18) Sei uguale a tutte le altre

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Gli occhi di tutti i presenti si concentrano su di me. Ethan continua a fissarmi, con sguardo misto tra il rimprovero e l'indagatore, e la rabbia comincia a ribollire all'interno del mio corpo.

-Io? E cosa mai ti farebbe pensare che sappia qualcosa sul dove si trovi Aidan?- chiedo con tono truce.

-Non ti agitare, Ollie. La mia era un'innocua domanda.- dice alzano le mani in segno di resa, ma non levandosi dalla faccia quell'odiosa espressione. -Credo che James debba stare più attento alle compagnie che frequenta la sua cara sorellina.- continua poi imperterrito.

Mi giro, con espressione scioccata, verso mio fratello che, con le mani tese in due pugni, trucida con lo sguardo lo stronzo che ho davanti. -Bada a come parli, Ethan. Non è di certo compito tuo questo.-

-Che ho detto di male? Ho solo evidenziato il fatto che una ragazza carina ed educata come lei non c'entri nulla con una scarto della società come lo è Adams. Sbaglio forse?- chiede poi girandosi verso di me.

"Gesù, tienimi ferma tu o giuro che faccio un casino."
-Ma come ti permetti?- il tono della mia voce esce più velenoso del previsto. Compio qualche passo nella sua direzione e mi fermo a pochi centimetri da lui. -Non ti permettere mai più di parlare di lui in questo modo e ti dico di più, caro Ethan, stai lontano pure da me.-

Mi giro furiosa e le facce sconvolte dei miei amici non aiutano certo a calmarmi. -Cosa avete da guardare? Vi è piaciuto lo spettacolo?- domando sarcastica, per poi sparire in mezzo alla folla di ragazzi che corrono da una parte all'altra.

Sono così arrabbiata che non guardo nemmeno dove stia andando e, distratta dai miei pensieri, non vedo nemmeno la persona su cui vado a sbattere, facendo cadere a terra il libro di scienze che tenevo in mano.

-Scusa, non ti ho visto.- dico distrattamente, chinandomi per raccogliere il tomo.

-Tranquilla, è stata colpa mia. Ero soprappensiero e non ti ho vista.- il ragazzo mi rivolge un sorriso dolce, per poi aiutarmi ad alzarmi. -Ti sei fatta male?-

-No, no. Tranquillo.- ricambio il sorriso di cortesia e sto per andarmene quando riprende a parlare. -Il mio nome è Dean.-

Ok, grazie, ma...chi te lo ha chiesto?
-Ollie, piacere.-

-Non mi hai riconosciuto, vero?- domanda a quel punto, ridacchiando.

Lo guardo confusa, per poi scuotere la testa in segno di diniego. -Mi dispiace, ma...-

-Siamo stati in classe insieme, fino alla terza superiore...poi io mi sono trasferito a San Francisco per il lavoro di mio padre. Ci scambiavamo in continuazione articoli medici, ti ricordi?-

Una lampadine mi si accende all'istante. -Oh mio Dio, Dean Williams! Sei cambiato tantissimo!- esclamo felice. Lo vedo arrossire, per poi grattarsi la nuca in imbarazzo. -Sono passati tanti anni dall'ultima volta che ci siamo visti...tu, però, sei rimasta uguale. Sempre bellissima.-

Arrossisco e cerco di sviare l'argomento. -Non ti ho visto al corso di medicina...- constato. Mi sembra strano non averlo ancora incontrato, dopo ormai un mese dall'inizio delle lezioni.

-Fino ad adesso, ho sempre seguito a distanza. Mi sono ufficialmente trasferito qui il weekend scorso ed oggi è il mio primo giorno in presenza.- spiega emozionato. -Ho sempre desiderato laurearmi in medicina qui alla Stanford, ma con il lavoro dei miei ho sempre dovuto adattarmi ai loro traslochi.-

-Sono contenta per te. Mi ricordo perfettamente i tuoi discorsi innamorati sulla laurea in campo medico.- ridacchio.

-Già...finalmente sto seguendo il mio sogno.-

Stringimi ancora un po' (Romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora