PROLOGO

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A chi non smette mai di sognare, perché questo significherebbe smettere di vivere.
A chi trova nel proprio sogno la forza di andare avanti, nonostante tutto.
A chi ha ormai perso la speranza, ma non la follia.
A te che, anche se rotto dentro, continui a sopravvivere.
A te che, senza nessuna sosta, porti la tua anima a raggiungere la libertà che il sogno ti concede.

PROLOGO

15 anni prima...

La macchinina giocattolo percorre, ormai, per la terza volta lo stesso percorso: schienale del divano, bracciolo e seduta...per poi tornare un'altra volta su e seguire la rotta invisibile disegnata dalla mia mano.
La pioggia scende incessante al di là del vetro ed io cerco di distrarmi dalla paura che provo ogni qualvolta un fulmine squarci il cielo, pieno di nuvole grigio scuro e nero.

La paura del temporale è niente, però, in confronto a quella del vedere i fari della nostra auto percorrere il viale di casa nostra.
Lui è tornato e, ogni volta che lui torna, un brivido gelido mi percorre la spina dorsale.

- Vai in camera tua, Aidan, subito!- mamma mi spinge verso le scale con sguardo terrorizzato, mentre mio padre ha già cominciato ad urlarle contro con tono aggressivo.
La bottiglia di birra che tiene in mano gli cade a terra, facendo spargere il liquido al suo interno sul vecchio pavimento in legno.
- Mamma...- provo a riavvicinarmi, ma lei continua ad indicarmi il piano di sopra con la mano tremante.

Salgo piano le scale con stretto tra le braccia il mio pupazzetto. Apro la porta e con una spinta del braccio la socchiudo, per poi avvicinarmi al letto a piccoli passi e rintanarmi sotto le coperte con gli occhi che traboccano di lacrime. L'ennesimo tuono mi fa sussultare e provo a ripararmi ancora un po' di più con il piumone, che ormai è arrivato a coprirmi il naso.

Credo siano più o meno le undici e fuori, il buio pesto della notte, è illuminato a intermittenza  solo dalle luci accecanti dei fulmini.
Devo essere forte e resistere, ma ho talmente tanta paura che l'unica cosa che vorrei fare è sgattaiolare fuori dal letto e andare dalla mamma. Vorrei tanto riuscire a proteggerla, qualche volta.

Lancio una rapida occhiata alla porta socchiusa della mia stanza, dove da fuori provengono le urla del litigio in corso tra i miei genitori.
Questa scena capita molto spesso la sera, e mi sembra di sentir bruciare le cicatrici che ho sulla schiena al pensiero che lui possa salire ed entrare nella mia stanza con quella maledetta cintura in mano. Certe volte il dolore è così atroce che mi sembra di svenire. Mamma ci prova a difendermi, ci prova con tutta sé stessa, ma lui è più forte.

Provo a chiudere gli occhi e a prendere un respiro profondo, ma il rumore di qualcosa che va in frantumi mi fa scattare seduto all'istante.
So che mamma non vuole che lo faccia, ma non riesco a stare qui sapendo che lei sia in pericolo e quindi, lentamente, giungo al primo scalino e mi affaccio per capire cosa stia succedendo al primo piano.

-Sei solo un'incapace! Una buona a nulla!- mio padre sta gridando, mentre fatica a tenersi in equilibro, e mia madre è schiacciata contro al muro con le mani strette attorno alla vita.
-Calmati, ti prego!-
-Stai zitta!- prende in mano un piatto dal lavello e lo scaraventa contro la parete, riducendolo in centinaia di pezzi che cadono a terra.
Sussulto e serro le labbra per impedire ai singhiozzi di fuoriuscire dalla mia bocca.
Mamma ha lo sguardo terrorizzato, e la paura che prova lei uccide anche me.

Lo vedo avvicinarsi con passo minaccioso e barcollante a lei e le prende il mento in una stretta salda e forte, capace di farmi rabbrividire.
-Sei solo un disonore per questa famiglia.- la spinge sul pavimento ed è in quel momento che decido di farmi coraggio e percorro le scale in fretta, inginocchiandomi accanto a lei.

-Mamma!-
-Aidan! Vai di sopra!-
L'uomo si mette a ridere vedendoci e mi prende per il braccio, trascinandomi dall'altra parte della stanza e buttandomi per terra. Mi massaggio con la mano il ginocchio che ho sbattuto al suolo e cerco di trattenere i singhiozzi. Lo so che se dovesse vedermi piangere peggiorerei soltanto la situazione.
-Guarda, Aidan. Tua madre è solo una troia che si scopa il vicino mentre io sono al lavoro.-
Le lacrime mi scorrono sul viso, mentre lui guarda con disprezzo la donna che prova a rimettersi in piedi per raggiungermi.

-Piccolo, stai bene?-
Annuisco piano, ma poi spalanco gli occhi quando quel mostro la prende per i capelli e le tira uno schiaffo sul viso.
-Mi fai schifo! Sei solo una puttana ingrata!-
-Ma-mamma!- la mia voce è spezzata dai singhiozzi, mentre la vedo asciugarsi con il palmo della mano il sangue che fuoriesce dal labbro rotto.

Lui è completamente fuori controllo ed io non so cosa fare. Sono troppo debole per affrontarlo. Mi schiaccio contro la parete e cerco di calmare il mio respiro che sta diventando fin troppo affannoso.

-È tutto ok, Aidan.- mamma mi prende la mano e prova a mostrarmi un debole sorriso, cercando forse di tranquillizzarmi. Approfitta del barcollare di mio padre per avvicinarsi ancora di più a me. -Vai in sala, prendi il telefono e chiuditi nello sgabuzzino, ok? Chiama il 911 e fai come quando giochiamo alla "polizia". Vai, Aidan...-
A gattoni esco dalla cucina e seguo le indicazioni di mia madre.
Devo farcela, non posso deluderla.
Impedisco alla paura di prendere il sopravvento sul mio corpo e mi costringo a fare quanto mi ha detto.

Compongo il numero con dita tremanti e attendo che qualcuno risponda.
-911. Qual è l'emergenza?-
-Pa-papà sta facendo male a mamma.- cerco di parlare piano, facendo proprio come mamma mi ha insegnato di fare quando giocavamo.
-Come ti chiami?-
-Aidan.-
-Quanti anni hai, Aidan?-
-Sei.-
-Ok, Aidan. Ti trovi a casa tua in questo momento?-
-Sì. Mamma e papà stanno litigando e lui le sta facendo del male.-
-Sto mandando una pattuglia, Aidan. Devi stare tranquillo, ok? Continua a parlare con me. Cosa è successo?-
-Papà è tornato a casa dopo aver bevuto molto...ha cominciato a litigare con mamma e poi le ha tirato un pugno. Mamma mi ha detto di chiamare il 911.-
-Sei stato bravissimo, piccolo. Sei al sicuro?-
-S-Sì. Sono chiuso a chiave nello sgabuzzino.-
-Bravo, Aidan. Sei ferito?-
-No. Mamma, però, si.-
-Ci prenderemo cura della tua mamma. Stiamo arrivando. Tu, però, non ti devi muovere da lì, ok?-
-Ok.-
Continuo a tremare, mentre dalla cucina provengono urla e rumori di oggetti che vengono frantumanti contro al muro.

Ad un certo punto sento un grido così agghiacciante e carico di terrore, che le mie gambe non rispondono più al mio corpo e mi ritrovo a correre verso la cucina.
Mio padre ha in mano un coltello e lo punta verso di lei con un ghigno piantato in faccia.
-C'è nostro figlio in casa!-
-No, Clorinda. C'è tuo figlio in casa. Sarà di uno di quegli uomini che ti fotti mentre io sono al lavoro.-
-Ma cosa stai dicendo?- la voce di mia mamma è tremante, mentre le lacrime bagnano le sue guance arrossate dalla paura.
Un tuono fortissimo mi fa sussultare ed io scoppio a piangere terrorizzato. Mi rannicchio in un angolo della stanza e mi porto le ginocchia al petto, sentendomi inutile non riuscendo a proteggerla.
-Sei una puttana.-
Si avvicina a lei, ma, proprio il quel momento, la porta viene sfondata e degli agenti si precipitano all'interno della cucina.

-Si allontani da lei, immediatamente!- uno dei poliziotti punta la pistola contro mio padre e lui scoppia a ridere in una risata sadica capace di farmi accapponare la pelle.
-Sei morta.- sibila a mia madre poco prima di gettare il coltello a terra e farsi ammanettare dagli agenti.

La mamma si precipita verso di me e mi stringe forte a lei.
-Sei stato bravissimo, Aidan.-
Continua ad abbracciarmi, mentre le nostre lacrime si mischiano e la paura viene sostituita dal sollievo.
-Andrà tutto bene, piccolino. Te lo prometto.-

E cazzo, io ci avevo creduto veramente.

E cazzo, io ci avevo creduto veramente

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Stringimi ancora un po' (Romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora