ojiro sperò solo di non aver rovinato tutto, la sua eccitazione talmente palese da mettere entrambi in imbarazzo più che mai.
«A—Allora» iniziare balbettando fu inevitabile. Si avvicinò al lettino, la prima fiala di olio profumato tra le mani.
«Se sei d'accordo inizio.» vide il capo di Kita annuire, poi confermò a parole.
«Va bene.»
Iniziò dalle spalle. Un po' il principale punto di tensione di chiunque, la parte che più di ogni altra faceva piacere sentirsi massaggiare.
Fu un errore scegliere quel punto, perché così fu anche con Kita: gemette.
Ojiro si morse forte il labbro inferiore. C'era abituato. Un sacco di clienti emettevano versi di quel tipo; una reazione involontaria, un segno d'apprezzamento per il quale ogni massaggiatore avrebbe dovuto sentirsi orgoglioso.
Avrebbe dovuto esserci abituato, e forse lo era davvero, ma non con Kita. Mai con Kita.
Un sorriso, uno sfarfallare di ciglia, un cenno del capo. Ogni suo gesto – adesso come al liceo – era un amo lanciato con facilità e da lui abboccato senza scampo, o forse più abbandonato da un pescatore inconsapevole di avere esche tanto buone e prede tanto affamate.
Poveri pesci, ma che fine gloriosa.
Kita gemette, e non poté esserci speranza di resistere per Aran.
Si morse il labbro più duramente, dunque, perché avevano appena iniziato ed il massaggio – tortura sadica e meravigliosa – sarebbe durato un'ora.
Raggiunse le scapole con i pollici, poi fece pressione ed il suono ripetette, e poi ancora, e ancora. Sentiva i nervi sciogliersi sotto le sue dita, i muscoli affaticati nei campi di riso finalmente rilassarsi sotto il suo tocco esperto. Si concentrò su quello: nervi, tendini, muscoli. Lavoro.
Non Kita, non pelle, o tepore, o ansimi, o gemiti.
"Kita, pelle, tempore, ansimi, gemiti."
Si maledisse quando si rese conto di aver invaso la mente con i pensieri che stava tentando di evitare, il labbro martoriato, il fiato trattenuto.
Cambiò punto di pressione.
Gli massaggiò la nuca, poi la spina dorsale.
Fu un errore pure quello. Accettare il suo appuntamento era stato un errore, maledetti e benedetti siano i Miya con il sadico Suna.
Sentì le vertebre, le accarezzò leggiadro, scostò di poco le dita e premette sul muscolo trapezio.
Un nuovo ansimo di Kita, un nuovo gemito. Ojiro pregò che Shinsuke non avesse sentito la sua inevitabile risposta. Il suo labbro inferiore venne liberato trovando sollievo, ma presto i suoi denti dovettero serrarsi sull'interno guancia perché non poteva, non doveva sospirare come aveva appena fatto.
Usò le nocche per applicare più pressione, trovò i nodi di maggiore tensione, poi premette forte manipolando la pelle di Kita quasi fosse ceramica cruda.
Gran parte dell'olio era stato assorbito, dunque Aran si inumidì nuovamente le mani, le poggiò sui fianchi di Shinsuke, poi accarezzò con vigore tutto il dorso fino alle spalle. Lavorò su di esse ancora un po', prima di tornare in basso.
Trapezio, dorsale, lombare, obliquo. Percorse con le proprie mani ogni muscolo e ad ogni muscolo si dedicò minuziosamente.
Gluteo.
Dovette fermarsi un momento e deglutire a vuoto non appena fu il turno del sacro. Usò la scusa di dover cambiare lozione e nel frattempo controllò l'orario.17:47Erano passati solo diciassette minuti.
Si spalmò l'olio sulle mani, poi poggiò un palmo sulla coscia di Kita e l'altro – tremante – sulla natica sinistra. Il corpo dell'albino sussultò appena, poi immediatamente si rilassò. Un sospiro tremante invase la stanza ed Aran guardò stupito verso il volto di Kita. Notò le sue spalle cedere ancora, le braccia perdere tensione.
Sembrava... ma non poteva essere.
Sembrava quasi che Kita non stesse aspettando altro, che fosse rimasto in tensione fino a quel momento, impaziente di vedere come si sarebbe sentito.
Se lui era pronto, tuttavia, Aran non lo era. Dunque diede un paio di carezze al gluteo sinistro facendo in modo che l'olio si assorbisse, poi passò alla gamba. Gliela sollevò, gli massaggiò il polpaccio, poi il piede. Passò alla gamba destra, al piede destro. E poi esaurì le scuse.18:04Mancavano ventisei minuti.
Si inumidì le mani e le poggiò sul punto dal quale poco prima era fuggito. Premette forte e—
«Aran...» un sussurro che suonò frastuono sopra la musica tenue e tra l'eccitazione di entrambi. Un ansimo, un avvertimento o una preghiera: "non scappare, stavolta".
Ojiro deglutì, poi applicò maggior pressione, la pelle morbida più che mai che seguiva le sue mani; pelle di marmo, perfetta, resa materiale malleabile, da guidare, accarezzare, afferrare.
Aran seguì spirali immaginarie, tracciò con le dita le linee morbide dei glutei, spingendo, premendo. E Kita sospirava.
Non c'era abituato. Di solito i versi dei clienti si limitavano al massaggio sulla schiena o sui piedi. Non c'erano nodi di tensione, lì, nessun nervo attorcigliato.
Il sapore ferroso del suo stesso sangue diede ad Aran un barlume di lucidità, alternati il labbro e l'interno guancia che chiedevano pietà. Sospirò forte, poi strinse ciò che riuscì ad afferrare delle natiche di Shinsuke.
«Kita...» mormorò; il primo vero suono a cui permise di lasciare la sua bocca dopo minuti interi. L'interpellato si sollevò sui gomiti per riuscire a guardarlo. Aveva il volto rosato, gli occhi languidi.
«Non fermarti.» Ojiro deglutì, poi tornò a guardare il fondoschiena di Kita; pelle tirata dalle sue dita brune, bianco candido contro ebano scuro. Strinse di più, poi avvicinò le proprie mani, la fessura delle natiche che veniva sfiorata.
Corse con lo sguardo sul volto di Shinsuke per catturarne la reazione. Aveva il volto ancora più rosato, gli occhi ancora più languidi. Annuì impercettibilmente, sorrise incoraggiante, poi tornò a poggiare la testa nella fessura del lettino.
«Non fermarti.» ripeté, ed Aran gli diede retta. Studiò la pelle con parsimonia, i singulti del suo corpo, i brividi che lo attraversavano quando le sue dita sfioravano i punti più sensibili. Afferrò, compresse. Sfiorò nuovamente la fessura, e poi ancora, e di nuovo, e ad ogni tocco Kita mormorava compiaciuto.18:10Erano passati sei minuti da quando aveva iniziato a sfiorarlo in quel nuovo modo: la temperatura nella stanza era salita, l'aria che quasi vibrava. Ojiro si ritrovò a sospirare profondamente diverse volte nel tentativo di trattenere l'eccitazione, ma i gemiti di Shinsuke non aiutavano.
Osò di più senza neanche accorgersene; le sue dita – diligenti, esperte, traditrici, furbe – iniziarono a muoversi per conto proprio. Il suo corpo agiva, la sua mente urlava inascoltata.
Sfiorò la fessura, la superò ed arrivò al cerchietto di muscoli. Aran sentì il fiato di Kita mozzarsi mentre il suo indice lo penetrava. Ci fu un gemito più forte degli altri, poi un altro. I pantaloni di Ojiro si stavano facendo pericolosamente stretti, ma in qualche modo non fu un problema ignorare il proprio membro: massaggiare a dovere il corpo di Kita e farlo godere l'unica cosa che realmente contava.
