"Everyone's itching for beauty, but they're just scratching the surface."

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Osservo il suo viso illuminato dal sole che fa capolino dalla finestra.
Sospiro piano.
Dio mio, quand'è che mi sono resa conto che ho accanto una specie di angelo?
Non è perfetto certo, anche se lo affermerei mille volte.
Ha anche lui i suoi difetti, eppure sa nasconderli bene dietro a quel magnifico sorriso.
Lo vedo aprire piano gli occhi.
Sorrido spontaneamente mentre lui si stiracchia.
"Giorno micina." mi saluta allungandosi verso di me ed aggrappandosi stile cozza sugli scogli.
Una marea di emozioni colpisce il mio stomaco.
Direi che sono quasi abituata a questa sensazione.
"Giorno dormiglione."
Lui alza il viso verso il mio, imprimendo le sue bellissime e dannatissime iridi nelle mie.
Nocciola contro cioccolato.
Chi vincerà la sfida?
"Che ore sono?" domanda facendo scontrare il suo naso col mio.
Mi dici come faccio a concentrarmi e a dirti che ore sono se ti appiccichi così a me?
Già di prima mattina la mia testa è fusa, poi si mette pure lui.
"E' ora che ci alziamo." rispondo lasciandogli un bacio a fior di labbra.
Lui mi sorride e si avvicina ancora di più.
Mi metto seduta trascinando su anche lui.
Ci mette poco a ricadere sul materasso cercando di tirarmi tra le sue braccia.
Mi alzo, lasciando ai suoi vani tentativi, e mi accingo a raccogliere i miei vestiti sul pavimento della stanza.
Sono praticamente ovunque.
Tralasciando il fatto che sono completamente nuda e sto trotterellando per la stanza come se niente fosse sotto lo sguardo di Justin, mi sento a mio agio.
Mi chiudo poi nel bagno e mi butto sotto la doccia fredda.
Quando esco già vestita e preparata trovo Justin ancora sul letto, col pc sulle gambe ed a malapena il lenzuolo a coprirlo.
Devi stare calma Allyson, calma.
Mi butto sul letto accanto a lui sbirciando sullo schermo del pc cosa combina.
Mi lancia uno sguardo e veloce abbassa lo schermo impedendomi di guardare.
"Impicciona." mi sgrida sorridendo.
Però se sorridi non mi metto mica paura eh.
"Hai qualcosa da nascondere?" lo stuzzico fissando la sua espressione.
Lui alza di nuovo lo schermo per poi chiudere velocemente la pagina.
"Io? Niente." esclama spegnendo il computer.
Una strana sensazione di panico si insidia nel mio corpo.
Cosa faceva che non voleva farmi vedere?
Mi nasconde qualcosa?
Mi alzo stufa di quest'aria che si è andata a formare nella stanza e vado nella cucina del tour bus per prepararmi la colazione.
Guardo di sfuggita l'orologio.
Le dieci.
Ad un tratto sento una canzone provenire dalla stanza da letto.
Cazzo, ma è il mio cellulare.
Corro nella stanza e mi ritrovo Justin nudo col telefono in mano.
D'istinto copro gli occhi.
"Justin, cazzo copriti!" urlo spaventata.
Spaventata poi da cosa?
"Calma, ti stavo portando il cellulare!" si esaspera lui ancora col cellulare in mano.
Apro un pò la mano ed incontro il suo sguardo divertito.
Scoppia a ridere senza contegno.
"Io non ti capisco, abbiamo fatto l'amore e non riesci a guardarmi nudo?" esclama divertito.
Uno strano calore molto familiare invade il mio corpo.
"Oh dai Justin, dammi il telefono." dico sbrigativa lasciando il mio viso libero.
Lui tira indietro la mano mentre le note della mia suoneria riempono il silenzio della stanza.
L'ansia di rispondere mi sta torturando e quell'idiota mi prende per il culo?
"Prima guardami." mi sfida ridacchiando ancora.
Ma cosa vuole?
"Justin non fare l'idiota!"
Se prima ero rossa ora sono praticamente bordeau.
Gli lancio uno sguardo supplichevole e lui mi molla il telefono un secondo prima che finisca di suonare.
"Cazzo Justin, io lo sapevo!" urlo uscendo dalla stanza.
Prendo a smanettare col cellulare per capire chi mi ha chiamato.
Menu - Chiamate perse.
Sbuffo per la lentezza del mio telefono.
Sento poi due braccia avvolgermi i fianchi.
"Sei vestito?" gli chiedo trattenendo una risata.
Si, mi rendo conto che sono ridicola.
Sento la sua risatina dietro di me.
Mi lascia un bacio sul collo.
"Si, sono vestito. Contenta?" domanda pieno di ilarità.
Ridacchio non riuscendo più a trattenermi.
"Si." rispondo mentre il cellulare riprende a suonare tra le mie mani.
"Pronti?" rispondo presa dall'ansia di sapere chi è.
"Viaaaa." sento Justin urlare per poi staccarsi da me.
Ridacchio provando a concentrarmi sulla voce al telefono.
"Allyson?" mi chiama una voce familiare.
"Mamma! Come stai?" esplodo in un urlo di contentezza appena capisco che è lei.
"Sto bene e tu?"
Justin passa davanti a me correndo con un pugno alzato in avanti e l'alto all'indietro, in boxer con la coperta attaccata al collo stile superman.
Trattengo una risata.
"Bene, che mi dici?" rispondo a mia madre dopo un pò.
"Ma che succede?" chiede mia madre preoccupata.
"VIA!" urla ancora Justin correndo.
Scoppio in una risata piegandomi in avanti.
"Allyson?" sento mia madre chiamarmi.
Faccio un respiro profondo.
"Scusa mamma è Justin che fa l'idiota." giustifico il casino.
"Ah, come sta?" chiede incuriosita.
"Male, sta male. E' un idiota." ripeto ridendo.
Lo vedo di nuovo passare e stavolta ha aggiunto anche una pentola sulla testa alla sua 'uniforme'.
Dio mio quel ragazzo è andato di brutto.
"Non hai niente di nuovo da raccontarmi?" chiede con un pizzico di malizia.
Sospiro sapendo a cosa allude.
"Si, mamma stiamo insieme." le confermo i sospetti.
"FINALMENTE!" urla dall'altra parte della cornetta.
Me la immagino mentre salta dal divano in preda alla felicità.
"A quando le nozze?" sento poi mia madre prendermi in giro.
Justin ripassa sotto i miei occhi per l'ennesima volta con il matterello della cucina in mano.
Scoppio a ridere per l'ennesima volta.
"Vabbè, ho capito. Vi lascio al vostro divertimento. Ci sentiamo"
"Ciao mamma." la saluto ancora ridendo.
Premo la cornetta rossa del mio cellulare e lo lascio sul mobile della cucina.
Justin si ferma davanti a me, con ancora quell'uniforme idiota addosso.
"Ma che sei scemo?" esclamo ridendo di gusto.
Lui si avvicina sbbandonando il matterello sul ripiano della cucina.
"Mi preferivi nudo?" chiede provocandomi.
"Per carità no!" urlo ridendo.
Si avvicina con il suo solito sorrisetto stampato sul viso.
Appoggia la sua fronte alla mia lasciando cadere la pentola dalla sua testa.
Acchiappa le mie labbra tra le sue mentre il rumoraccio della pentola riempe lo spazio circostante.
Per un attimo sento il mio stomaco mettere le ali.
"Colazione da Starbucks?" chiede staccandosi di poco.
Annuisco contenta.
"Prima cambiati però." scoppio di nuovo a ridere.
"Perchè? Così non sono figo?" chiede mettendosi addirittura in posa.
"No così sei idiota, su cambiati." dico spingendolo verso la stanza.
"E sono quattro..." dice ricordandomi quante volte l'ho chiamato idiota.
"Facciamo cinque?" dico smettendo di spingerlo.
Sul suo viso si apre un sorriso provocatore.
"Vuoi farmi compagnia mentre mi cambio?" chiede.
"IDIOTA." urlo per poi tornare in cucina.




"La smetti di darmi del cretino?" domanda corrugando la fronte.
