Doncaster; 2006/03/12

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Doncaster; 2006/03/12

Era diventata una relazione tossica.
Anzi, una relazione violenta.
Richard si era mostrato per quello che era: un drogato, alcolizzato, che viveva di sesso e botte.
Ogni notte tornava a casa sbronzo e tormentava Louis. Gli aveva impedito di andare a scuola, l'aveva chiuso in casa e non gli permetteva di uscire.
Non aveva più amici. Era solo.
Solo.
Era diventato tutto esaustivo, e Louis voleva davvero morire.
C'erano giorni in cui quei pensieri lo tormentavano, e non faceva altro che chiedersi quale fosse il metodo più veloce. Faceva ricerche giorno e notte, e aveva capito che l'overdose era quella più sicura.
Richard non se ne sarebbe sicuramente accorto, e allora sarebbe stato libero.

Gli aveva chiesto di comprargli delle medicine, e adesso le stava contando, capendo quanta dovesse ingerirne per morire.
Erano almeno 16 quelle nella sua mano, ma prima di ingoiarle prese il cellulare di Richard, che era svenuto sul divano, e chiamò l'unica persona che gli era rimasta.
Rispose dopo tre squilli. Solitamente non gli rispondeva mai.
-Pronto?- aveva la solita voce dura, pesante, come se stesse sollevando massi interi e fosse stanco.
-Papà?- e lo chiamò con speranza, chiedendogli perdono in silenzio.
-Louis- lo disse con dolcezza quasi. Come se sentirlo non fosse normale, e in fondo non lo era. Non si sentivano da mesi.
-Come stai? Non ci vediamo da tanto- aveva la voce pesante a causa del pianto, e suo padre sospirò.
-Sto bene piccolo, tu come stai? Con Richard va tutto bene?- e Louis voleva piangere. Voleva dirgli che andava tutto male, che lo toccava nel modo sbagliato. Che non voleva un figlio, ma un giocattolo con cui poter divertirsi.
Ma gli disse che andava tutto bene, che Richard gli voleva bene a modo suo, e che a lui stava bene così.

Poi ci furono attimi di silenzio.
-Mi hai cercato in questi giorni- e non era una domanda quella dell'uomo, ma un'affermazione -Nei tuoi pensieri, mi cercavi-
-Ti ho sempre cercato, pa'- l'uomo sospirò.
-Mi dispiace di essere un pessimo padre- tirò su col naso e Louis iniziò a tremare quando gli parlò in quel modo -Vorrei essere migliore, Louis. Lo giuro, ma non riesco- e lo sentì singhiozzare, e in quel momento Louis si chiese cosa non andasse in lui.
Un figlio dovrebbe migliorare i propri genitori, ma lui li aveva reso peggiori.
Forse perché lui era sbagliato. Lo trattavano tutti come se lo fosse.

-Puoi venirmi a prendere?- fu una richiesta disperata, ma sperava gli dicesse che stava arrivando. Sperava gli dicesse che lo voleva con sé.
-Starai meglio con Richard. Lui ti vuole sicuramente più bene di me-
"Non è così papà" pensò "Richard non mi vuole più bene di te".
-Okay- sospirò, per poi guardare un'altra volta le pillole nella sua mano.
-Okay- disse di nuovo l'uomo.
-Ti voglio bene, comunque- disse Louis -Nel caso non lo sapessi. Ti voglio bene anche se mi hai fatto male, perché sei mio padre. E ti amo come tale- scivolò per terra e poggiò la testa contro le mattonelle del bagno.
-Anche io ti voglio bene, Lou. E capisco di non essere buono per te, per questo ti lascio andare-
-Quindi, quando si fa male a chi si ama, lo si deve lasciare andare?- chiese il ragazzo.
-È sicuramente la scelta più saggia- poi non parlarono più. Louis riattaccò e iniziò a piangere.

Aveva la sua morte tra le mani e non si decideva a prenderla.
Poi lo sentì arrivare, e in un colpo di paura le infilò tutte in bocca.
Richard arrivò mentre ne ingeriva alcune.
-Che cazzo stai facendo?- aveva le pupille completamente dilatate, il passo pesante e un coltello tra le mani.
Lo guardò e finì di ingurgitare le pillole.
-Niente- sussurrò, poi si alzò.
-Vieni qua- lo prese per i capelli e lo fece alzare. A Louis iniziava già a girare la testa.
Con le ultime forze rimaste scappò dalla presa di Richard, e mentre correva giù dalle scale ricordò ogni abuso.
Ricordò il viso di ogni amico di Richard che, a volte, gli faceva compagnia nel letto, privandolo della sua umanità.
Ne ricordò ogni tratto e tremò mentre aprì la porta, corse verso la strada e poi, mentre una luce lo abbagliava, sentì qualcosa alla base della schiena. Un dolore lancinante, che insieme alle pastiglie lo avevano stremato.
Le luci rallentarono, ma qualcosa di caldo gli riempì la maglia e i pantaloni.

"Sto morendo" pensò "Finalmente sono libero" poi delle voci.
Arrivarono ovattate al suo orecchio, e quando chiuse gli occhi vide solamente il viso di sua madre.

-Vieni amore- gli disse -Abbraccia la mamma- e lui le corse incontro, sorridendole mentre tentava di fuggire dalla realtà.

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