ᴏʜ ᴡʜᴏ ɪꜱ ʜᴇ? ᴀ ᴍɪꜱᴛʏ ᴍᴇᴍᴏʀʏ. ᴀ ʜᴀᴜɴᴛɪɴɢ ꜰᴀᴄᴇ. ɪꜱ ʜᴇ ᴀ ʟᴏꜱᴛ, ᴇᴍʙʀᴀᴄᴇ?▶ ●────────

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-SHUICHI'S POV-

"Saihara...chan?" -leggo dalle sue labbra. Al pronunciare questo nome, il suo sorriso scompare, e i suoi occhi sembrano emanare un sentimento completamente diverso da ció che mi intrigava precedentemente. Riesco a percepire come una scossa di vita di cui il solo scopo era animare tutto il suo corpo. Se prima dava un'idea di un corpo prosciugato dalla sua stessa anima, come una statua di bronzo che é vuota al suo interno, ora tutto ció di cui sembrava essere stato derubato gli fosse stato restituito in un colpo solo. Una botta di vitalitá che come una colla ha rimesso assieme dei pezzi di un vaso che ormai sembravano perduti.

"Come sai il mio..." -vorrei continuare, ma le mie labbra si arrestano prontamente mentre guardo l'espressione sul sul viso transformarsi in preoccupazione, la sua bocca che sembrava volesse aggiungere enfasi e argomentazione alla propria tesi, fallendo.

Lo guardo per qualche secondo, per poi guardarmi intorno a me nell'intento di cercare e quindi trovare mio zio, ma di lui non vi era traccia alcuna. Successivamente, mi rigirai verso il ragazzo, giusto in tempo per notare che ora stesse effettivamente aprendo la bocca, cercando di comunicarmi qualcosa. Prima che potesse farlo, purtroppo, la sua voce -giá fievole di suo- venne resa completamente inudibile per via di una canzone che potei cominciare ad udire per tutto il campo tramite degli altoparlanti. Provo a leggere le sue pallide labbra: "sc...scappa"

"...?"

Sopra alle canzoni, ora diventate di sottofondo, comincio a sentire la voce di un uomo, dal tono basso e grave.

"...cari ex fan di questo assai crudele idol! Grazie per essere venuti in cosí numerosi, dopo questa giornata potrete davvero definirvi degli eroi. E cosí va anche per tutti gli ascoltatori da casa! E credetemi, non sto esagerando. -escalama l'uomo attraverso un microfono mentre si avvicina a passi fieri ma lenti verso il ragazzino. Da dietro di egli, comincio a guardarlo, e solo questo da fuoco da ardere a quella sensazione di inquietudine che stavo giá provando all'arrivo; eppure, non sembra nemmeno cosí minaccioso. É un uomo probabilmente di mezza etá, di alta statura, dai capelli molto corti e grigi riportati indietro da quella che sembra una considerevole quantitá di gel. Portava gli occhiali che portavano in risalto dei piccoli occchi verdi a mandorla, dai lineamenti della faccia forti e ben definiti, un naso alla francese e delle rughe ben visibili sulla fronte; il suo grande ghigno -e così si deve definire quella sua smorfia meschina- completa il suo viso dall'aria compiaciuta in un disagiante quadro totale. Come quegli uomini ai lati del ragazzo, è vestito in giacca e cravatta, ma a differenza loro non sembra essere il benché minimamente forte come loro.

Si avvicina lentamente al ragazzo finchè non riesce a mettere una mano sulla sua spalla, sempre rimanendo dietro alla sua schiena, come una specie di ombra minacciosa dagli occhi fissati su ogni sua mossa. Denoto un piccolo movimento del ragazzino, riesco a capire che avesse intenzione di spostare la spalla dal tocco della sua mano, eppure si ferma prima di poterlo fare. 

Sono davvero l'unico a vedere che la vittima è proprio la persona legata alla sedia? Mi sembra di essere l'unico sano qui dentro. Per quanto sia quello con meno comprensione della situazione, sembra che tutte queste persone attorno a me siano nel torto. Davvero sono l'unico a vederlo? Suppongo ognuno abbia un ruolo in quella che noi chiamiamo "società" - che più che un insieme unito per una motivazione comune, si tratta, o sembra sempre essere veramenre, il singolo individuo-, ma alla fine non ci si può affidare all'opinione comune. Se, come me, una volta diventato parte di quegli esseri umani che sembrano porsi come i personaggi secondari della loro stessa vita, questo ragazzo sembra essere l'antagonista della sua esistenza stessa, e allo stesso tempo l'espediente di cui tutti gli uomini -secondo la loro stessa natura,- hanno bisogno per far circolare la reale essenza primaria di loro stessi: l'odio. Pare essere l'oppositore della considerazione comune che -sempre secondo l'inspiegata indole che spinge ogni essere umano alla ricerca di un nemico-, fa sentire tutti gli altri migliori. 

Vorrei poter diventare l'unica persona che stona dal coro, in questo momento, come non ho mai desidarato in tutta la mia vita, ma cosa può fare un insignificante pezzetto del puzzle come me per non essere immediatamente messo al proprio posto?

Mentre mi soffoco -nello stretto senso della parola, perchè sento di star scavando troppo profondamente nel mio subconscio- sento improvvisamente tutta la folla applaudire attorno a me: cosa mi sono perso?

"Guardate pure tutti gli schermi! E il primə fortunatə a essere sceltə sarà..."

Mi giro anche io verso uno dei due schermi e noto che muove lentamente il focus delle telecamere  su qualcuno, completamente a random. Ad un certo punto, si ferma su un uomo di alta statura, che sembra essere abbastanza forzuto. A guardarlo meglio ha la stessa capigliatura dell'uomo al microfono, e gli somiglia vagamente: coincidenza?

"...Venga pure! Fate strada al primo lucky contestant! Il nostro Kokichi sarà felice di vedere faccia a faccia uno dei suoi fan, non credete??" -continua l'uomo al microfono, avvicinando lentamente la sua bocca alle orecchie del ragazzo, il quale non sembra comunque essere infastidito dalla cosa.

...Quindi è lui Kokichi Oma. Non mi sarei aspettato mio zio conoscesse una persona come lui, anche se non sono sicuro del perchè, credo sia una semplice intuizinone. Mi guardo di nuovo attorno per controllare se fosse da qualche parte, tornato da dovunque fosse andato l'ultima volta che lo vidi, ma ancora di lui non c'era traccia. Quanto ti deciderai a darmi qualche spiegazione?

Intanto l'uomo, passandro fra una specie di via che si era aperto fra tutte le persone, si affretta ad avvicinarsi al centro dello stadio, fino ad arrivare vicino a dove mi trovo io. I due omoni precedentemente accanto a Oma-kun si spostano camminando rapidamente verso l'uomo fortunato, che con aria entusiasta sembrava volesse entrare il più presto e a tutti i costi. Allora, viene preso di forza, ma senza l'intenzione minacciosa, e viene portato all'interno del campo. Così, comincia subito ad avvicinarsi ad Oma seguito da quelle che, ormai, suppongo siano i suoi bodyguard. Si ferma, infine, davanti a lui, coprendolo internamente con il molto probabile, se non ovvio, intento di incutergli timore. 

Comincio a sentirmi ansioso, ma non quell'ansia sociale provocata da tutte quelle persone, nè quella che mi causa l'area minacciosa degli uomini o la sconfortevole espressione dell'uomo. Sembra quasi paura. Nulla andrà bene, per nulla. Stanno per fargli male, e io non posso fare niente. 

Sento il bisogno di appoggiarmi alla ringhiera, una forte nausea e un terribile mal di testa mi assale completamente, a tal punto che sento di dovermi accucciare. Con tutta la forza di volontà che riesco a collezzionare, rimango in piedi, anche se leggermente barcollante. Continuo a guardare davanti a me, ma non riesco per nulla a vedere Kokichi. O meglio, Oma-kun...non lo conosco, non sarebbe cortese usare il suo nome. Allora, rivolgo lo sguardo verso lo schermo, e una visione che va a completare perfettamente il fantastico modo in cui mi sto sentendo fisicamente e mentalmente in questo momento.

"P-perché mai dovresti dargli un pugno davanti a tutti?!??" -lascio scappare dalla mia bocca queste parole con un tono di voce mediamente alto, ma non abbastanza da farmi sentire. Solo alcuni vicino a me si girano a guardarmi male, ma sembra che la mia apparenza abbastanza malaticcia gli abbia fatto credere fossi pazzo...o qualcosa del genere.

"Woah, questo l'ho sentito fino a qui! Credete gli sarà passata la voglia di mentire dopo questo??" -con la medesima aria compiaciuta di un ragazzino delle medie dopo aver bullizzato il ragazzino nerd, il signore al microfono congratula l'atto dell'uomo, il quale si sposta da Kokichi alzando le mani e sorridendo. 

Finalmente, posso vederlo, ma avrei preferito non farlo. 







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