Capitolo 40

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Vediamo però di far luce su alcuni eventi che avvennero a Plantea prima che Soccante arrivasse, subito dopo che Bisante e i nobili ebbero avuto il loro colloquio con Dimitrea. Dovete sapere che ciò che disse la veggente colpì molto tutti i membri anziani del consiglio, che si ritrovarono all'unanimità nell'essere d'accordo nell'aiutare Bisante a proteggere la città. Certo, non disponevano di un esercito, né potevano entrarci a far parte loro stessi, ma aiutarono a finanziarlo.
Fecero costruire armi più raffinate, donando quelle vecchie alla popolazione in modo che potessero difendersi da soli se necessario. Il popolo reagì con comprensibile preoccupazione a quel gesto e per tranquillizzarli finanziarono anche un corso accelerato di autodifesa. Inoltre, si accertarono che su ogni torretta difensiva sulle mura del regno ci fosse sempre qualcuno di vedetta. Pattuglie di soldati giravano per la città, col compito di arrestare persone sospette o di sequestrare oggetti che fuoriuscivano dall'ordinario (una lira per esempio).
"In quanto alle nostre donne" disse uno degli anziani, riferendosi alle loro mogli e figlie "lavoreranno a corte per voi in modo che tutte le vostre ancelle possano essere reclutate nell'esercito."
Così le numerose figlie degli uomini, le quali avevano anch'esse delle figlie o dei figli maschi troppo piccoli per partire per la spedizione, si erano messe all'opera con le loro madri, che le governavano. Si occupavano di tutto ed erano un numero sufficiente per sostituire le ultime ancelle rimaste a corte non ancora arruolate nell'esercito, visto che il lavoro da fare non era molto. Bisante non pretendeva che il castello fosse sempre pulito, perché aveva altro a cui pensare, così alle ragazze bastava fare la polvere solo nelle stanze principali. Inoltre, da quando quasi tutti coloro che ci abitavano erano partiti, anche le quantità di cibo da cucinare erano diminuite. Coloro che se ne intendevano di più di medicina ed erboristica, facevano visite frequenti a Filomena e non la lasciavano mai sola. Bisante era molto soddisfatto.
"Voglio anche che tutte le lire della città e dei cittadini vengano sequestrate e portate qui al mio cospetto" aggiunse Bisante "le suonerò io personalmente una ad una."
"Non pensate che chi nasconde la lira probabilmente non ve la darà?" domandò uno degli anziani.
"Non mi aspetto che me la consegni" ammise Bisante "ma se qualcuno mostrerà segni sospetti, autorizzerò le guardie a perquisire tutte le loro proprietà. Inoltre, a partire da ora chiunque arriverà dalla foresta troverà le porte della nostra città aperte, ma dovrà essere sottoposto ad una perquisizione corporale."
Ora, so cosa vi state chiedendo, se questo fu emanato prima dell'arrivo di Soccante, perché lui non fu perquisito al suo arrivo? In realtà non lo so, io vi racconto semplicemente i fatti per come stanno, ma posso provare a mettermi nei panni delle guardie. Immagino che molte lo conoscessero di fama perché era un principe crudele e assetato di sangue ad Animalia, quindi avevano avuto timore di lui. Poi, il fatto che fosse diretto al castello era per loro una giustificazione sufficiente per non perquisirlo. Oppure, e questo bisogna ricordarlo, quell'esercito era composto da damigelle che non avevano mai tenuto un'arma in mano, figuriamo fatto quel mestiere. Erano impacciate, non sapevano come si faceva una perquisizione e non osavano farla su un principe.
Nel complesso però i provvedimenti e gli aiuti da parte dei nobili furono molto utili e Plantea assunse una nuova e più forte posizione difensiva. Bisante passò una notte intera a far passare le dita sulle corde della lira. Per lui era importante che a farlo fosse da solo, perché se avesse chiesto aiuto, che so, ad uno dei nobili, per esempio, e lui avesse suonato lo strumento magico, avrebbe dovuto consegnare sua figlia a quel vecchio. Perciò, da solo, suonò tutte le lire del regno, ma nessuna di queste si rivelò essere quella magica.
In realtà Bisante non aveva sperato neanche un minuto di averla tra le mani perché in quell'ultimo mese aveva fatto alcune ricerche sulla lira in questione e secondo le varie leggende quella di Apollo era molto rudimentale. La leggenda vuole che fosse costituita da tre legni, un carapace di tartaruga e delle corde, mentre quelle che aveva ricevuto erano tutte moderne. Ad amor del vero ammetto però che nemmeno la lira che Neofante aveva trovato in quella grotta aveva quella forma. Non che lui avesse trovato la lira sbagliata, semplicemente forse Apollo ne aveva creata una un po' più moderna oppure la leggenda della prima lira altro non era, appunto, che una leggenda.
Bisante era demoralizzato, non sapeva più cosa fare per salvare la figlia e la speranza che qualcuno suonasse la lira in tempo iniziava a diventare una pura fantasia. Il destino della principessa sembrava segnato, la sua pelle era tutta quasi totalmente annerita, rimanevano libere solo le zone attorno agli occhi e una piccola chiazza sulla guancia, per il resto era irriconoscibile. Secondo le ragazze che la curavano, vista la velocità con cui la malattia si espandeva, le restava un giorno di vita.
Quella notte dissero al re che doveva assolutamente trovare la lira entro l'alba del giorno seguente, sennò non avrebbero potuto salvarla. Nonostante il tempo stringesse, Bisante non si reggeva più in piedi dalla stanchezza, quindi decise di concedersi alcune ore di riposo prima di continuare la ricerca. Ma il suo sonno fu tutto tranne che riposante e con orrore quando si svegliò il giorno dopo si accorse che era già ora di pranzo. Guardò il grosso orologio che aveva appeso alla parete delle sue stanze reali. Gli restavano poco più di diciotto ore. Quando uscì dai suoi alloggi, la moglie di uno dei nobili, la stessa che aveva accompagnato Soccante fino alla stanza di Filomena, gli si avvicinò.
"Il principe di Animalia è arrivato questa mattina a regno e vuole avere udienza con voi" gli disse.
"Ha la lira?"
"Non ho controllato io stessa, ma sono sicura che le vostre guardie all'entrata della città devono averlo perquisito."
"Allora non mi interessa, conoscendo quel ragazzino viziato se avesse avuto la lira ne avrebbe già pizzicate le corde."
"C'è dell'altro" aggiunse la donna, senza scomporsi "il principe mi sembrava... malato, era molto pallido, sporco di sangue e terra e secondo me aveva anche la febbre, ha chiesto di vedere la principessa e ha passato l'intera mattina a piangere ai piedi del suo letto."
"Il principe è tornato dalla spedizione nella foresta, il suo stato è comprensibile, solo gli Dei sanno cosa deve aver vissuto. Pianga quanto vuole sul giaciglio di mia figlia e mentre lui piange io cercherò la lira e la salverò" il re si sorprese della sicurezza con cui aveva detto quelle parole.
"Quindi devo dirgli..."
"Soccante aspetterà" tagliò corto Bisante e si allontanò a gran carriera.
Il re era diretto in città. Non sapeva bene cosa potesse fare per trovare la lira lui dà solo, ma continuare a cercarla era l'unica speranza che gli rimaneva per salvare Filomena. Così andò alle stalle, fece sellare uno dei suoi numerosi cavalli e iniziò a girarovagare per la città. Si occupò soprattutto di perlustrare le vie più buie e meno frequentate del regno, perché era sicuro che non l'avrebbe mai trovata tra le vie popolari.
Lì incontrò un uomo che aveva profonde ferite sul viso e che si inchinò al suo cospetto. Il re scese da cavallo.
"Cittadino di Plantea" gli disse "io non posso fare a meno di notare le fresche cicatrici che porti sul volto, forse mi sbaglio ma è mai possibile che tu te le procurasti nella foresta negli ultimi trenta giorni" al che l'uomo, che non aveva mai parlato con un sovrano, un po' impacciato rispose:
"Sì sire, avete perfettamente ragione, ebbi un terribile incontro con un mostro."
"Parlamene, forse la tua storia potrebbe aiutare la causa di mia figlia, andiamo a casa tua, saremo più comodi."
"Per la verità ospitò in casa mia inusuali invitati, altra gente che viene dalla foresta e non sono della migliore delle compagnie. Non li auguro a nessuno, e di certo non a un uomo virtuoso come voi, sire."
"Fantastico, sarò ben felice di parlare anche con loro!" esclamò Bisante e lo sconosciuto non poté fare a meno di accettare.
Così il re si fece condurre a casa di quell'uomo, legò il suo cavallo all'esterno ed entrò. Era una catapecchia buia e sporca e lo sconosciuto si scusò per il suo stato, ma al re non interessava, voleva solo ascoltare la sua storia.
I due uomini si sedettero ad un tavolo in una piccola squallida cucina e Bisante si fece raccontare per filo e per segno quello che gli era successo nei boschi. Mostri spaventosi, creature selvagge, duelli all'ultimo sangue, ... tutte cose che in altre occasioni avrebbero catturato l'attenzione del re, ma arrivati alla fine del racconto, il sovrano non poté far altro che constatare di aver perso tempo parlando con quell'uomo. Infatti, lo sconosciuto gli disse che non aveva mai visto la lira e che era tornato indietro dopo solo due settimane, perché sennò sarebbe probabilmente perito nell'impresa.
Bisante gli chiese dunque di presentargli i suoi ospiti, al che il suo interlocutore iniziò a sudare freddo, ma a gran voce chiamò:
"Barsabas c'è qui un uomo che vuole incontrarti!" Bisante sentì un gran rumore di passi che si affrettavano e sulla soglia apparì un uomo, che però aveva una taglia inusuale, sfiorando forse il metro d'altezza.
"Chi è costui?" domandò in cagnesco, guardando il re.
Bisante notò che l'individuo aveva una profonda cicatrice sul lato destro del viso.
"Barsabas ti prego sii cortese, quest'uomo è re Bisante, imperatore di Plantea" lo implorò il proprietario di casa, visibilmente intimorito dal nano.
"Interessante" sussurrò il nano e intanto altri sei individui simili a lui apparvero sulla soglia "dimmi sire, è tua consuetudine frequentare le case dei cittadini più poveri, come lo è questo verme?" lo sconosciuto stava visibilmente per svenire di fronte a così poco rispetto, ma Bisante reagì in modo ben più sorprendente.
"Per Zeus, se tu fossi umano ti avrei già fatto rinchiudere per come ti sei rivolto a me, ma tu non sei umano vero?" gli domandò.
"Io e i miei compagni siamo nani" proferì Barsabas, fieramente "avventurieri del popolo dei Pigmei, partiti dal lontano Est."
"Benvenuti nel mio regno" disse Bisante a braccia aperte "cosa porta voi avventurieri da queste parti?"
"Un ladro ci ha rubato un bracciale e abbiamo ragione di credere che questo ladro frequenti questa città" il nano stava fissando Bisante dritto nelle palle degli occhi e il re si sentì un po' intimorito "tu non stai dando asilo ad un ladro nella tua città, vero?"
"Non che io sappia" rispose il re "ma spero che voi nani non vogliate mettere a soqquadro il mio regno per la vostra ricerca."
"Noi nani faremo ciò che è necessario fare" ribatté Barsabas, feroce.
"Allora voi nani dovreste fare attenzione, perché se vi becco a fare del male a qualcuno all'interno delle mura della mia città, vi faccio rinchiudere nella cella più buia e più profonda del castello."
Sorprendentemente dopo queste parole Barsabas sembrò iniziare a nutrire un rispetto tutto nuovo nei confronti del re. Non che avesse paura di essere rinchiuso, ma trovava che Bisante fosse un re in gamba e coraggioso, visto che aveva appena minacciato lui, il nano guerriero più temuto dell'intera foresta, di sbatterlo in gatta buia. In seguito, si dimostrò aperto nel rispondere alle domande del re riguardanti la lira, purtroppo però questo altro non fu che l'ennesimo buco nell'acqua.
Quando ebbe finito di farsi raccontare l'ennesima avventura di Barsabas il sole stava già tramontando e Bisante si accorse con orrore del tempo prezioso che si era bruciato stando con i nani. Si alzò in piedi di scatto e disse:
"Vi ringrazio per le avventure che mi avete raccontato, ma devo proprio andare ora" come un fulmine uscì dalla porta e andò verso il suo cavallo. Lo slegò, ma proprio in quell'istante successero una serie di inspiegabili eventi. Come prima cosa il sole scomparve del tutto e la luna brillò alta nel cielo. Pochi istanti dopo un terribile ululato fece tremare i muri della città. I nani uscirono tutti quanti dalla casa con le armi in pugno.
"Licantropi" ringhiò Barsabas.
Le campane della città iniziarono a suonare e, con il cuore in gola, Bisante sussurrò:
"Siamo sotto attacco."
I nani partirono a gran carriera verso l'entrata della città e Bisante, dopo un attimo di riflessione, decise di seguirli. Cavalcò fino alla piazza e lì un terribile disegno si mostrò ai suoi occhi. Le porte della città erano spalancate e i soldati non erano più sui bastioni, bensì a terra. Stavano combattendo contro degli orrendi mostri. Erano alti quasi due metri e ricoperti da un folto strato di pelo. Si ergevano su due zampe, ma le loro braccia, ben più lunghe delle abituali proporzioni umane, gli consentivano di correre anche su quattro zampe. Avevano lunghi artigli affilati come pugnali che usavano per lottare. Dal collo in su avevano sembianze meno umani: il pelo era più folto e dal muso lungo sporgevano denti affilati come rasoi.
Quelli erano lupi mannari e Bisante sentì l'angoscia farsi strada nel suo cuore. Le sue guardie lottavano contro i licantropi, ma il re ne vide parecchie cadere a terra e farsi divorare dai lunghi musi affusolati dei mostri. Tra tutte le creature ne spiccava una in particolare: aveva la pelliccia bianca e gli occhi rossi iniettati di sangue. Anche se stava fronteggiando quattro guardie contemporaneamente, non sembrava che riuscissero a contenere la sua furia.
Alcuni individui senza armatura combattevano nella mischia. Dovevano essere cittadini volenterosi, ma Bisante non fece in tempo a capire di chi si trattasse, che vide un'altra cosa ancor più terribile dei licantropi. Al di là della battaglia, qualcuno si stava avvicinando alla città tra le ombre, era una figura incappucciata. Con un rapido gesto della mano fece scaturire dal nulla un fulmine d'orato che fece esplodere parte della muratura della città. Il fulmine lo illuminò per un istante e Bisante poté vedere con chiarezza che l'individuo era accompagnato da un enorme cane a tre teste. Il re ne era sicuro, quelli erano Ade e Cerbero e stavano per entrare nella sua città.
Un dolce ma deciso suono sovrastò le urla dei combattenti. Doveva essere una specie di incantesimo, ma non fece in tempo a capirlo che così come il suono era iniziato, finì all'istante. Ade aveva messo piede in città e con un gesto della mano aveva fatto volare un individuo al di là della piazza, proprio contro il campanile che aveva ormai smesso di suonare.
"Dimitrea" fu l'unica cosa che venne in mente al re "non devo lasciar fuggire Dimitrea."
Fece fare dietro front al cavallo e partì a gran carriera in direzione del castello.

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