Capitolo 11

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Guidato in tutta sicurezza da Ambrosio, Neofante viaggiò verso Nord per diversi giorni senza incontrare altri intoppi. I due amici si rimisero abbastanza in fretta dallo spiacevole episodio al fiume e per la maggior parte del tempo cantavano e suonavano insieme, dolcemente seguiti dalla natura stessa, che entrava in armonia con le melodie suonate dal satiro. Si può dire che in confronto agli altri nostri eroi, Neofante e Ambrosio se la stessero cavando piuttosto bene. Purtroppo, però, ogni favola ha i suoi momenti bui e loro stavano giusto giusto per viverne uno.
Una mattina ripresero il loro cammino all'alba, ma dopo un paio d'ore, si ritrovarono davanti ad un vicolo cieco.
"Cosa ci fa un muro qui?" domandò Neofante al suo amico.
"Non ne ho idea" Ammise Ambrosio, stupefatto.
"Mi era sembrato di capire che conoscevate bene questi boschi" ribatté l'altro.
"Infatti, e ti dico che questo muro non c'è mai stato."
I due compagni si guardarono intorno, il muro si estendeva a perdita d'occhio sia verso Est che verso Ovest.
"Da che parte andiamo ora?" chiese Neofante, allarmato.
Ambrosio alzò le spalle come se il problema non lo toccasse e si avviò verso Ovest.
"Sapete dove stiamo andando vero?"
"Direi di no" rispose il satiro, allegramente.
"Allora perché ci stiamo dirigendo da questa parte?"
"Vuoi andare verso Est?"
"Io... non lo so" ammise Neofante.
"Allora andiamo di qua" concluse il satiro, e il suo amico non potè fare altro che seguirlo.
Al di là dell'alto muro, ad una distanza di circa mezza giornata di cammino, Neofante poteva scorgere le montagne. Erano così maestose e gigantesche da incutere timore e il ragazzo ne era esterrefatto perché, non le aveva mai viste così da vicino.
Il muro sembrava estendersi all'infinito verso Est e i due amici camminarono per ore finché non incapparono in un grande portone scavato nella pietra. Era fatto di legno massiccio ed era altissimo, proprio come il muro. Una scritta d'oro dipinta sul portone recitava:
IL LABIRINTO DI DEDALO
"Entriamo?" chiese il satiro.
"No! non sapete leggere per caso? Questo è il labirinto di Dedalo!" esclamò Neofante, rabbrividendo.
"In effetti non ho mai imparato a leggere, ma non ti preoccupare, ho un senso dell'orientamento impeccabile, non ci perderemo in questo labirinto."
"Non mi preoccupa tanto il fatto di perderci, quanto la creatura che ci abita."
Neofante vide che Ambrosio sembrava confuso, perciò aggiunse:
"Sto parlando del Minotauro, ovviamente" Il satiro fece spallucce come se quell'informazione non gli facesse né caldo né freddo "avete certamente presente, no? Quella creatura per metà uomo e per metà toro che divorava ragazzi e che Teseo uccise."
"Se questo Teseo l'ha ucciso, noi di cosa ci preoccupiamo?" chiese Ambrosio.
"Non mi sorprenderebbe scoprire che chiunque abbia messo qui questo labirinto conosca anche qualche trucchetto per ridare vita ai mostri" commentò Neofante.
"Sai, qui nel bosco gira voce che un ladro una volta rubò la torre di un palazzo di un re senza che lui se ne accorgesse" disse Ambrosio, ridacchiando.
"Questa è una cosa impossibile temo" rispose Neofante, guardando il grande portone che si ergeva davanti a loro "penso che sia stato Apollo a metterlo qui."
"Come lo sai?"
"Sembra logico pensare che abbia messo delle trappole da superare per riuscire a trovare la lira. Infondo è stato lui a dire che solo qualcuno dal cuore sufficientemente puro avrebbe potuto recuperare lo strumento. Penso che sia una specie di prova per vedere se ne siamo degni."
"Pensi che Apollo abbia nascosto la lira nel labirinto e che ci abbia messo un uomo mezzo toro di guardia?" chiese Ambrosio, poco convinto.
"Dico che è una possibilità e mi sembra più plausibile di un tizio che ruba un labirinto per metterlo qui" rispose Neofante.
"Dunque entriamo?" i due amici si guardarono senza sapere cosa fare.
Quando era partito per quella missione, lo scopo di Neofante non era recuperare la lira, o almeno non del tutto. Lo aveva sognato certo, ma non aveva davvero creduto di poterla trovare visto che centinaia di altre persone erano partite per lo stesso motivo. Lui cercava semplicemente un po' di ispirazione per non perdere il suo lavoro di musicante a corte. Grazie a Ambrosio, Neofante era riuscito a schivare quasi tutti i pericoli di quella foresta, ma ora che si trovava davanti al labirinto, sentiva come se quella bolla di protezione conferitogli finora dall'amico fosse esplosa. Se fossero entrati si sarebbero mossi alla cieca e sarebbero probabilmente morti entrambi, infondo nessuno dei due era un guerriero o un avventuriero, se avessero incontrato un pericolo sarebbero probabilmente periti entrambi nel tentativo di scappare.
D'altro canto, però, Neofante aveva lavorato tutta la vita con la musica e la sola idea di poter trovare lo strumento musicale più potente dell'universo lo attraeva come mai nulla prima d'ora. Lui sapeva di essere molto vicino alla lira perché ne sentiva quasi il potere. In un qualche modo percepiva che per trovarla doveva assolutamente attraversare il labirinto.
"Va bene" disse infine "andiamo."
Ambrosio afferrò i battenti del portone e li spinse.
"La porta" disse "è bloccata."
"Come?" esclamò Neofante, incredulo.
Il satiro ridacchiò divertito.
"Sto scherzando, andiamo." L'altro sbuffò infastidito e insieme varcarono la soglia.
Il portone si chiuse alle loro spalle con un cigolio sinistro. Alte mura di pietra creavano intricati corridoi che si districavano in tutte le direzioni. I due amici non riuscivano a scorgere la fine di nessuno di quei passaggi perché ovunque guardassero c'erano nebbia alta e fitte ombre causate dai muri.
"Da che parte andiamo?" chiese Neofante.
"Direi di prendere questo, mi sembra diretto verso Nord" propose Ambrosio e quello fu il corridoio che imboccarono.
L'unico rumore che si sentiva era il riecheggiare degli zoccoli del satiro sulla pietra. Ad ogni bivio cercavano di mantenere la rotta verso Nord: a volte si trovavano in vicoli ciechi e dovevano tornare indietro per prendere un'altra strada, altre volte invece sentivano rumori inquietanti che li convincevano a imboccare altri corridoi. Spesero così il resto della giornata a girare e rigirare per il tenebroso labirinto, finché, a sera inoltrata, non si trovarono in un corridoio diverso dagli altri.
Era disseminato di grandi sfere bianche dalla consistenza molliccia.
"Che cosa sono?" chiese Neofante, avvicinandosi a una delle sfere.
"Sembrano uova un qualche insetto gigantesco" disse Ambrosio, analizzandole da vicino "nel bosco se ne trovano molte in giro, potrebbero appartenere a mosche, formiche, ragni, ..."
"I ragni non sono insetti" gli fece notare Neofante "sono frutto di una punizione della Dea Atena."
"A volte sembri proprio un libro di storia amico mio" scherzò il satiro.
All'improvviso però, qualcosa di molto pesante cadde a terra alle loro spalle con un tonfo sordo che fece tremare le mura del labirinto. I due amici si girarono appena in tempo prima che un grosso pungiglione calasse verso di loro come una saetta. Lo schivarono per un pelo, buttandosi a terra e il pungiglione finì col lacerare un grosso uovo che si trovava alle loro spalle. Neofante e Ambrosio sentirono una sostanza gelatinosa colare loro addosso e bagnarli fino al midollo.
"Che schifo!" esclamò il satiro.
"Scappiamo, ora!" ribatté Neofante, prendendo l'amico di peso e costringendolo a rialzarsi.
I due si misero a correre a perdifiato, mentre il mostro cercava di liberare il suo pungiglione, che era rimasto intrappolato nell'uovo molliccio. D'un tratto Neofante ebbe un'idea, afferrò Ambrosio per un braccio e lo trascinò dietro un altro grande uovo.
"Quello era..." ansimò il satiro.
"...uno scorpione" aggiunse Neofante.
"Perché ci siamo fermati? Ci starà sicuramente cercando e se rimaniamo qui ci troverà" infatti, i due amici sentirono dei passi veloci e rumorosi muoversi nella loro direzione.
"Ho avuto un'idea, ma dovete fidarvi di me" disse Neofante.
"Non mi sembra di avere molta scelta" commentò l'altro, sarcastico.
Neofante prese il coltello che aveva appeso alla cinta e con un colpo secco lacerò orizzontalmente l'uovo dietro cui si erano nascosti i due amici.
"Per Zeus, ma che cosa stai facendo?"
Parte del liquido che c'era all'interno dell'uovo si riversò ai loro piedi, Neofante afferrò l'amico e lo spinse dentro l'apertura che aveva intagliato.
"Entrate" gli ordinò.
Sentendo i passi dello scorpione avvicinarsi sempre di più, il satiro obbedì senza protestare e Neofante lo seguì. I due erano immersi fino alla vita dentro una gelatinosa poltiglia semi trasparente. Il fetore all'interno era terribile, ma nessuno dei due osò aprir bocca per lamentarsi.
"Cosa dovremmo fare adesso?" sussurrò Ambrosio, che si stava tappando il naso con una mano.
La verità era che Neofante non sapeva cosa avrebbero dovuto fare ora. Aveva pensato a nascondersi, ma non aveva pensato a come scappare. Per dirla tutta, non era nemmeno sicuro che quello fosse un buon nascondiglio. Le gambe gli tremavano per la paura e si chiese quanto ancora le sue ginocchia avrebbero retto.
"Stiamo in silenzio" rispose con una voce di una nota più alta del normale.
Dall'interno dell'uovo, i due amici video una gigantesca ombra passare e fermarsi proprio di fronte a loro. Neofante la guardò inorridito, chiedendosi se il mostro sapesse che erano lì. Sentirono le chele schioccare nervosamente, poi lo scorpione ringhiò, se di ringhio si può parlare per gli scorpioni, e se ne andò.
"Se n'è andato" mormorò Neofante alcuni minuti dopo, uscendo dall'uovo "vieni."
Neofante lo seguì, si diedero un'occhiata in giro per essere sicuri che fossero soli, poi scapparono a gambe levate nella direzione opposta rispetto a quella che aveva preso lo scorpione. Raggiunsero un bivio e si buttarono a capofitto in un altro corridoio, senza guardare in che direzione conducesse quest'ultimo. Corsero a lungo, svoltando per i vari corridoi, senza curarsi di dove stessero andando, perché per loro la cosa più importante era di allontanarsi il più possibile da quel mostro.
Corsero a lungo e a perdifiato. A fermare la loro folle corsa fu una cosa terribile, una cosa che fece rimpiangere loro di non essere rimasti con lo scorpione gigante. I due amici sentirono un verso diabolico elevarsi nella notte e, pallidi in volto, si scambiarono un'occhiata spaventata.
"Quella sembrava..."
"...una mucca."
"Il Minotauro." Sussurrò Neofante, in preda al terrore.
"Sembrava fosse qui vicino" disse Ambrosio, a cui era venuta la pelle d'oca.

La lira di ApolloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora