Vanitea e Soccante, innamorati da nemmeno mezza giornata, avevano deciso di tornare a corte e di sposarsi dopo aver passato una notte a rigirarsi e intrecciarsi sulla sponda del fiume. Si amavano alla follia, o meglio, lui la amava, visto che quando la contadinella guardava il compagno, non vedeva altro che gioielli e ricchezza infinita. Soccante invece l'amava per davvero, o così credeva perché su di lui gravava una malvagia maledizione indotta dal contatto col bracciale che aveva rubato allo stregone Cleopas.
I due amanti erano ancora al fiume e pescavano insieme la loro colazione (visto che la cena l'avevano saltata la sera prima). Ogni tanto lui le dava dei piccoli amorevoli pizzicotti e lei con una mano lo scacciava e gli diceva:
"Basta che sennò spaventiamo i pesci e non abboccano" ma intanto rideva e rideva anche lui, poi si baciavano e lui ricominciava ad inzigarla.
Erano patetici. Però erano anche innamorati: erano pateticamente innamorati e questo è forse uno dei sentimenti più belli che l'animo umano possa provare.
Lui la abbracciò mentre lei teneva la canna da pesca.
"Principe" disse Vanitea "ieri voi mi diceste che vi trovavate in questa foresta perché avevate una missione, vi prego di parlarmene."
"Ebbene mia amata" gli rispose Soccante, volgendo lo sguardo sulle acque limpide del fiume "una terribile epidemia ha toccato il regno di mio zio. Plantea è messa con le spalle al muro da una maledizione lanciata da Apollo, signore del sole e dell'arte."
"Ma è terribile!" rispose Vanitea, angosciata "ma se l'epidemia si restringe ai confini di Plantea come mai voi siete partito per questa missione?"
"Mia cugina, la principessa Filomena, si è ammalata e io ho intrapreso il cammino di quest'avventura con lo scopo di salvarla."
"Ho sentito parlare della principessa Filomena, non l'ho mai vista ma dicono che sia una delle donne più belle di Grecia" mormorò Vanitea, con un briciolo di astio nella voce.
Soccante sembrò sentire il cambio di tono della ragazza così aggiunse:
"Sì, dicono sia molto bella, ma io sono legato a lei solo come lo sono due cugini che si vogliono tanto bene e non riesco a vedere in lei tutta questa bellezza" Soccante stava mentendo, forse lo faceva coscientemente, o forse l'incantesimo del bracciale parlava al posto suo, sta di fatto che Vanitea sembrò rilassarsi un po'.
"Ma perché voi siete partito? Infondo siete un principe, non dovreste mettere la vostra vita in pericolo, potevate mandare i vostri uomini più fidati per questa missione."
"Oh, ma poi non vi avrei mai incontrata, mia dolce Vanitea, e posso giurarvi che qualunque pericolo io abbia incontrato in questo bosco ne è valsa la pena se questo ha potuto servire per fare la vostra conoscenza." Vanitea sembrò soddisfatta dalla risposta e lo baciò.
"Quando partiamo per Animalia?" gli domandò ancora.
"Io speravo di passare ancora un po' di tempo qui con voi" ammise il principe.
Vanitea si rabbuiò, lei voleva diventare principessa e voleva farlo il prima possibile. Aveva paura che Soccante potesse cambiare idea, infondo, per quanto lui la facesse sentire bella e la coprisse di lusinghe sul suo aspetto, lei era cosciente di essere solo una povera contadinella.
"Pensavo che voi voleste sposarmi..." gli disse, mettendo il broncio.
"Infatti è così, io vi amo" rispose lui, guardandola negli occhi storti.
"Dite di amarmi, ma volete rimandare il giorno delle nozze."
"Non è quello che..."
"E invece sì" affermò lei "forse è perché vi vergognate di me, di una umile contadina."
"Non è affatto vero, è solo che..."
"Che cosa?"
"Io vi amo e vi farò venire a palazzo" disse lui "l'unico mio timore è che mio padre non possa approvare il matrimonio."
"Questo perché non sono la principessa Filomena?"
"Non dovete mai più ripetere una simile sciocchezza!" la rimproverò lui, poi abbassò la voce "mi nuoce dirlo, ma temo di dover tornare da solo da mio padre per chiedergli la vostra mano, in caso contrario lui potrebbe volervi impiccare per risolvere la cosa."
Vanitea inveì:
"Dunque, fatemi capire: voi siete arrivato qui, avete notato la mia bellezza, che comunque non sembrerebbe essere alla pari con quella della principessa Filomena, avete approfittato di me e del mio corpo, rubandomi la verginità, il dono più sacro che gli Dei mi fecero, e ora volete andarvene lasciandomi qui dà sola? Tutto questo dopo un mucchio di bugie su un futuro matrimonio tra di noi!"
"Non è così" cercò di tranquillizzarla Soccante "io vi amo per davvero, ma ho bisogno che voi lo capiate. Partirò a regno da solo e tornerò a prendervi solo quando avrò convinto mio padre di questo matrimonio."
"E io come faccio a sapere che voi tornerete per me e che non mi lascerete qui da sola?" il principe rifletté un attimo, poi le rispose:
"Allora io vi darò la cosa più importante per me: la mia spada. Così saprete che non mancherò alla mia promessa di tornare da voi."
"No" disse lei "la vostra spada vi servirà se dovete attraversare il bosco per tornare ad Animalia."
"Allora cosa volete?" lei ci penso un attimo, poi rispose:
"Il vostro bracciale incastonato di rubini. Almeno, anche se non doveste tornare, non rimarrei povera."
