Doncaster; 20/05/2008

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Doncaster; 20/05/2008

Louis si era spostato nuovamente di casa. Richard questa volta lo aveva portato al suo vecchio appartamento, e Louis, per quanto ne fosse felice, da un lato lo odiava.
Casa sua era l'unico posto dove aveva ancora ricordi felici con sua madre, e tra poco l'avrebbe macchiata del suo peccato. L'avrebbe resa sporca, brutta e indecente, proprio come lui.
Il cuore si strinse quando, entrando, non sentì l'odore di sua mamma, o non vedendo le scarpe di suo padre vicino l'uscio.
La casa era totalmente vuota, se non per qualche fantasma passato che si rannicchiava in angoli bui.
I ricordi erano sempre così vividi in quei momenti che a Louis sembravano quasi tangibili.
Richard gli mise una mano sulla spalla e lo spinse dentro con forza, facendo barcollare Louis, che era quasi privo di forze da qualche settimana.

-Avanti- gli disse l'uomo, borbottando qualcos'altro che Louis non colse. Fece due passi dentro la casa, ma guaì di dolore quando i suoi capelli furono tirati con rabbia.
-Ti sto parlando!- aveva la bocca vicino alla sua guancia e Louis sentiva la puzza d'alcol fino a lì.
-Scusa- disse subito, ma questo non gli risparmiò un pugno sulla schiena, che gli fece mancare totalmente il respiro.
-Devi essere pronto tra cinque minuti, sono chiaro?- Louis boccheggiava e mugolò un sì abbastanza debole. Provò a prendere ancora aria ma sentiva tutto bloccato; il cuore gli scoppiava nelle orecchie e voleva davvero piangere. Ma non lo fece. Non lo faceva da tempo.

Camminò barcollante fino a camera sua, salendo lentamente le scale e trasalendo quando, aprendo la porta, notò che era ancora tutto al suo posto. Non era stato cambiato nulla: le sue carte dei pokemon, i suoi libri, la PlayStation e le cartacce delle merendine che non aveva buttato. Era tutto lì.
Si sedette sul letto e si stiracchiò un po'.
Annusò l'aria che lo circondava, ma non era rimasto niente della sua vecchia vita. Ormai era cresciuto e il suo passato era solamente un ricordo.
Gli stava crescendo la barba, era leggermente più alto e la sua voce era cambiata. Aveva 17 anni, quell'anno doveva compierne 18, era quasi un uomo.
Si sedette sulla moquette grigia e tastò con un semplice tocco la morbidezza e la familiarità che lo stavano circondando.

Poggiò la testa contro il letto, poi sospirò e cominciò a spogliarsi.
Dunque si tolse la maglia, poi i pantaloni e infine le mutande. Rimase nudo, per terra, e si strinse tra le sue stesse braccia, trovando conforto in un abbraccio che aspettava da tempo. Era così magro che sentiva le costole toccare le sue cosce come se non fossero rivestite dalla pelle. Mise i gomiti sulle ginocchia e nascose la testa tra le braccia, respirando profondamente e cercando di non cadere nella trappola un'altra volta. Se si fosse lasciato andare, sapeva che non sarebbe più tornato indietro.
Dentro di lui c'era troppo buio per addentrarsi nella paura. Non poteva farlo, lo doveva a sua madre.
Doveva vivere per entrambi, e allora lo stava facendo. Stava vivendo. O meglio, stava lasciando che il tempo passasse, e che lui crescesse senza mai vivere veramente.

Sentì bussare alla porta e si irrigidì subito. Si alzò di scatto e si mise dritto. Sentì una fitta alla schiena a causa della posizione scomoda di prima e guaì di dolore.
Poi la porta si aprì e Louis fu pronto a lasciarsi andare ad un altro cliente.
L'uomo che entrò era più grosso del solito. Le sue spalle erano larghe e i bicipiti erano così muscolosi che Louis li vide anche oltre il maglione di lana.
Ingoiò un po' d'aria e si mise sul letto, chiedendosi di avvicinarsi con un semplice gesto di mano.
L'uomo, mentre entrava, si spogliava.
La porta rimase socchiusa per tutto il tempo, e il ragazzo sapeva che Richard avrebbe sentito tutto: le loro pelli a contatto, gli ansimi, le urla. Avrebbe sentito quanto sporco potesse essere e ne sarebbe andato fiero, perché riuscì a creare la miglior macchina; il lavoratore perfetto.
Quando finirono Louis ne uscì distrutto.
La forza con cui lo prese, la rabbia delle spinte e delle botte...era troppo.
Le sue ossa erano così indolenzite che anche un solo movimento lo faceva gemere di dolore.
Si sedette con la prospettiva di vestirsi, di prendere la maglia da terra e indossarla, ma un altro uomo si fece avanti, e lui fu nuovamente pronto ad accoglierlo.

Con le gambe larghe e le ginocchia che ancora tremavano, si lasciò possedere ripetutamente da diversi clienti, non lamentandosi nemmeno un secondo; perché lo merita.
Sapeva di meritarlo, e dunque stava zitto.
In quei momenti ripensava alla scuola e al suo insegnate di filosofia.
-Schopenhauer sosteneva che ad ognuno viene inflitto il dolore che merita- allora Louis prendeva quel dolore, lo incassava con forza e, infine, cadeva nello sconforto più totale, perché se Schopenhauer aveva ragione, allora lui doveva proprio essere una persona orribile.

Alla fine della giornata, quando Richard gli disse che aveva terminato per quel giorno, Louis si promise che, compiuti i 18 anni, sarebbe andato via.
Sarebbe uscito da quella porta e non sarebbe più tornato a Doncaster. Non avrebbe lasciato che lo sfiorassero nuovamente con un dito.
Sarebbe diventato un adulto pieno di valori, di diritti e avrebbe svolto i doveri più comuni, senza doversi sentire mai più in quel modo.

Non disse mai a Richard cosa pensasse quando guardava assorto fuori dalla finestra. Non si lasciò sfuggire nessun dettaglio neanche quando lo picchiava contro al muro e poi faceva sesso con lui sempre in quel modo violento.
Non bastarono le percosse, i pugni e le cinghiate a farlo parlare. Era stato in silenzio per tutto quel tempo, sarebbe riuscito a mantenere un ulteriore segreto per sé.

Sarebbe andato via. Mancava pochissimo.

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