White Hart Line; 2012/01/19

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White Hart Line; 2012/02/19

Eravamo di nuovo dove ci eravamo lasciati.
Stesso tavolino, stessa ansia e stessa paura.
Louis era lì, mi guardava, e io non riuscivo più a vederlo veramente.
Era un fantasma. Si avvicinava zoppicando al nostro tavolo e mi guardava con aria incerta, come se volesse che io non ci fossi, che non lo vedessi per com'era realmente.
-Ei- guardava le sue mani e notai i lividi sulle nocche.
Lo stavano uccidendo lì dentro, e lui non stava facendo nulla per scappare -Louis- lo richiamai, notando che non mi guardava.

Mi aspettavo una risposta, invece scoppiò a piangere.
-Non ce la faccio più- singhiozzò -Voglio andare a casa, Harry- mise i palmi davanti agli occhi e si strofinò forte la pelle.
-Piccolo...-
-È colpa sua- sussurrò -Mi ha rovinato la vita, ma io non ho fatto niente per impedirglielo!- continuava a piangere e io cercai di avvicinarmi di più a lui.
-Lou, va tutto bene...-
-No che non va tutto bene!- stese le braccia sul tavolo e mi guardò con rabbia e tristezza mista a dolore -Mi chiamano assassino. Mi odiano tutti perché ho ucciso delle persone che avevano sulle loro mani il sangue di migliaia di bambini!-
-Lou- gli presi le mani -Non sei cattivo, okay?-
-Allora perché tutti continuano a vedermi come il nemico? Come quello da fare fuori? Io volevo essere l'eroe di questa storia, ma nessuno sembra in grado di parlare!- singhiozzò e il suo viso era così rosso che credetti non stesse respirando.

-Devi andare via di qui- gli dissi.
-Ma ci dovrò stare tutta la vita- poggiò il petto sul tavolino e si abbandonò alla pesantezza della gravità. Era schiacciato tra il senso di colpa e il dolore.
-Hai parlato con qualcuno?- gli chiesi, cercando di cambiare discorso.
-Uno psichiatra. Vogliono chiudermi da qualche parte- fissava le nostre mani e sospirai quando mi accarezzò il dorso della mano con i pollici.
-E che ti ha detto?-
-Che mi servono medicine. Sono pazzo-
-Non gli hai detto quello che ti hanno fatto?-
-Non me l'ha chiesto. Non me l'hanno mai chiesto- disse, e io strabuzzai gli occhi.
-Louis, devi dire cosa ti hanno fatto- ma lui scosse la testa, come se fosse impensabile essere sinceri -Non puoi scuotere la testa. Si tratta della tua vita...-
-Non è vita questa, Harry- mi disse -Non ho mai vissuta veramente la mia vita. E se gli altri non provano a capirmi, chi sono io per convincerli?- assottigliai gli occhi e lui sospirò, mostrandomi il suo stato d'animo sospeso nel panico.
-Ma non è colpa tua- lui mi sorrise appena.

-Sono diventato come loro- sussurrò -Loro mi hanno ucciso, e poi l'ho fatto io. Ho ucciso, Harry-
-Avevi paura- dissi.
-Non è una scusa- sostenne -tutto quello che è successo, è successo perché lo merito. Vedi? Sono una persona orribile. Loro hanno creato questa...cosa- odiai il modo in cui parlava di se stesso, perché si vedeva proprio come lo vedevamo loro. Una nullità. Era niente. Solo un mostro.
-Louis, smettila- lo pregai.
-Sono quel ragazzino che hanno venduto a chiunque, Harry. Sono ancora lui. Rimarrò per sempre tale, non importa quanti anni mi allontanino da Richard e dal mio lavoro. Sono e rimarrò sempre un ragazzo senza il controllo di se stesso- lasciò le mie mani e mi sentii così scombussolato.
Non era il mio Louis, quello.
Non lo era.

-Sai, a volte credo che tu sia un girasole che è nato dal dolore. Altre volte credo che tu sia direttamente il sole, e che ogni girasole che nasce dalle tue lacrime lo vedi solamente come un ricordo alle tue colpe. Tu non trovi il bello, Louis. Tu trovi l'errore nel bello.
Questa storia di cui parli tanto ti rende onore, perché sai che quello che nasce dalle lacrime è magnifico, eppure ti uccidi pur di evitarli.
Che ti è successo? Dov'è il mio bellissimo ragazzo?- strinse le labbra e notai i suoi occhi dipingersi del cielo. Erano così chiari che credetti che tutte le lacrime gli avessero portato via il loro colore.
-Non è mai esistito- ma gli presi i polsi e li portai alle labbra, baciandoli.
-Non dire scemenze. Torna da me, bimbo-
-Non chiamarmi così- piagnucolò -Loro mi chiamavano così- sospirai.
-Ridammi il mio bellissimo ragazzo-

-Non posso- disse -Non lo trovo più. Non so dove sia andato-
-È da qualche parte dentro di te Lou, e io ho bisogno di lui così tanto. Puoi dirgli di tornare? Puoi dirgli che voglio sapere il suo passato da lui?- mi morsi il labbro inferiore, poi presi un respiro -Puoi dirgli che mi dispiace? E puoi dirgli che lo amo? Soprattutto questo. Digli che lo amo- sentivo le guance accaldarsi -Digli che vivo per lui e voglio che lui torni a vivere per me, perché il nostro amore è troppo forte per essere spento in questo modo. Puoi dirglielo?- gli chiesi, e lui annuì.
-Dice che ti ama anche lui, e che gli dispiace- mi rispose e entrambi ci ritrovammo a piangere -E dice che vorrebbe raccontarti davvero tanto del suo passato, ma ha paura che tu inizierai a guardarlo con disprezzo-
-Non potrei mai- dissi e lui sospirò -Non potrei mai guardare in quel modo il mio ragazzo bellissimo- gli sorrisi per rassicurarlo, e quando lui fece altrettanto mi sedetti più comodo.

-Va tutto bene?- gli chiesi.
-Sì- mi rispose, ma riuscivo ancora a vedere il suo cuore a pezzi. Mi aveva detto che andava tutto bene, ma non mi aveva detto che non faceva male.
Tutto stava nelle domande che gli ponevo. Dovevo centrare il punto, perché lui non avrebbe mai detto una parola in più.
Accarezzai il suo piede con il mio e lui mi sorrise.
Si prese di coraggio e iniziò a raccontare.
Mi parlò dei suoi primi clienti.
Fu schietto, sincero. Indossò una maschera in quel momento, ma i suoi occhi erano pieni di ricordi che gli offuscavano i sentimenti. Osservai l'azzurro divenire tempesta e le sue labbra piegarsi in un richiamo d'aiuto silenzioso mentre esprimeva tutto l'odio che provava per quella gente.
-Sai Harry- mi disse -Se avessi un bambino, gli chiederei scusa perché gli è capitato questo padre orribile- e prima che potessi dirgli qualcosa, continuò -ma sicuramente non gli farei mai passare ciò che ho dovuto affrontare io. Di questo ne sono certo. Non sono così orribile. Non sono riusciti a creare del tutto il mostro che volevano- allora sorrisi, perché c'era ancora speranza.

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