Soccante non esitò nemmeno un istante e per compiacerla si sfilò il gioiello maledetto dal braccio e glielo porse. Non appena se lo tolse, la nebbia che gli offuscava il cuore e la vista si dissipò. D'un tratto notò la bruttezza della fanciulla che gli stava davanti: i capelli unti e sporchi, gli occhi enormi che guardavano in due direzioni opposte, il naso rovinato e i denti scheggiati e mancanti, per non parlare della sua pelle slavata e rovinata, come un vecchio abito raggrinzito pronto da buttar via. Soccante le lanciò il bracciale e si scostò con ripudio. Al pensiero di quello che avevano fatto la notte prima, gli vennero i conati di vomito, ma li represse per non sembrare scortese. Automaticamente mise la mano in tasca, pescò alcuni funghi e se li mise in bocca. Subito gli sembrò che la situazione non fosse così grave, che infondo lei non era poi così brutta, ma l'idea di sposarla gli faceva ribrezzo pure sotto l'effetto dei funghetti.
Lei afferrò il bracciale e guardò il compagno fare un passo indietro e mettersi i funghetti in bocca.
"Io... io ora vado" le disse.
"Non mi baciate per un'ultima volta?"
"Oh, Dei no!" esclamò, ma poi si corresse "voglio dire... non ti bacio perché per me è troppo doloroso pensare che non ti rivedrò per così tanto tempo e non penso di farcela. Quindi ora ti prego, chiudi gli occhi così non mi vedrai mentre me ne vado e non piangerai, perché se piangi, io non riuscirò ad andarmene" lei eseguì la richiesta e, non appena il principe vide le sue palpebre abbassarsi, se la diede a gambe levate, allontanandosi il più possibile da quella donna orribile e ripromettendosi di non tornare mai più in quel posto.
Vanitea però aveva notato qualcosa che stonava nei modi di fare del principe. Riaprì gli occhi ma lui era sparito, lasciandole solo il suo prezioso bracciale che lei, ignara, si mise al polso. Soccante si era scostato da lei e quando le aveva parlato, le aveva dato del tu e non più del voi, com'era solito fare. Questo la turbava sì, ma quello che più le faceva torcere il cuore era lo sguardo che lui le aveva posato addosso prima di partire. Sembrava disgustato, come se avesse annusato qualcosa che era andato a male.
Pensava di sapere cosa fosse successo. Appena Vanitea aveva nominato la principessa, ossia Filomena, lui doveva essersi ricordato di quanto la donna fosse più bella di lei e quindi l'aveva piantata in asso. Così, ricolma di gelosia, decise di fare una cosa che mai nessuna donna dovrebbe fare.
Si inginocchiò sull'argine del fiume e iniziò a pregare Afrodite.
"Oh Dea della bellezza, vi prego di ascoltare il mio cuore afflitto. La persona che amo e che mi ha promesso di farmi diventare una principessa volge il suo cuore verso un'altra perché più bella di me. Vi prego dunque di farmi dono della bellezza e di rendermi migliore di Filomena, quella principessina viziata del regno di Plantea" non successe assolutamente nulla e Vanitea capì che forse mancava un sacrificio, così donò alla Dea tutto quello che aveva.
Tornò alla fattoria e senza tante cerimonie sgozzò tutti i suoi animali con un coltello trovato in cucina, in seguito diede fuoco alla casa e nel giro di pochi minuti la sua fattoria era distrutta. Poi, tornò al fiume con la speranza nel cuore che Afrodite avesse ascoltato la sua preghiera.
Ebbene la Dea l'aveva ascoltata e, ammirando il gesto che aveva fatto, distruggendo tutto quello che aveva in suo possesso, solo per essere un po' più bella, decise di esaudire il suo desiderio, pur sapendo i pericoli davanti cui la poneva.
Quando Vanitea tornò al fiume, trovò una viola che era cresciuta tra i sassi, proprio là dove si era inginocchiata per fare la preghiera. Ma non era una viola normale perché aveva delle spine sul suo gambo e il suo colore acceso lasciava indovinare che fosse un fiore pieno di magia.
Senza pensarci due volte la ragazza lo strappò e d'un tratto il gambo del fiore si allungò e le si attorcigliò sull'avambraccio, piantandole le spine nella pelle. Vanitea urlò di dolore mentre il sangue le sgorgava lungo il braccio, ma la magia iniziò a fare il suo effetto: i capelli, neri come la pece, le si aggiustarono sulle spalle, gli occhi si raddrizzarono e assunsero dimensioni normali, i suoi lineamenti, così come il suo naso, si mossero, formando un viso grazioso, i suoi denti spuntarono là dove mancavano, si corressero là dove dovevano essere corretti e si raddrizzarono in due candide file nella sua bocca, e la sua pelle cambiò radicalmente; prima sporca e rovinata, ora appariva chiara e liscia, come se non l'avesse mai usata.
La viola cadde a terra, appassita e Vanitea si guardò il braccio, era rimasto un segno là dove le spine le avevano trafitto la pelle. Pensò che quello fosse un giusto prezzo da pagare per il desiderio che aveva espresso. Corse al fiume per specchiarsi nelle acque limpide e con gioia immensa non si riconobbe.
Adesso sì che era pronta a diventare una principessa, ma ecco che un brusco rumore alle sue spalle la fece voltare di scatto: una donna che indossava un'armatura e che reggeva una spada che lanciava bagliori rossi, era appena arrivata e la guardava come se non si aspettasse di trovarla in quel posto.
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La lira di Apollo
FantasyUna principessa in pericolo, un antagonista malvagio, un improbabile eroe e un avventuroso viaggio in una foresta maledetta. Sembra l'inizio di una fiaba per bambini, vero? Beh, ricredetevi perché questo racconto non è una fiaba e di certo non va ra...