Compì alcuni movimenti circolari in modo che i muscoli dell'ano si rilassassero, poi tirò fuori l'indice e portò le dita più in basso, sul perineo. Premette, massaggiò. Lasciò lì due dita ed integrò il pollice più in alto per infondere a Kita maggiori sensazioni. Il corpo dell'albino sussultò, i suoi pugni si chiusero sul materiale imbottito del lettino.
«Aran... Aran...» il bruno non aveva mai praticato il massaggio esterno della prostata, ma si era documentato e, viste le reazioni di Shinsuke, suppose di starlo facendo bene.
Sentì una lievissima protuberanza quando spinse più forte e colpendola strappò un altro grido a Kita.
«Sì...!» il fiato di Ojiro si era ingrossato, i suoni di Shinsuke tutto ciò che gli serviva per cavalcare il piacere come stava facendo l'altro.
Non resistette ed aggiunse l'altra mano, si fece spazio sistemando meglio le gambe di Kita e – mentre lavorava con la destra esternamente – le dita della sinistra iniziarono ad allargare l'entrata del suo ex capitano. Questi non si oppose, anzi. Allargò le gambe e lo invogliò a sbrigarsi con lievi movimenti del bacino. Il più alto non lo fece attendere: madido ancora di olio, entrare in lui con due dita fu facile. Sforbiciò, allargò. Arricciò le dita e ad un tratto la prostata era lì, stimolata da sopra e da sotto, da dentro e da fuori.
Kita si sollevò sui gomiti, il piacere ormai tale da rendergli impossibile tacere. Si stava mordendo il labbro, i suoi occhi erano chiusi, le sopracciglia aggrottate, e con i fianchi si spingeva indietro.
«Aran... Aran...» continuava a dire, ed il bruno avrebbe potuto morirne. Sospirava e deglutiva, prendeva ampi respiri ma nulla di tutto questo lo aiutava a trattenersi. Ogni volta che Kita gemeva il suo nome, le dita di Ojiro si arricciavano procurando all'altro scariche intense di piacere.
Con la destra strinse le natiche di Kita diverse volte, voleva continuare a toccarlo lì e toccarlo ovunque contemporaneamente. Aumentò il ritmo quando capì che il corpo di Shinsuke lo esigeva e si complimentò con se stesso quando questo portò a una nuova e più acuta serie di gemiti.
«Aran... Aran! È bello... Aran... devo...» le sue spalle si abbassarono, quella destra poggiò sul lettino mentre Kita portava lo stesso braccio sotto il proprio corpo.
Non fu difficile per Ojiro capire dove stesse portando la mano e presto il lettino iniziò a cigolare.
Stavano ansimando tutti e due e freneticamente a quel punto, il cigolio che aumentava sincronizzato con le mani di entrambi. Sillabe confuse sulle labbra, nomi gemuti in fretta, disordinatamente.
«Kita...»
«Ara—nh!!» il corpo di Shinsuke balbettò violentemente per alcuni secondi, poi si accasciò. Aran lo accompagnò con le dita durante tutto il rilascio, poi si tirò fuori.
Deglutì a vuoto, poi guardò il volto di Kita. Era rosso e sudato, stanco e soddisfatto. Lo stava guardando con uno sguardo che non gli aveva mai visto prima; con lo stesso sguardo che aveva sempre sognato di vedere ma che mai si sarebbe permesso di pretendere.
Non appena i loro sguardi si incrociarono, Kita si portò il labbro inferiore tra i denti, gli occhi che si facevano più imbarazzati, il rossore che si estendeva fino alle orecchie.
«È stato bello...» sussurrò pianissimo. Aran guardò l'orario:18:30La loro ora di massaggio era finita.
Deglutì.
«Possiamo rifarlo quando vuoi...» disse.

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