Il branco si avvicinò tanto al limitar della foresta che Soccante potè scorgere le alte mura del regno di Plantea al di là degli ultimi arbusti. Il principe provò una gioia immensa nel vedere quel posto. Non riusciva a credere di essere riuscito a sopravvivere un intero mese in quella malefica foresta e tutto quello che voleva fare ora era di correre verso le mura e annunciare a gran voce il suo ritorno.
"Siamo arrivati" sibilò Licaone.
"Adesso cosa facciamo?" domandò Soccante, che bruciava dal desiderio di andare a palazzo e fare un lungo bagno caldo.
Il sorriso di Licaone non gli piacque per nulla. Non che quando il licantropo sorrideva la cosa solitamente gli piacesse, ma il ghigno che aveva disegnato sul volto era lo stesso che aveva avuto quando aveva ordinato a Soccante di duellare col nano.
"Faremo quello che noi lupi sappiamo fare meglio, attaccheremo la città di notte, fiuteremo l'aria alla ricerca di Dimitrea e spargeremo il sangue di quanti più cittadini potremo. Poi faremo un bel banchetto e scapperemo con la veggente."
I lupi schiamazzarono eccitati sentendo il loro piano. Erano tutti in preda ad una stravolgente euforia sanguinaria, quando Soccante intervenne:
"Non può funzionare" disse "prima di tutto guardate tutte le luci che sono accese sulle mura, l'esercito si aspetta un attacco da un momento all'altro. Non riusciremo ad avvicinarci neanche di pochi passi che una pioggia di frecce ci cadrebbe addosso."
"E allora? Solo delle frecce d'argento possono ferire un licantropo."
"Tutte le armi moderne contengono scaglie d'argento perché nelle credenze popolari si pensa che porti fortuna e protezione. Ma anche se re Bisante non dovesse essersi procurato armi d'argento, cosa di cui comunque dubito fortemente, i portoni della città rimarrebbero chiusi e le mura sono troppo alte per essere scavalcate o saltate."
"Cosa proponi allora?" questa volta fu Soccante a sorridere.
"Bisogna entrare sotto copertura" rispose il principe.
"Quindi nella nostra forma umana?" rifletté Licaone, che parve poco convinto dall'idea.
Al che Soccante lo guardò con compassione.
"Non voglio parere offensivo nei confronti del branco, ma se io fossi una guardia non aprirei mai le porte a cinquanta uomini nudi e sporchi di terra" dopo un breve attimo di esitazione, aggiunse "andrò io a Plantea."
"No, dammi i tuoi vestiti" rispose categorico Licaone "ci vado io."
"Non puoi andarci tu, hai vissuto troppo tempo nella foresta, non sapresti più integrarti tra gli uomini. Io invece sì e poi sono un principe e sono il nipote del re, avrò accesso a privilegi che renderanno la ricerca della veggente più rapida" Licaone voleva ribattere qualcosa, ma infine rimase in silenzio.
"Va bene andrai tu, ma stai attento ragazzo perché il tempo è prezioso: ora il sole sta per sorgere, ma tra meno di ventiquattr'ore, quando calerà, la luna piena illuminerà il cielo" tutt'intorno i lupi scodinzolarono eccitati, solo Soccante e Licaone avevano uno sguardo grave.
"Cosa vi succede con la luna piena?" Domandò il principe senza sapere se volesse davvero una risposta.
"Diventiamo mostri incapaci di controllare i nostri impulsi più selvaggi. Se la luna piena dovesse sorgere quando saremo ancora nelle vicinanze della città, l'odore degli umani ci porterebbe ad attaccarla e ne seguirebbe una strage" Soccante deglutì amaramente, sapeva che il tempo stringeva, quindi se ne andò correndo verso il portone della città, mentre le prime luci del mattino illuminavano il cielo.
Gli bastò gridare il suo nome per intero e a quale famiglia appartenesse, immediatamente le porte si aprirono. Due donne in armatura gli si avvicinarono, avevano lunghe trecce bionde che uscivano dall'elmo.
"Voi siete donne" constatò lui "non se ne vedono molte negli eserciti reali."
Loro si inchinarono, si presentarono e si offrirono di accompagnarlo al castello in un alloggio reale.
"Esigo udienza col re" rispose lui, senza degnarle di alcuna simpatia.
"Purtroppo, il re è rimasto sveglio tutta la notte alla ricerca di... una cosa. Perciò ora si sta riposando e ci è stato ordinato di non disturbarlo." Soccante sapeva che non poteva ordinare loro di svegliarlo, perché lui era solo un principe e perdipiù di un altro regno, mentre Bisante era il re.
"Allora andiamo" disse Soccante, incamminandosi verso il castello.
"Non preoccupatevi principe, abbiamo richiesto una carrozza che sarà qui a momenti per scortarvi attraverso la città."
Soccante mai avrebbe pensato di dimenticare che lui era un uomo ricco e potente tra quelle persone, ma per un istante si sentì un po' a disagio di fronte a tutte quelle premure. Fingeva di non notarlo, ma le guardie, tutte le guardie, perfino quelle sulle mura, gli lanciavano occhiate inquisitorie. Tutte quante si domandavano cosa potesse mai essergli successo in quella foresta e se non fosse arrivata la carrozza, Soccante ne era certo, glielo avrebbero anche domandato, ma per fortuna non ne ebbero l'occasione.
Per la verità il principe non era molto mal ridotto rispetto alla media dei sopravvissuti. He tornavano dalla spedizione, ma quello che più catturava l'attenzione dei presenti erano le enormi macchie scure sul suo vestito. Tutti sapevano che fosse sangue ma nessuno osava parlarne, intimoriti dalla reputazione che Soccante aveva ad Animalia. Si chiedevano a chi o a cosa appartenesse quel sangue e speravano ardentemente che il principe ne parlasse di sua spontanea volontà, ma questo non avvenne.
Appena poté rintanarsi nella carrozza Soccante si sentì subito più a suo agio e riuscì a mettere ordine nei suoi pensieri. Non capiva perché sentisse un certo disagio nello stare in mezzo a tutte quelle persone, infondo era un principe, era abituato a che tutti lo guardassero quando appariva in pubblico. Di nuovo tornò a pensare al fatto che finalmente aveva raggiunto la città e fosse al sicuro dai pericoli della foresta e questo lo fece stare un po' meglio, anche se non del tutto. Pertanto, si rese conto che non era finita, che i licantropi erano alle porte del regno e che aveva le ore contate per ritrovare una veggente di nome Dimitrea e per consegnargliela. Se tutto andava per il meglio, entro poco più di dodici ore, la sua avventura nella foresta sarebbe stata solo un lontano ricordo, o almeno così credeva.
Mentre la carrozza si metteva in movimento, iniziò ad escogitare un piano. Non poteva svegliare il re per chiedergli il suo aiuto visto che probabilmente aveva posto delle guardie al fine di proteggere il suo meritato riposo (o almeno così avrebbe agito lui). Soccante dava per scontato che Bisante sapesse dove trovare Dimitrea perché secondo Cleopas era una donna oscura e potente; quindi, doveva essere un personaggio conosciuto e temuto dal re e dagli alti ranghi regali. Un pensiero improvviso però balenò nella mente di Soccante. Lui non aveva bisogno per forza di Bisante, conosceva qualcun altro a corte che potesse aiutarlo. Filomena, la sua dolce e bellissima cugina. Al solo suo pensiero, come un fulmine a ciel sereno, si ricordò improvvisamente di quanto la amasse, come se l'avventura nella foresta glielo avesse fatto dimenticare. Sussisteva un'unica incombenza, ossia che lui era partito col fine di riportare la lira e conquistare il suo amore, ma che tornava a mani vuote; quindi, non era certo che lei gli avrebbe accordato il suo aiuto.
Ci pensò su e decise che valeva la pena tentare la sorte e chiederle comunque il suo aiuto. Pensava che se le avesse spiegato la situazione, Filomena non avrebbe esitato ad aiutarlo per proteggere il regno. La sua mente però fu destata dal pensiero della principessa e della lira e d'un tratto si ricordò del suo piano per impadronirsene.
"Io sono venuto qui per attaccare chiunque faccia ritorno con la lira, non per ritrovare una stupida veggente" disse ad alta voce con rabbia.
Ma poi ripensò alle parole di Licaone e al pericolo che correva il regno. Era indeciso: aveva la scelta tra il dedicarsi alla ricerca di Dimitrea e trascurare la lira, che sarebbe certamente arrivata al regno da un momento all'altro visto che il tempo dei trenta giorni era agli sgoccioli, oppure di cercare lo strumento e lasciare che delle persone innocenti morissero divorate dai lupi mannari. In altre parole, doveva decidere tra salvare il regno rinunciando alla mano di Filomena o terminare quello che aveva iniziato, recuperando la lira e lasciando morire il popolo. Che decidesse una variante piuttosto che l'altra, al principe non convenivano le conseguenze che si sarebbero andate a creare. Il suo egoismo e il suo altruismo lottavano incessantemente nel suo animo, al punto che al principe venne l'emicrania e sentì la febbre salirgli, come quando aveva dovuto rinunciare a forza ai funghetti, e ora non riusciva a fare a meno di dirsi che ne avrebbe volentieri preso uno.
La carrozza si fermò e Soccante scese con un salto. Solitamente i nobili che viaggiavano in carrozza si facevano aprire la porta da una guardia o dal cocchiere e aspettavano che gli si portasse una scaletta per scendere, ma lui se ne infischiò. Il gesto del principe di scendere di sua iniziativa sorprese non poco chi lo attendeva.
"Benvenuto nel castello di Plantea" gli disse una donna dal viso solcato dalle rughe, ma che aveva un portamento regale e che doveva essere la moglie di un nobile "io sono Agnesa, sono..."
"Non mi interessa chi sei" tagliò corto Soccante, riacquistando un po' del suo primitivo carattere scorbutico "portami dalla principessa Filomena, adesso."
"In realtà la principessa attualmente è..."
"Forse non ti è chiaro chi sono io, Agnesa" la interruppe nuovamente Soccante "sono il principe del regno di Animalia e quando io ti dico di fare qualcosa, tu la devi fare senza fiatare. Ritieniti fortunata ad essere sotto la protezione di re Bisante, perché se fossi una dei miei sudditi ti avrei già portata al patibolo."
La donna, chiaramente stizzita da tutta quella mancanza di rispetto lo incenerì con lo sguardo, ma non aggiunse una parola e gli fece strada verso le stanze di Filomena. Attraversarono lunghi corridoi, salirono e scesero innumerevoli scale e Soccante finì col perdere il senso dell'orientamento. Finalmente si trovarono davanti a due enormi porte. Due guardie stavano in piedi in silenzio accanto alla gigantesca entrata, che aveva le stesse dimensioni del portone della città, ma era molto più bella. Non era fatta di legno massiccio, ma di un legno più fine e levigato. La bordatura era riempita di disegni rappresentati gli Dei o i grandi eroi e le loro imprese. Soccante si trovò a cercare con lo sguardo se anche Licaone fosse raffigurato, ma non c'era. La porta poi aveva uno sfondo d'oro e motivi argentei disegnati sopra.
"Sfarzoso" commentò Soccante "tipico di Filomena."
La donna che lo aveva accompagnato fin lì fece per dire qualcosa, ma vedendo come Soccante la stava guardando, preferì mantenere il silenzio. Si congedò e partì. Certo, se Soccante non l'avesse trattata così male e se le avesse lasciato il tempo di parlare, si sarebbe risparmiato la brutta sorpresa che ebbe entrando, perché tutti noi sappiamo in che stato destasse realmente la principessa.
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La lira di Apollo
FantasyUna principessa in pericolo, un antagonista malvagio, un improbabile eroe e un avventuroso viaggio in una foresta maledetta. Sembra l'inizio di una fiaba per bambini, vero? Beh, ricredetevi perché questo racconto non è una fiaba e di certo non va ra...