Capitolo 17

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Filomena percorreva a gran falciate il perimetro della sua stanza, faceva avanti e indietro senza darsi pace. Aveva cacciato tutte le ancelle e aspettava che il sacerdote arrivasse. Doveva dargli la terribile notizia della gravidanza. La principessa non aveva nessuna idea di come dirglielo.
Smarrante aveva iniziato a farle la corte non appena messo piede a palazzo, molto tempo prima. Nonostante l'apparente voto di castità da lui fatto, la principessa aveva subito capito le sue velate intenzioni. In circostanze normali, per ragioni di onore, lei non si sarebbe mai concessa ad uno come lui. Infondo, altro non era che un contadino qualunque che aveva acquistato popolarità facendo un voto in nome degli Dei. Però Smarrante era proprio bello e il suo fascino l'aveva colpita. Capelli biondi, occhi chiari e lineamenti perfetti, Filomena non poteva sperare di incontrare un altro uomo così perché all'epoca le persone ricche erano generalmente anche le più brutte. Infatti, ma questo la principessa non lo avrebbe mai ammesso, riteneva che in fatto di bellezza, Smarrante fosse alla sua altezza.
Oltre all'aspetto fisico, i due avevano anche molto altro in comune, a cominciare dalle bugie e da tutto ciò che avesse a che vedere con la loro fama e la loro immagine. La principessa capì presto che con lui poteva divertirsi senza rischiare di perdere il rispetto della gente visto che il segreto della loro relazione era importante per Smarrante tanto quanto lo era per lei.
Ciononostante, non c'era nulla di romantico in quello che vivevano. Nessuno dei due voleva sposarsi perché un matrimonio avrebbe rovinato la reputazione e la popolarità di entrambi. Perciò i due si imitavano a frequentarsi occasionalmente in privato. Questa storia andava avanti già da un annetto, quindi da molto prima che iniziasse l'epidemia, e questo mi fa pensare che forse è per questo stesso motivo che entrambi si sono ammalati nello stesso momento. Quando risultarono essere entrambi infermi, Filomena riuscì a giustificare la quotidiana presenza di Smarrante nelle sue stanze dicendo che il sacerdote era lì per fare dei rituali e delle preghiere che avevano il fine di guarire lei e tutto il regno. Una volta le porte serrate però, quello che avveniva risultava essere ben poco religioso.
Qualcuno bussò alla porta e il cuore della principessa mancò un battito. Aveva la bocca talmente secca che non riuscì nemmeno a dire a Smarrante di entrare; perciò, andò lei stessa ad aprire la porta. Mise la mano sul pomello, fece due respiri profondi per tranquillizzarsi, si stampò in faccia un sorriso di circostanza e, con una grazia che non dimostrava fino a pochi secondi prima, aprì la porta. Davanti a lei però non c'era Smarrante.
Un'umile ancella dai grandi occhi sognanti stava sulla soglia, pronta a darle un messaggio.
"Avevo detto che non volevo nessuna ancella tra i piedi" esordì Filomena, bruscamente.
"Sì mia altezza, mi scusi, ma mi è stato detto di andare a cercare il sacerdote per vostro conto" rispose l'ancella, con un po' di timore.
Evidentemente era stato Bisante a commissionarle quel lavoro.
"Ebbene lui dov'è?" tagliò corto la principessa affacciandosi sul corridoio, al di là dell'ancella.
"Si trova nel tempio del regno, principessa."
"Con che audacia ti presenti alla mia porta senza di lui, pur sapendo dove lui si trovi, quando ti è stato ordinato dal re in persona di portarlo qui?" domandò acida, Filomena.
"Io..." l'ancella esitò, i suoi occhi si inumidirono e abbassò lo sguardo.
"Non serve che rispondi povera sciocca, era una domanda retorica, ora vai e portami qui il sacerdote come richiesto o ti faccio pulire la stalla dei cavalli a mani nude" ordinò.
L'ancella rabbrividì e una lacrima le rigò il volto, ma non si diede per vinta, chiuse gli occhi e prima che la principessa potesse sbatterle la porta in faccia, disse:
"il sacerdote sembra stare troppo male per venire e si è chiuso in uno stanzino del tempio" la principessa squadrò l'ancella.
Il sacerdote e lei erano entrambi malati, quindi Filomena sapeva che lui non potesse stare tanto male da non farle visita. C'era sicuramente qualcos'altro che non andava.
"In uno stanzino hai detto?"
"Sì, principessa" disse l'ancella riaprendo gli occhi, felice che Filomena avesse abbassato il tono della voce.
"Ed è troppo malato per venire fin qui?"
"Sì, principessa" ripeté l'ancella "quando sono andata al tempio e ho provato a parlargli non si è nemmeno degnato di rispondermi, ma sentivo attraverso la porta dello stanzino che mugugnava e singhiozzava come fa chi sta soffrendo."
Filomena chiuse la porta in faccia alla povera ancella senza aggiungere una parola. Da quel che aveva capito, quel codardo di un sacerdote aveva paura di affrontarla, tanto da chiudersi in uno stanzino per non doverlo fare. Purtroppo per lui, lei non era il genere di persona che lasciava correre quei comportamenti, così indossò con rabbia un cappotto ed uscì a passo spedito, pronta ad affrontare il suo amante.
Qualcun altro però sembrava essere furioso a regno. Mi riferisco ovviamente a Bisante. Il re non aveva capito cosa fosse successo tra Filomena e Dimitrea, ma sua figlia gli era sembrata sconvolta e questo era stato sufficiente per farlo imbestialire.
Diretto alle segrete, era determinato ad andare in fondo a quella storia, chiedendo spiegazioni a Dimitrea stessa. Era sicuro che la veggente avesse rotto il loro patto e avesse inventato una terribile storia sul futuro di Filomena. Doveva aspettarselo, perché mai gli era venuto in mente di darle fiducia?
"Giuro che questa volta la faccio impiccare" mormorò tra sé e sé mentre scendeva le scale dei sotterranei.
Bisante arrivò davanti alle segrete, una guardia vigilava lì davanti e il re le ordinò di aprirgli la porta della cella di Dimitrea e di andare a farsi un giro.
"Guarda un po' chi si rivede, per caso vi mancavo, mio signore?" gracidò la veggente, mostrando i suoi pochi denti gialli.
"Assolutamente no" disse lui, furibondo "sono qui perché so che non hai seguito il copione che ti aveva dato e hai turbato mia figlia più di quanto già non lo fosse."
"In realtà io non penso che..." ridacchiò la vecchia.
"Non interrompermi. Ora tu mi riferirai per filo e per segno quello che le hai detto così io potrò trovare una soluzione ai problemi che mi hai causato" la veggente gli si avvicinò e con una mano raggrinzita gli accarezzò la barba.
Il re fece mezzo passo indietro, ma la vecchia gli si avvicinò ancora di più, mettendolo con le spalle al muro. Avvicinò le sue crespe labbra al suo orecchio; Bisante poteva sentire il fiato acido sul collo.
"Ora" gli sibilò la vecchia nell'orecchio "noi due faremo un patto."
"Cosa vuoi ancora?" domandò Bisante, pur conoscendo la risposta.
"Mi porterete due cose, una che proviene dalla stanza di vostra figlia e una che proviene da casa mia."
"Non lo farò, non scenderò più a patti con te" disse Bisante e Dimitrea ridacchiò.
"Quindi non volete sapere cosa ho detto a vostra figlia, vero?"
Bisante era furibondo, ma con un briciolo di razionalità riuscì a capire che quel patto era conveniente.
"Tutto qui?" le domandò, calmandosi "mi aspettavo che mi domandassi di passare un'altra notte insieme."
"Oh sì, tutto qui" mormorò la megera "non prendetela male, ma vi trovo un po' invecchiato... poco agile insomma."
"Io non sono affatto poco agile!" inveì Bisante, punto sul vivo.
"Ma è normale sire... ad una certa età le cose non funzionano più come un tempo" Dimitrea fece un passo indietro per guardarlo negli occhi.
Bisante aveva il viso rosso dall'imbarazzo e le guance che vibravano leggermente. Nei suoi occhi si poteva scorgere una battaglia infuriare. Da una parte, immaginò Dimitrea, c'era il suo ego, che non accettava una tale critica, mentre dall'altra la sua razionalità che gli diceva di calmarsi e che non valeva la pena di cedere a simili provocazioni.
Quando si è sovrani però, capita spesso che l'ego batta la razionalità, perché quando si è potenti, il modo in cui si appare supera in importanza il modo in cui si fanno le cose. E questo capitò a Bisante, che, spogliatosi in un attimo, disse alla veggente:
"Io non ho affatto perso la mia agilità."
Dimitrea sorrise soddisfatta, ma con una mano lo respinse.
"Prima di fare questo, voi dovete portarmi gli oggetti che vi ho chiesto: la mia sfera di cristallo, attualmente in possesso di vostra figlia, e un'erba che troverete a casa mia, chiamata fyto drakou."
E così in quest'ordine le cose vennero fatte: Bisante si rivestì e recuperò la sfera nella stanza di Filomena, cosa che gli risultò essere più facile del previsto visto che la figlia era assente. In seguito, andò a casa della vecchia e prese la misteriosa erba che gli era stata comandata. Infine, tornò nella cella della veggente, e con l'ardore di un giovane principe innamorato, la soddisfece più d'una volta quella stessa notte.
All'alba il re decise che era giunto il momento di andarsene, così raccolse le sue cose e fece per uscire, ma la veggente gli disse:
"Sire, non state mica dimenticando l'ultima parte del patto?" Bisante si irrigidì.
"Ho fatto tutto quello che mi hai chiesto, mi sembra."
"Sì, ma io non ho fatto quello che voi mi avete chiesto" Il re sentì la vergogna salirgli nel petto: come aveva potuto dimenticare il motivo principale per cui era lì? Come aveva potuto dimenticarsi di sua figlia? Benchè pervaso dall'imbarazzo, senza voltarsi per non far trasparire nessun sentimento, le rispose con voce ferma:
"Ebbene cosa hai detto a mia figlia per turbarla tanto?"
"La principessa è in pericolo, così come tutto il regno" rispose Dimitrea, misteriosa.
"Questo lo so già" disse Bisante, con una punta di impazienza.
"Non sto parlando dell'epidemia" si corresse la veggente "al ritorno della lira, i più valorosi guerrieri partiti per la spedizione si batteranno qui a Plantea."
"Quindi ci sarà una battaglia?" domandò il re, scettico.
"Una terribile battaglia, mio signore" Bisante sbuffò, non credeva alle parole di Dimitrea, era sicuro che la vecchia fosse solo un'impostora e non avesse alcun dono di veggenza.
"Non voglio nemmeno sapere perché hai raccontato una simile bugia a mia figlia anziché mantenerti al nostro patto. Devi promettermi però che questa è l'unica cosa che le hai detto e che non c'è nient'altro che io debba sapere" disse, sempre senza voltarsi.
"Vi prometto che non ho detto nient'altro a vostra figlia" mentì la veggente.
Il re si congedò senza una parola, pensando che forse se avesse aumentato la sicurezza della città, sua figlia si sarebbe sentita più al sicuro. Intanto, la vecchia, rimasta sola nella sua cella, mise le mani sulla sfera di cristallo e chiuse gli occhi, la mente rivolta a quel bambino maledetto che Filomena portava in grembo.

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