Capitolo 39

2 1 0
                                    

Quella era una prigione e la stavano torturando. No, in realtà era solo la stanza di una casa (e anche molto carina a mio parere) e stavano mostrando a Pirenea il vestito floreale che avrebbe dovuto indossare al torneo.
La guerriera non si sentì affatto a suo agio di fronte alle sghignazzanti driadi che le mostravano quel lungo vestito di seta su cui erano state cucite vere e proprie margherite. Purtroppo, dovette indossarlo e nessuna delle ninfe prestò la minima attenzione alle sue proteste. Pirenea cercò addirittura di dire di essere allergica al polline e simulò un paio di starnuti, ma non fu abbastanza convincente.  Una volta indossato il vestito, le ninfe la fecero sedere e, armate di pettini e spazzole, aggredirono i suoi capelli. La foresta non aveva giovato al loro stato, erano pieni di nodi e indomabili, ma le driadi erano esperte in questo. Pirenea urlò di dolore quasi tutto il tempo, al punto che Chirone entrò nella stanza per controllare cosa stesse succedendo.
"Pensavo le stessi massacrando" disse a Pirenea, mentre ridendo si richiudeva la porta alle spalle.
Finiti i capelli, che erano stati intrecciati con altre belle margherite, fu il momento delle unghie e del trucco per coprire graffi e lividi tipici di chi passa diverse settimane a vagare per la foresta. Dopo almeno un'ora e mezza di lavoro, finalmente tutto fu concluso e Pirenea si alzò in piedi un po' goffamente.
Con orrore guardò la sua immagine allo specchio e non si riconobbe. Oggettivamente? Pirenea era davvero bella conciata così e le ninfe avevano fatto un gran bel lavoro con lei. Ma la guerriera fu disgustata da quello che vide, lei era abituata a vestiti da uomo e comportamenti rozzi, non a quello sfarzo e a quella delicatezza. Pensava di potersene andare, ma con infinito terrore, Pirenea vide una driade farsi avanti con qualcosa di strano e appuntito in mano. Sembravano sandali, ma avevano due tronchi lunghi e sottili sul tallone, che rialzavano la parte posteriore del piede. Sì, erano semplici scarpe col tacco, ma Pirenea non ne aveva mai viste perché gli umani non le avevano ancora inventate e posso assicurarvi che nonostante tutto quello che potete leggere nei libri di storia, il premio per la loro invenzione va attribuito alle driadi.
"Possono far male se usate in combattimento, ma sembrano così scomode!" si lamentò e quando le indossò scoprì che aveva ragione.
Le ninfe chiamarono Chirone per fargli vedere il risultato e lui sembrò molto soddisfatto.
"La spada dove la metto?" domandò Pirenea.
"Non ne avrai bisogno" le rispose il centauro, ma la ragazza fu talmente irremovibile sull'argomento che finì con l'accettare che la portasse al torneo e le fece fare un fodero apposta, che avrebbe potuto mettere a mo' di zaino e legare sul davanti come un'imbragatura.
"È ora di andare" Le disse Chirone più tardi quel pomeriggio.
"Dammi ancora un minuto e arrivo" Il centauro alzò gli occhi al cielo e la lasciò sola in camera, borbottando qualcosa che sembrava essere:
"Tutte uguali queste donne."
Le driadi se n'erano andate e Pirenea approfittò di essere sola per sfilarsi le scarpe col tacco. Le prese e ne strappò i lacci usati per attaccare la scarpa al piede, poi prese il bracciale magico che ancora conservava con sé dal mucchietto di vestiti che indossava prima e che giacevano in un angolo della stanza come vecchi stracci sporchi. Usando il laccio delle scarpe si legò il bracciale appena al di sopra del ginocchio e indossò le sue vecchie scarpe luride.
"Tanto il vestito è abbastanza lungo per coprirle" disse tra sé e sé.
Infine, si sforzò di sorridere e uscì, andando incontro a Chirone. Lo prese a braccetto e insieme camminarono per le vie della città, diretti all'arena e salutando i cittadini che trotterellavano eccitati nella stessa direzione. Lo avrete probabilmente già capito, ma Pirenea aveva un piano di fuga che avrebbe messo in atto durante il torneo. 
L'arena era molto grande e gli spalti si ergevano tutt'intorno. Chirone e Pirenea si misero in prima fila, proprio di fronte alla porta da dove sarebbero usciti gli eroi che si sfidavano. Nella grande piazza circolare non era stato allestito nulla, solo una bacheca vicino all'entrata dei partecipanti con sopra armi di ogni tipo e grossi scudi di legno.
"Non capisco" disse Pirenea a Chirone "non è stato allestito nulla, in cosa consiste questo torneo?"
"In realtà non è proprio un torneo" ammise il centauro "tutti gli sfidanti entreranno, sceglieranno un'arma e uno scudo e lotteranno, l'ultimo che rimane in piedi vince."
"È il genere di cosa che potrebbe piacermi" ammise Pirenea.
"Sì, è molto divertente e la cosa migliore è che non ci sono regole e gli avversari se vogliono possono lottare anche fino alla morte" gli occhi di Chirone brillavano mentre pronunciava quelle parole.
Una tromba risuonò e un centauro sugli spalti annunciò a gran voce:
"Ecco a voi gli sfidanti!"
Una quindicina di centauri fecero il loro ingresso nell'arena, erano tutti maschi forti e corpulenti. Pirenea riconobbe Equimante nel gruppo. La folla aveva ormai ricoperto tutti gli spalti e acclamò gli sfidanti a gran voce.
"Sono tutti maschi" commentò Pirenea "non ci sono donne."
"Come ti ho già detto è assurdo che una donna possa fare questo genere di cose" disse Chirone, divertito.
"Ne ho conosciuta una oggi" disse Pirenea "una centaura che vendeva armi al mercatino, penso fosse anche una guerriera, o così mi è parso."
"Probabilmente una reietta della società" rispose il centauro con pazienza "una zitella senza marito né famiglia."
"Trovo strano che a voi centauri non piaccia essere paragonati a noi umani, perché per certi versi ci somigliate molto" commentò Pirenea acidamente e il centauro contrasse la mascella, ma non rispose alla provocazione.
Gli sfidanti scelsero ognuno un'arma. Equimante prese una spada. Ognuno si posizionò in un posto preciso dell'arena e nel farlo il centauro fece un gran sorriso a Pirenea, che ricambiò con un'occhiataccia.
Il corno suonò di nuovo e la sfida cominciò. Com'era prevedibile che succedesse, tutti quanti si scaraventarono contro un centauro che aveva scelto arco e frecce come arma. Quello ebbe appena il tempo di scoccare una freccia, che comunque andò a vuoto, e si ritrovò una decina di lame addosso. L'arciere cadde a terra morto. La folla esultò.
"Che orrore!" esclamò Pirenea, ma sembrava essere l'unica a pensarla così.
I duelli che seguirono furono però molto entusiasmanti. C'era chi si scontrava a coppie, chi a gruppi di tre e chi addirittura in quattro. La ragazza scoprì ben presto però che non si era squalificati solo se si moriva, ma anche se non si era più in grado di combattere, oppure ci si poteva arrendere alzando le mani al cielo. Questo successe un paio di volte, ma solo perché gli avversari erano riusciti a disarmarli. Pirenea guardava Equimante, era davvero abile con la spada. Era riuscito a disarmare un avversario mentre parava i colpi di un altro con lo scudo, cosa che sembra facile ma vi giuro che non lo è.
D'un tratto il corno suonò nuovamente e lo stesso centauro che prima aveva annunciato l'entrata degli sfidanti, ora proclamò:
"Ed ecco che entrano i tori!"
Pirenea vide due porte laterali spalancarsi e due tori furiosi ne uscirono, caricando i centauri con le loro grosse corna.
"Chi uccide o ferisce un toro è automaticamente squalificato, bisogna schivarli o respingerli senza che si facciano male" spiegò Chirone, con gli occhi fissi su suo figlio.
Pirenea trovò interessante la sfida coi tori e per un attimo rimpianse di non essere lì in mezzo a combattere. Poi vide un toro che caricava dritto in direzione di Equimante, che nel frattempo stava duellando con un centauro che, come arma, aveva scelto due lunghi pugnali acuminati. La ragazza dentro di sé voleva gridargli di fare attenzione. Certo, Equimante era la ragione per cui lei era vestita in quel modo e per cui era prigioniera dei centauri, ragioni sufficienti per odiarlo, ma infondo non era una persona malvagia. Pirenea sperava in una sua sconfitta ma non nella sua morte.
Il toro si avvicinò molto a Equimante, che lo vide solo all'ultimo momento. Riuscì a schivarlo, ma il toro colpì in pieno il suo scudo, mandandolo in mille pezzi. Il centauro riprese il duello col suo avversario usando solo la spada. Intanto erano rimasti solo otto sfidanti nell'arena a combattere: due erano morti (compreso l'arciere), quattro si erano arresi ed erano usciti e uno era stato preso in pieno da un toro e giuaceva steso a terra svenuto.
Ben presto gli avversari divennero sei, poi quattro, infine tre. Ecco che i due tori fecero quello che noi chiamiamo l'effetto sandwich su uno degli ultimi sfidanti, che si accasciò a terra come una bambola di pezza, forse morto, ma sicuramente gravemente ferito. Equimante affrontava l'ultimo centauro, anche lui aveva scelto la spada come arma, e si menavano colpi a non finire. Mentre le spade scintillavano e sferzavano l'aria con violenza micidiale, Pirenea si domandò se quel torneo non fosse stato truccato per far vincere Equimante, ma la risposta non avrebbe cambiato la sua situazione quindi smise di chiederselo.
Equimante disarmò l'avversario, che si arrese, e vinse. Altri centauri entrarono correndo nell'arena e a fatica acciuffarono e tennero ben stretti i due tori che si dimenavano. La folla esplose e acclamò Equimante. A Chirone servirono diversi minuti per farli tacere e per prendere la parola:
"Ebbene ecco a voi mio figlio, Equimante, che ha vinto il torneo" disse infine quando riuscì a catturare l'attenzione della folla "come sapete questa è un'occasione speciale, perché la sua vittoria non significa solo gloria, ma anche il matrimonio con questa bellissima ragazza umana che sta al mio fianco" tutti gli occhi si volsero verso Pirenea, che si sentì a disagio.
"Forse la sposa vuole dire due parole!" esclamò infine Chirone e tutti aspettarono in silenzio.
Pirenea si schiarì la voce, non era abituata a parlare in pubblico, ma prese coraggio e lo fece.
"Ti ringrazio Chirone per aver organizzato questo... ehm, fantastico torneo per me" disse "oggi ho visto grandi guerrieri battersi tra loro, ma uno solo, il migliore se mi è concesso dirlo, ha saputo lottare fino alla vittoria" queste parole potrebbero sorprendervi e potreste pensare che fossero proferite a causa del bracciale che si era legata alla gamba, ma non è così, perché tutto quello che diceva le serviva per il suo piano ti fuga.
"Sto evidentemente parlando di Equimante, che ieri mi ha salvata da un attacco di cacciatori nella foresta" Chirone era in estasi per quelle parole "tuttavia, se dovessi prendere in considerazione di sposarlo, sarebbe solo perché lui è in grado di proteggermi, siamo d'accordo?" molti nella folla annuirono, altri rimasero in silenzio ad aspettare il seguito.
"Ecco perché io, Pirenea, sfido te, Equimante, in un duello" ci furono molte esclamazioni di sorpresa "se vincerai tu, vorrà dire che sei abbastanza forte per proteggermi e ci sposeremo, ma se vinco io, vorrà dire che non lo sei abbastanza e mi prenderò la libertà di rifiutare la tua proposta."
"Questo è assurdo" proruppe Chirone, indignato "tu sei una donna e noi non lottiamo contro le donne!"
"Peccato" gli sussurrò Pirenea "perché io lotterò comunque contro di lui e se lui si lascerà fare senza difendersi, per me sarà più facile batterlo e umiliarlo qui davanti a tutti."
Ma contro ogni aspettativa, Equimante disse:
"Va bene, accetto la sfida!"
Tutti quanti furono sorpresi. Solo Pirenea non sembrava esserlo. La ragazza afferrò il parapetto con entrambe le mani e, con un abile salto, lo scavalcò atterrando nell'arena. Sugli spalti le driadi si chiesero come avesse fatto a fare quell'agile movimento con le scarpe col tacco che le avevano dato. Prima di cominciare il duello, Pirenea si afferrò l'orlo del vestito e lo strappò in modo da essere più agile nel combattimento. Lo stesso gruppo di driadi svenne nella folla.
Tutti esultarono eccitati, solo Chirone rimaneva pensieroso. Il vociare dei centauri sugli spalti però eccitò un po' troppo i due tori, che erano ancora nell'arena intenti a divincolarsi contro i domatori. Uno di loro riuscì addirittura a liberarsi. Corse a gran carriera, caricando Pirenea, ma ecco che Equimante si buttò in mezzo e con un gesto rapido della spada, fece crollare a terra il toro, morto.
"Hai visto? Se mi sposi io saprei proteggerti come ti ho protetta da questo toro furioso" disse a Pirenea.
"Assolutamente no" rispose lei.
La ragazza estrasse la spada dal fodero che aveva sulle spalle e la alzò, pronta a duellare. Fu un combattimento epico, che durò almeno un'ora. Equimante era l'unico che versava sangue. Più tardi avrebbe detto che era perché lui non voleva ferire Pirenea, ma io penso che sia perché non riusciva proprio a reggere il confronto. La guerriera non stava lottando per uccidere, perché, come detto prima, non desiderava la morte di Equimante, e forse è per questo che il duello durò tanto a lungo, visto che è più difficile disarmare un avversario rispetto ad ucciderlo, soprattutto se si tratta di un centauro.
Infine, però Pirenea vinse. Non so spiegarvi bene come fece, ma la sua spada roteò in aria e col piatto della lama, colpì le zampe di Equimante, poi gli saltò addosso, si aggrappò con le mani alla sua spalla sinistra e avvinghiò le gambe al suo busto. Infine, con uno strattone gli fece perdere l'equilibrio. Equimante cadde di lato e la sua spada volò lontano, ma prima che potesse rimettersi in piedi, Pirenea gli stava già puntando la lama alla gola.
La folla esultò e tutti iniziarono a sbeffeggiare Equimante per essersi fatto battere da una donna (quando in realtà nessuno di loro avrebbe mai potuto reggere il confronto con Pirenea). Lentamente e a malincuore Equimante sollevò le mani in segno di resa. Ecco, questo è il momento in cui il piano di Pirenea iniziò ad andare alla deriva.
La ragazza aveva pensato che una volta vinto il duello di fronte a tutta la città, Chirone non avrebbe più potuto obbligarla a sposare il figlio. Ma Pirenea aveva idealizzato un po' troppo il grande e nobile Chirone, perché in realtà il centauro ribolliva di rabbia. La sua voce spiccò tra quella di tutti gli altri.
"Come osi comportarti così, ragazzina idiota!" afferrò arco e frecce e per fortuna Pirenea era vicino alla bacheca con le armi esposte, perché afferrò appena in tempo uno scudo che usò per proteggersi.
La freccia sibilò nell'aria e si conficcò nel legno con una sonora scoccata. La guerriera capì che era giunto il momento di scappare e se la diede a gambe prima che Chirone potesse incoccare un'altra freccia. Oltrepassò la porta da cui erano entrati gli sfidanti e la chiuse dietro di sé, usando lo scudo per bloccarla, poi rinfoderò la spada e scappò.
La città era deserta, tutti erano all'arena, ma lei correva a più non posso. Sentì qualcuno galoppare dietro di lei, ma non fece in tempo a voltarsi, che il grosso fianco di un centauro le venne addosso, facendola ruzzolare a terra. Due grosse mani l'afferrarono e la portarono dentro una casa.
"Ma che diamine!" esclamò Pirenea.
"Chiudi il becco" le disse una voce e Pirenea eseguì l'ordine, perché un battaglione di centauri armati, guidato da Equimante passò proprio fuori dalla porta a gran carriera.
La stavano cercando.
"Mi hai salvata" disse Pirenea, voltandosi verso il centauro che l'aveva trascinata in casa.
Con sorpresa si accorse che non era un centauro, ma una centaura. Si trattava di colei che aveva incontrato quella mattina al mercato, la centaura guerriera di cui aveva parlato con Chirone.
"Sei molto abile con la spada" le disse "ma sei poco furba, fammi capire, volevi dartela a gambe cercando di battere in velocità chi ha quattro zampe?"
Pirenea si ricordò di quanto sgradevole fosse quella centaura.
"Perché mi hai aiutata?" le domandò.
"Perché oggi hai dimostrato come una donna valga quanto un uomo e possa fare le sue stesse cose. È una cosa per cui lotto fin da quando sono piccola."
"Capisco" commentò Pirenea.
"Ora salimi in groppa, ti porto fuori da questa città maledetta" la ragazza sapeva che era un privilegio salire in groppa ad un centauro ed accettò sapendo che, nonostante le due non si piacessero affatto, aveva appena trovato un'amica.
Il sole stava tramontando e la centaura, che si chiamava Euclidea (Pirenea glielo chiese mentre era sulla sua groppa), galoppava veloce per le strade meno conosciute della città. Andavano rapide e Pirenea apprezzò quella cavalcata più di quanto avesse apprezzato quella con Equimante, perché questa volta chi la portava lo faceva in silenzio. Riuscirono finalmente ad attraversare la città e ora si muovevano a gran carriera nei boschi.
"Per Zeus" imprecò Euclidea ad un certo punto "sono sulle nostre tracce!"
"Come lo sai?" domandò Pirenea.
"Intorno a noi non c'è un solo animale, devono aver sentito il pericolo avvicinarsi" Pirenea non era convinta da quella teoria, ma poi si disse che Euclidea doveva conoscere meglio di lei quella foresta, quindi le credette.
D'un tratto però la centaura frenò di colpo e Pirenea rischiò di fare una brutta caduta dalla sua groppa, erano di fronte al fiume.
"Scendi" le disse.
La guerriera eseguì l'ordine.
"Ora tu attraverserai il fiume a nuoto, mentre io lo risalirò lungo l'argine. Loro penseranno che tu sia ancora sulla mia groppa e seguiranno le mie tracce, così riuscirai a scappare."
"Io non so proprio come ringraziarti..." le disse Pirenea.
"Tu oggi hai lottato per tutte coloro che, come me, sono oppresse dalla politica di Chirone, mi piace pensare che siamo pari."
Le due donne si strinsero la mano, poi a Pirenea balenò un pensiero improvviso.
"Se dovessi tornare a Chiratide" le disse "posso chiederti di salutarmi Pegaso? È nell'infermeria all'entrata della città" quella sorrise.
"Se mai dovessi rimettere zoccolo in quella città, temo che sia perché mi hanno catturata e riportata in catene" le disse "ora vai, non c'è tempo da perdere."
Pirenea sentì degli zoccoli scalpitare in lontananza nella foresta, ma non appena si girò di nuovo verso Euclidea, non la vide più, era sparita nel folto della foresta. La ragazza si tuffò nel fiume senza pensarci due volte.
Mentre era sott'acqua, vide una trentina di centauri fermarsi sul bordo del fiume, proprio dove Pirenea si era buttata. Per fortuna il sole era calato e ora faceva buio, quindi non potevano vederla sott'acqua. La corrente in quel punto non era forte, ma raggiunta circa la metà del fiume, Pirenea capì che non poteva riemergere finché i centauri non se ne fossero andati; quindi, si aggrappò ad un masso e aspettò, guardando in direzione dei centauri.
Guardava i centauri, le cui forme erano sfocate attraverso la l'acqua. Non capiva cosa stessero facendo, ma non poteva rimanere per sempre sott'acqua, presto avrebbe dovuto riprendere fiato. Perché ci mettevano tanto a seguire le tracce di Euclidea?
D'un tratto qualcosa oscurò la luna e Pirenea, che non ce la faceva più a trattenere il fiato, vide una mano sporgere in acqua dalla superficie. Non ci pensò nemmeno un istante e l'afferrò, facendosi issare fuori dall'acqua. Prese una boccata d'aria e sentì una voce dire:
"Una ragazza? Sì, giusto pochi istanti fa l'ho vista risalire il fiume in groppa ad una dei vostri."
Poi il rumore dello scalpiccio degli zoccoli di una trentina di centauri riempì le orecchie di Pirenea. Si stavano allontanando, ma lei ancora non sapeva chi fosse il suo salvatore e prese subito in considerazione che potesse essere l'ennesimo malvagio che incontrava.

La lira di ApolloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora