Correva un tempo, quando ancora gli Dei portavano i loro nomi greci e le persone erano governate da re e regine, in cui la vita dei cittadini di un regno chiamato Plantea, situato in un angolo sperduto della Grecia antica, era fortemente minacciata da un'epidemia. La prima vittima fu un umile mercante che fu ritrovato disteso nel suo letto. Il suo corpo era irriconoscibile: la pelle era completamente nera e raggrinzita, come se il mercante fosse stato bruciato vivo, e la posizione tutta contorta facevano pensare che avesse sofferto molto nelle sue ultime ore di vita.
Ma ecco che un uomo di scienza aveva visitato il cadavere più da vicino e aveva constatato che la pelle non era stata bruciata, aveva solo, a sentire le sue parole, "cambiato colore". Inizia dunque con questo fatto inusuale il nostro mistero, che allora incuriosiva molto più le comari del regno rispetto ai nobili del castello. Vari testimoni (e per "testimoni" intendo coloro che lo conoscevano) dissero (e per "dissero" intendo voci di corridoio raccontate di zitella in zitella il giorno del bucato) che l'uomo si era dato malato una trentina di giorni prima che il suo cadavere fosse ritrovato. Il mercante fu sepolto fuori città e la sua storia rimase a lungo oggetto di discussione tra i cittadini di Plantea, che si dimostrarono molto più curiosi che dispiaciuti per la sorte del pover'uomo.
In seguito, molte altre persone si allarmarono vedendo le loro dita di mani e piedi tingersi di nero. Si constatò che si trattava di un'infezione che partiva dalle punte più estreme del corpo, come appunto le dita, e si diramava ogni giorno sempre di più, prosciugando man mano linfa vitale alle vittime. Vari metodi furono adottati: erbe magiche, tisane dalle proprietà mistiche, pozioni lavorate dagli stregoni più abili, oppure, per i più disperati, l'amputazione. Nessuno di questi rimedi servì e di lì a trenta giorni, tutti gli infetti morirono con la pelle nera come il carbone.
La corte chiuse ben presto i suoi battenti e si isolò nella speranza di proteggersi dall'epidemia che si faceva largo tra i cittadini di Plantea. Purtroppo, però isolarsi non funzionò: la malattia entrò a corte e prese la vita di uno dei sudditi del re. Arrivati a questo punto, re Bisante, che, nonostante la tarda età, non aveva mai visto un'epidemia del genere, decise allora di agire mandando un emissario all'Oracolo di Delfi in cerca di un aiuto divino.
Pochi giorni dopo, il messaggero fece ritorno a corte con delle pessime notizie. A quanto pare, alcuni mesi prima, il re, preso da un eccesso di golosità (a cui si concedeva spesso a giudicare dalla elevata taglia della sua pancia), durante il suo ultimo banchetto reale aveva dimenticato di offrire un sacrificio al Dio Apollo e l'epidemia non era altro che una punizione divina. Apollo, che tra le altre cose era anche il Dio delle malattie, aveva scagliato una delle sue frecce divine sulla città. I cittadini ignari avevano dunque iniziato ad ammalarsi e a morire a causa di una dimenticanza da parte di Bisante.
Re Bisante era disperato, pregava e piangeva, piangeva e pregava. Implorava perdono al Dio con le lacrime che gli bagnavano il triste volto paffuto. Apollo dovette sentire le sue preghiere e dovette provare un po' di pietà per quell'uomo perché una notte gli apparve in sogno. Gli disse che la città poteva redimersi ad una sola condizione: qualcuno dal cuore sufficientemente puro doveva recarsi in una grotta che si situava da qualche parte tra le montagne del Nord e doveva recuperare la sua preziosa lira magica. Se le corde dello strumento fossero state pizzicate all'interno del regno, l'epidemia sarebbe stata debellata.
Purtroppo, però, per raggiungere la grotta era necessario attraversare un insidioso bosco pieno di trappole e di creature mostruose. Perciò Bisante mandò i suoi migliori guerrieri a cercare la lira, ma nessuno di loro fece ritorno. Intanto le infezioni aumentavano e le persone continuavano a morire, tant'è che arrivò perfino il triste giorno in cui il sacerdote della città si ammalò. Il suo compito era quello di comunicare con gli Dei perché ritenuto essere l'uomo più umile di Plantea. Il suo nome era Smarrante e la sua infezione spaventò l'intera popolazione, perché nessuno avrebbe mai potuto pensare che l'uomo più vicino agli Dei di tutto il regno potesse mai subire i malanni di una maledizione divina.
L'infezione del sacerdote Smarrante non sollevò molto dispiace a re Bisante per due ragioni in particolare: la prima riguardava alcune divergenze avvenute un paio d'anni prima tra i due signori per questioni politiche e religiose con cui non vi annoierò e la seconda ragione riguardava il fatto che nello stesso periodo in cui Smarrante si ammalò, anche la figlia di re Bisante iniziò a mostrare i primi sintomi della malattia; perciò, tutta la sua attenzione venne assorbita verso di lei. La principessa Filomena era una giovane donna, promessa in sposa a suo cugino, principe Soccante del regno di Animalia. Re Bisante perse il senno quando la sua unica figlia si ammalò e decise di mandare tutto il regno, dal più umile dei contadini, al più importante dei nobili, alla ricerca della lira. Ruppe dunque la promessa di matrimonio tra Filomena e Soccante, convocò tutta la popolazione del regno di Plantea in piazza e, spiegata loro la situazione, promise la mano di sua figlia a chiunque gli avrebbe riportato la lira.
La voce girò in fretta e ben presto la maggior parte della popolazione di Plantea partì per la missione. Soccante, il principe promesso in sposo a Filomena, dal canto suo non prese molto bene questa novità. Fece una sfuriata con suo padre, il re di Animalia, il fratello di re Bisante, ma non servì a nulla. Non era pronto a rinunciare alla mano della sua amata principessa; perciò, radunò i suoi migliori guerrieri e partì anche lui per la spedizione.
Ma la bellezza di Filomena non era nota solo ai cittadini del regno di Plantea, anche ad Animalia la conoscevano bene; perciò, non passò molto tempo che perfino il regno vicino si ritrovò prosciugato di uomini. Eccoci quindi arrivati all'inizio della storia, nel momento in cui i nostri eroi sono pronti a partire per una spedizione di trenta giorni, alla ricerca di una lira magica, per ottenere la mano di una principessa e per redimere il regno di Plantea dalla maledizione di Apollo.
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La lira di Apollo
FantasyUna principessa in pericolo, un antagonista malvagio, un improbabile eroe e un avventuroso viaggio in una foresta maledetta. Sembra l'inizio di una fiaba per bambini, vero? Beh, ricredetevi perché questo racconto non è una fiaba e di certo non va ra...