"La smetterò quanto tu smetterai di esserlo." ribatto io acchiappando tra le mani la mia ordinazione di starbucks.
Lui sorseggia tranquillo il suo caffè, guardandosi intorno.
Il tempo è peggiorato ed ora piove a dirotto.
"Justin." lo chiamo.
Lui si gira di scatto con ancora la cannuccia tra le labbra, mostrandomi tutta la sua attenzione.
Il suo sguardo furbo si posa su di me e la curiosità prende possesso del suo viso.
"Quando torneremo a casa?" domando in un mormorio.
Ho paura di cosa possa pensare.
Ho paura di sembrare annoiata da tutto questo, quando non è così.
Mi manca soltanto la mia quotidianetà.
Mi manca la mia casa.
"Davvero vuoi saperlo?" mi domanda cacciando una risatina.
Niente di buono suppongo.
Annuisco acchiappando la cannuccia e sorseggiando il mio milkshake.
Justin si gira a guardare il vetro accanto al tavolino che occupiamo.
Faccio lo stesso notando le piccole gocce di pioggia battere forte su di esso.
"Minimo tra tre mesi." mi informa rilasciando un sospiro al contempo.
Sgrano gli occhi sentendo un enorme peso formarsi sullo stomaco.
Altri tre mesi, tre dannatissimi mesi.
Si gira a guardarmi per vedere la mia reazione ed io cancello dal mio volto l'espressione sconvolta.
Nascondo tutto infondo al cuore sostituendolo con un banale sorriso sghembo.
"Capito." mi esce uno squittio tutt'altro che felice.
Justin mi fissa pensieroso.
Tortura la sua cannuccia con i denti, passandosela più volte tra le labbra, mordicchiandola.
Dopo minuti interminabili di silenzio sento il tonfo sordo del bicchiere sul tavolo.
Vedo Justin alzarsi e farmi cenno di andare.
Annuisco piano accorgendomi solo ora che la mia cannuccia è ridotta peggio della sua.
Ci avviamo verso l'uscita e subito sento la sua mano appropiarsi della mia, incrociandovi le dita e tenendola stretta.
Un enorme senso di colpa senza senso mi colpisce costringendomi a guardare a terra.
La paura di aver sbagliato mi tortura lasciando senz'aria i miei polmoni.
Trattengo il respiro senza rendermene conto.
La pioggia si è fermata, come per lasciarci il tempo di tornare al bus sani ed asciutti.
D'improvviso Justin si ferma lasciandomi interdetta.
Acchiappa il mio viso tra le mani puntando quelle perle nocciola nei miei occhi.
"Se vuoi... posso riportarti a casa." mi dice calmo.
In un attimo sento il cuore smettere di battere.
"Che dici?" tuono con voce stridula.
In un attimo mi sento come catapultata fuori da quella vita.
"Di certo a me non fa piacere chiedertelo. Però se vuoi posso farlo." mi spiega.
Faccio cenno con la testa negativamente.
"Non esiste." ripeto più volte.
Lo vedo trattenere un sorriso.
Gli butto le braccia al collo stringendolo quasi possessivamente.
"Ehy." sussurra al mio orecchio.
So che risulta terribilmente infantile e stupido ma in questo momento ho una tremenda paura di perderlo.
Perchè se tornassi a casa finirei per combinare solo casini con le mie telefonate, con le mie continue lagne.
Catapultata fuori dalla sua vita per continuare la mia.
La mia che ormai senza lui risulterebbe vuota.
Che stupida.
Sono arrivata ad amarlo così tanto?
Non posso crederci.
Mi stacco di poco regalandogli un sorriso incerto.
Neanche un secondo che ora è lui a stringermi forte, schiacciando il mio viso nel suo petto che in questo momento somiglia molto al posto che non vorrei mai lasciare.
"Scusami." mormora poi.
"Per cosa? Non è mica colpa tua."
Già non è affatto colpa sua.
La colpa è solo mia e delle mie continue paranoie.
Dannati pensieri che non smettono di torturare la mia mente.
"Tranquillo." gli sussurro sorridendo.
Lui ricambia un pò più sollevato.

Who are you? And what did you do to me?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora