Capitolo 15

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Was a time when I wasn't sure

But you set my mind at ease

There is no doubt you're in my heart now

Patience, Guns N' Roses

Mercoledì

Che ci crediate o no, Teseo non aveva ancora messo piede in casa mia.

Era stato al bar, nel magazzino, ma non aveva mai oltrepassato la soglia della mia piccola abitazione, tanto meno quella della mia camera.

Quel mercoledì, però, decisi di essere intraprendente e di invitarlo a pranzo.

Eravamo fuori dal cancello della mia scuola e Teseo era venuto a prendermi come sempre. Quel giorno fui io a prendergli la mano e a suggerire di passare del tempo insieme... a casa mia.

Quando glielo chiesi, sembrò sprizzare contentezza da tutti i pori e accettò veemente.

Mi sentii orgogliosa di aver fatto qualcosa che lo rendesse felice e desiderai farlo ancora.

Arrivammo al bar dieci minuti dopo e chiacchierando lo condussi in casa dall'entrata sul retro.

Appena aprii la porta, immaginai che giudicasse la mia abitazione come piccola, non troppo pretenziosa, ma molto accogliente.

Ero preoccupata che per lui fosse troppo provinciale, ma provai immediatamente sollievo quando mi disse che gli piaceva, anzi che l'adorava. Eppure, mi sentii in pena per lui quando affermò: «Questa sì che sembra una casa in cui ci vive effettivamente qualcuno, non come la mia, che - se non fosse per Bianca - apparirebbe fredda e senza luce».

Superai il salotto, di cui Teseo assorbì ogni dettaglio - i due divanetti rossi, il televisore non troppo grande, il tavolino di vetro, le pareti di un giallo pallido -, e lo guidai nella mia piccola - ma molto piccola - cucina.

In casa non c'era ancora nessuno, erano tutti al bar, ma più tardi sarebbero arrivati tutti.

«Cosa ti va di mangiare?», chiesi a Teseo, ancora imbambolato sull'uscio, intendo a fissare le calamite sul frigorifero.

«Qualunque cosa ci sia», disse. «Non ho gusti particolarmente raffinati».

Finalmente, si riscosse dal suo incanto e si avvicinò, aiutandomi ad infilare il mio grembiule. Le sue mani da pianista, con le dita lunghe e affusolate, praticarono un nodo, non troppo stretto, all'altezza della mia vita.

Sentii il suo respiro sul collo, le mani che mi sfioravano i fianchi dopo aver fissato il groppo.

Mi tremavano le ginocchia. Se non mi fossi retta al bancone, sarei caduta, facendo la figura dell'imbranata.

«Ne dubito, ma apprezzo che tu l'abbia detto», dissi.

Non mi scostai, non ancora.

«Una piadina ti va bene?»

Neanche lui si allontanò.

«Certo», sussurrò al mio orecchio.

Se questo era il suo piano per sedurmi, stava indubbiamente facendo un ottimo lavoro.

«Con che cosa la vorresti farcire?»

Mi staccai per andare ad aprire il frigorifero e immediatamente sentii freddo. Ma la causa non era quest'ultimo, ma l'assenza della figura di Teseo contro la mia schiena.

How to charm Micol Esposito [Trilogia How To #1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora