Capitolo 24

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I nostri due amici si erano finalmente messi alle spalle Ade e la caverna. Attraversarono il labirinto in un solo giorno di cammino grazie alle mura che Ade aveva fatto esplodere per loro. Per il resto non incontrarono mostri e trovarono la strada di ritorno al primo colpo. Neofante era convinto che questo fosse avvenuto grazie alla lira. Finalmente si trovarono nuovamente nella foresta e i due amici, che si sentivano più a loro agio lì che nel labirinto, si decisero finalmente di parlare di quello che fosse successo con Ade.
"Abbiamo recuperato la lira e sconfitto il Dio della Morte, ti rendi conto?" disse Neofante, elettrizzato.
"Già, chissà cosa ci fa quando ci ritrova..." mormorò Ambrosio, tra sé e sé.
Ma il nostro musicista di corte non gli dava retta. Era riuscito nell'impresa più importante di tutta la sua vita e si sentiva finalmente come un eroe delle antiche leggende. Non teneva più la lira attaccata alla cinta, perché trovava che fosse poco prudente andare in giro con lo strumento in vista, così l'aveva nascosta sotto le vesti. Sentiva la sua energia come un'onda che si irradiava in lui e questo lo ispirava come mai nulla prima d'ora. Nella sua mente si creavano testi, canzoni, melodie, tutto quello che cercava. Inoltre, non vedeva l'ora di tornare trionfante e di sposare la principessa Filomena. A dirla tutta quest'ultimo pensiero non lo convinceva un granché: un po' perché la principessa l'aveva sempre intimorito e un po' perché lui aveva sempre pensato che se mai un giorno si fosse sposato, sarebbe stato per amore e non per costrizione.
"Abbiamo affrontato di tutto Ambrosio, di tutto! Voi ed io abbiamo battuto un temerario guerriero di Animalia, abbiamo attraversato il labirinto di Dedalo, affrontando mistiche creature, tra cui il Minotauro! Ne siamo usciti vittoriosi, abbiamo sconfitto il Dio della Morte, liberato un maestoso drago-serpente e preso la famosa lira di Apollo! Siamo degli eroi!"
"Raccontata così sembra quasi un'impresa eroica" brontolò Ambrosio.
"Cosa volete dire?"
"Voglio dire che per come me la ricordo io, la nostra avventura non ha avuto niente di epico, pensaci un attimo: abbiamo ucciso un uomo per sbaglio, siamo usciti vivi da quel labirinto per miracolo e sì, abbiamo liberato un drago, che, se posso permettermi, tutto era tranne che maestoso, ma nel farlo abbiamo sotterrato il Dio della Morte in persona sotto una montagna, abbiamo preso un oggetto che lui desiderava con tutto il cuore e siamo scappati. Non so bene come spiegartelo ma a me sembra che non potessimo cacciarci in guai peggiori di questi."
"Oh dai, Ade è stato sconfitto e il drago non ci causerà più problemi, se teniamo la lira nascosta, non vedo quale sia il problema."
"La lira!" esclamò Ambrosio, come se si fosse ricordato solo in quel momento dello strumento.
"Sì?"
"Lasciamela suonare ti prego, è da quando sono un piccolo satiro che lo sogno!"
"Cosa? No! È uno strumento magico potentissimo e noi dobbiamo tenere un profilo basso ricordi?"
"Dai, una sola nota, non ci sentirà nessuno."
"Non eravate voi quello che fino a poco fa aveva paura delle conseguenze delle nostre azioni?"
"Sì ma questo non c'entra, io sono un esperto di strumenti musicali magici."
"Ambrosio io non vi darò la lira."
"Invece me la darai."
"No."
"Sì."
"No!"
"Ahhhh!" Con un urlo, Ambrosio si buttò su Neofante, che perse l'equilibrio.
I due amici caddero a terra, ma in quel punto erano su un leggero rilievo, così rotolarono uno attaccato all'altro giù per la collina fino a raggiungere il piano. Finirono di ruzzolare, avevano le braccia e le gambe graffiate e si guardavano in cagnesco.
"Siete completamente impazzito!" annaspò Neofante, rimettendosi in piedi a fatica.
"Non pensavo che saremo caduti" si difese Ambrosio, usando un muretto lì vicino, per rimettersi in piedi.
"Permettetemi di correggervi, non è che voi non pensavate alle conseguenze, è che voi non pensavate e basta, com'è di consuetudine per voi, del resto..." Ambrosio fece per controbattere ma altro aveva catturato la sua attenzione. Un odore di bruciato gli arrivava alle narici, si guardò attorno e trovò un orrendo spettacolo. Quella che un tempo doveva essere stata una piccola fattoria in mezzo ai boschi, ora era un cumulo di macerie fumanti. Ambrosio si stava ancora reggendo ad un muretto di sasso, che doveva essere stata una specie di recinzione per la fattoria. Il satiro vide anche alcuni animali morti, che sembravano essere stati sgozzati.
"Qualcosa non va" disse, con un brivido.
Intanto Neofante non si era ancora accorto del macabro luogo in cui erano capitati e continuava a prendersela col suo amico.
"...un pazzo, un incosciente, un vile satiro dalle brusche maniere, un..."
"Andiamo via, subito" lo interruppe Ambrosio, che comunque non lo stava nemmeno ascoltando.
Neofante inizialmente non capì, poi vide le macerie e comprese. Quel luogo doveva appena essere stato attaccato da qualcuno e loro non erano al sicuro lì. Fecero per andarsene ma qualcuno parlò:
"Fermi" era Vanitea a parlare, ma loro ancora non la conoscevano "dove pensate di andare?"
"Beh, ehm... volevamo andare via di qui, signorina" disse Ambrosio, voltandosi verso la ragazza per vedere chi avesse parlato e rimanendo a bocca aperta davanti alla sua bellezza.
"Signorina? Ambrosio! Non si parla così ad una donna, che sicuramente ha una stirpe molto nobile" lo rimproverò Neofante "lo scusi, madama, per il suo scurrile linguaggio. La prego di non offendersi, è solo un umile satiro e non sa come ci si rivolge a donne del vostro rango e della vostra bellezza. Se posso permettermi voi siete una donna stupenda."
"Oh sì, permettiti pure" si compiacque Vanitea "siete capitati a casa mia, siete fortunati."
Ambrosio guardô le macerie della fattoria, senza capire.
"Signo... volevo dire, madama, casa tua sembra aver subito l'attacco di un esercito" Neofante lo squadrò, così il satiro aggiunse "con tutto il rispetto."
Vanitea ridacchiò.
"Sei molto divertente signor satiro, ma non preoccuparti di casa mia."
"E invece ci preoccupiamo, siete forse in pericolo, madama?" domandò Neofante, con angoscia.
"Io in pericolo?" Vanitea rise ancora "assolutamente no, però sto cercando qualcuno, qualcuno che vi ho sentito nominare poco fa prima che rotolaste giù da questa collina in modo così buffo" i due ragazzi diventarono rossi in viso dalla vergogna.
"Noi... ehm, ci hanno attaccati, è per questo che rotolavamo" improvvisò Neofante.
"Sì, immagino" commentò lei "io sto cercando Ade, devo ucciderlo, e vi ho sentiti parlare di lui."
Neofante ci mise un po' ad elaborare le parole di Vanitea, Ambrosio invece non sembrò rifletterci troppo e parlò d'impulso:
"Oh sì, l'abbiamo ucciso noi, non preoccuparti" Neofante gli tirò uno scappellotto.
"Ambrosio!" lo rimproverò ancora, ma il satiro non capì cosa avesse detto di sbagliato e gliene tirò uno indietro.
Vanitea non riusciva a capire come quei due elementi fossero sopravvissuti in quei boschi.
"Io non penso che voi due siate riusciti ad annientare il Dio della Morte." Commentò.
"Probabilmente non lo abbiamo annientato ma gli abbiamo fatto crollare un'immensa parete rocciosa addosso. Ah sì, abbiamo anche preso la lira di Apollo" disse Ambrosio, entusiasta.
Neofante sbiancò e gli sussurrò:
"Mantenere un profilo basso, ricordate?"
"Ma non è mica un pericolo, è solo una fanciulla a cui è appena bruciata casa." Vanitea sentì la rabbia salire a quell'affermazione, ma non lo diede a vedere.
"Già, se posso chiedervelo, cosa è successo alla vostra dimora?" domandò Neofante, curioso.
"Sì, giusto, cosa è successo?" lo incalzò l'amico.
Ma Vanitea non si degnò di dar loro una risposta.
"La lira di Apollo avete detto? Voi due?" era scettica.
"Hai lasciato una candela accesa, vero?"
"Cosa?"
"Che?"
"Fatemela vedere" disse la ragazza.
"Che cosa?" chiesero i due amici all'unisono.
"Come cosa?! La lira ovviamente!" si spazientì lei.
"Ah quella, no meglio di no" disse Neofante, guardandosi attorno con circospezione.
"Già, è pericolosa" disse Ambrosio.
"Non è pericolosa, è solo che qualcuno potrebbe vederci."
"Quindi ammetti che potrei suonarla senza il minimo pericolo!"
"Ancora con questa storia, Ambrosio mi state esasperando, e-sas-pe-ran-do."
CRACK!
Neofante cadde a terra incosciente. Vanitea era in piedi sopra di lui e reggeva in mano un grosso ramo che aveva appena rotto sulla testa del ragazzo.
"Ora basta" borbottò.
Si chinò sul ragazzo, frugò tra le sue vesti e prese la lira.
"Ferma!" gridò Ambrosio, senza sapere che fare.
Lei ridacchiò.
"Stai buono satiro" Vanitea fece per andarsene, ma Ambrosio, temerario, le si parò davanti, con il flauto alle labbra.
"Ferma" ripeté ed iniziò a suonare una melodia.
La natura attorno a loro iniziò a muoversi, ma...
SBANG!
Vanitea tramortì il satiro, colpendolo con la lira. La ragazza partì dunque verso Sud, verso il regno di Plantea, perché era lì che Ade sarebbe andato a cercare la lira e quindi era lì che lei avrebbe potuto affrontarlo.

La lira di ApolloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora