Capitolo 19

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Con la spada alta che le mostrava il cammino, Pirenea seguiva la sua strada. L'elsa rossa e il calore che le diffondeva nel braccio le dava la spinta per trovare Soccante. Lungo la strada si era fermata solo per curarsi le ferite del duello con Barsabas, poi era ripartita. Ormai l'adrenalina di quello scontro le era passata e la ragazza cominciava a sentire i muscoli bruciarle per lo sforzo, ma non era solo quello il problema.
Le era capitato di pensare a cosa avrebbe detto o fatto quando avrebbe finalmente ritrovato Soccante. I due si sarebbero ricongiunti e forse lui l'avrebbe baciata per ringraziarla di essere venuta a cercarlo. Certo, sarebbe stato un sogno, Pirenea non pensava che questo sarebbe successo realmente. Piuttosto però, si sorprese del fatto che quella fantasia non le procurava nessuna emozione. In passato, un pensiero come quello le avrebbe fatto sentire le farfalle nello stomaco, ma ora per lei sembrava quasi non contare. Ogni tanto le capitava addirittura di chiedersi perché lo stesse ancora cercando, perché non lo abbandonava e non andava lei stessa a cercare la lira? Cercava di scacciare questi pensieri scuotendo la testa, ma più li scacciava, più essi si insidiavano nella sua mente. Cercava di pensare ad altro, ad esempio si chiedeva se Soccante fosse ancora vivo, o se lei stesse seguendo le tracce di un cadavere. Forse era stato mutilato da qualche creatura, oppure fatto a pezzi, in quel caso chissà a quale parte del suo corpo l'avrebbe guidata la sua spada. Forse alla testa, oppure al suo cuore?
Ma come potevano venirle in mente pensieri come quelli? Pensava inorridita. Pochi giorni prima un pensiero così l'avrebbe angosciata più di qualunque altra cosa, mentre ora ci rifletteva tranquillamente. Questo la faceva infuriare. Lei amava Soccante, era sempre stato così ed era per quello che lo stava cercando in quella spaventosa foresta! O almeno questo era quello che si sforzava di pensare, ma la verità è che il suo cuore non ne voleva più sapere di lasciare uno spazio a Soccantela.
Con uno scatto di rabbia, ruppe un ramo basso con un colpo della spada.
"No, non può essere" disse ad alta voce "non posso aver perso l'amore che provo per Soccante così all'improvviso" poi però le tornarono in mente le parole che Cleopas le aveva rivolto un attimo prima di farle l'incantesimo:
"Dovrò rubarvi un pezzo del vostro cuore" aveva detto.
Ecco cosa le aveva fatto! Aveva rubato il suo amore per il principe e l'aveva messo nella spada. Quel verme glielo aveva anche spiegato, ma non aveva specificato che con quell'incantesimo lei avrebbe perso il suo amore per lui. Cleopas, e questo Pierenea lo ricordava molto bene, le aveva detto che non ci sarebbe stato pericolo nel fare quella stregoneria, le aveva mentito!
Forse l'incantesimo svaniva appena trovava Soccante. Ma Pirenea non era affatto convinta da quella teoria, perché sin da piccola, probabilmente per colpa di suo padre, non aveva mai creduto nell'esistenza del lieto fine tipico della favola. Pensò invece a come risolvere razionalmente il problema. Innanzi tutto, doveva trovare Cleopas e invertire l'incantesimo. No, aspetta, non poteva, prima doveva sfruttare l'incantesimo e trovare Soccante, solo in seguito avrebbe trovato Cleopas e avrebbe invertito l'incantesimo.
"Poi" pensò con rabbia "io ucciderò quello stregone" e con un altro colpo della spada distrusse un cespuglio, spaventando una ragazza al di là di esso che si stava specchiando nelle acque di un fiume.
Vanitea si voltò e vide questa donna, forte e vigorosa, che la guardava con circospezione. Era bellissima e la fanciulla se ne innamorò perdutamente al primo sguardo. Voleva chiederle il suo nome, ma non sapeva quali parole usare, e se avesse detto la cosa sbagliata? Per fortuna fu la guerriera la prima a parlare.
"Tu chi sei? Una specie di principessa? Una ninfa di questo fiume? Una creatura maligna?" il cuore di Vanitea mancò un battito, l'aveva scambiata per una principessa per via della sua bellezza!
"Oh non sono poi così bella..." rispose Vanitea con le guance arrossate.
"Questo non l'ho mai detto" affermò Pirenea, spazientita "e se non rispondi subito alla mia domanda giuro che ti sgozzo come si fa coi conigli prima di mangiarli."
Vanitea deglutì, la guerriera sembrava essere sincera.
"Mi chiamo Vanitea, sono una umile contadinella che vive in questo luogo. Voi chi siete mia dolce guerriera?"
"Io sono Pirenea, inviata in missione dal regno di Animalia e sto cercando una persona."
"Tutti coloro che provengono da Animalia sono i benvenuti" rispose Vanitea, pensando alla faccia che avrebbe fatto quella splendida ragazza quando avrebbe sposato Soccante, diventando una vera e propria principessa.
"Bene, hai visto passare di qui un uomo che..."
"Come fate ad avere degli occhi così belli?" chiese Vanitea, ignorando quello che Pirenea le stava dicendo.
"Io, beh... non lo so" Pirenea si sentì a disagio sentendosi chiedere una cosa del genere "stavo dicendo, per caso hai visto..."
"Posso vederli più da vicino, alla luce del sole?" Pirenea era titubante, ma sembrava che quella ragazza non le avrebbe dato retta se non avesse acconsentito e così fece.
Pirenea mise la spada nel fodero, ma tenne la mano sull'elsa. Intanto la ragazza le si avvicinò, con una mano le prese il viso, mentre con l'altra le prese dolcemente il braccio e la trascinò verso la luce del sole. Posizionò il suo viso a pochi centimetri da quello di Pirenea e si perse nei suoi occhi.
"E adesso?" chiese Pirenea, a disagio.
"E adesso io vi bacerò, mia dolce stella dalla luce brillante" le sussurrò Vanitea e si protrasse verso la guerriera, ma lei la respinse.
"Non è il caso che io... voglio dire, forse hai frainteso, ma io sono innamorata di un uomo, o almeno lo ero... è complicato."
"Lo capisco benissimo!" esclamò Vanitea "anche io ero innamorata di un uomo prima di conoscervi" Pirenea si accigliò.
"Con tutto il rispetto, ma non penso proprio che stiamo vivendo la stessa situazione, anche perché la fiamma che ardeva in me per lui si è spenta poco tempo fa e ora io la sto cercando di nuovo." Ahimè! Ne l'una ne l'altra potevano saperlo, ma le loro situazioni erano più simili di quel che pensavano: un principe, lo stesso principe tra l'altro, le aveva fatte innamorare per poi sparire e ora, frutto di due incantesimi che giocavano coi cuori delle fanciulle, nessuna delle due provava più nulla per lui, ma entrambe lo stavano ancora cercando per i loro scopi.
"A volte" disse Vanitea "quando una fiamma si spegne, per ravvivarla bisogna soffiarci sopra con forza."
"Non capisco cosa questo voglia dire" ammise Pirenea.
"Dico solo che forse, per ritrovare quel sentimento perduto, vi basta riaprire il vostro cuore, lasciare che Amore lo pervada e io posso aiutarvi, se siete d'accordo" la guerriera capì ma rimase incerta sul da farsi.
Non pensava che questo avrebbe servito a contrastare l'incantesimo di Cleopas, ma una parte di sé si disse che forse l'avrebbe fatta stare meglio, si sarebbe distratta da tutti i pensieri negativi che la pervadevano in quel viaggio. Così si lasciò spogliare da Vanitea e poi la spogliò lei a sua volta e le due fanciulle si divertirono come non mai davanti agli indiscreti occhi dei pesci che sguazzavano beatamente nel fiume. 
Non passò molto tempo che le due, finito l'atto, si trovarono sdraiate a guardare le cime degli alberi. Al di là delle forti emozioni che aveva provato, Pirenea si sentiva più leggera, come se il mondo si fosse fermato un istante e le desse una tregua. Era da tanto che non si prendeva un momento per sé, un momento dove non pensava a Soccante. Ora Pirenea giaceva lì insieme a Vanitea, più rilassata, all'oscuro del fatto che di lì a poco, quella beatitudine che risentiva, le si sarebbe ritorta contro.
"Non ci posso credere" sospirò Vanitea "prima di oggi non avevo mai fatto cose del genere e poi, d'un tratto, ecco che capita due volte in un giorno!"
"Due volte?" chiese Pirenea, senza sapere che in seguito avrebbe rimpianto di aver posto quella domanda.
"Sì, un uomo venuto dal bosco si è innamorato perdutamente di me al primo sguardo."
"E tu ti sei innamorata di lui?" chiese Pirenea, accigliata.
"Sì, ma è una storia vecchia che appartiene al passato ormai, non preoccupatevi tesoro mio." La rassicurò Vanitea.
"Come fai a dire che è una storia vecchia se è successo solo poche ore prima del nostro incontro?" Pirenea non era gelosa, la sua era semplice curiosità.
"Perché poi io vi ho incontrata e mi sono perdutamente innamorata di voi e vi amo con tutta me stessa" Vanitea si mise a sedere mentre diceva queste parole e Pirenea fece lo stesso, le due donne si guardavano intensamente negli occhi. Poi la guerriera notò una cosa che catturò la sua attenzione: il bracciale che Vanitea portava al polso era d'oro e incastonato di pietre preziose.
"Quel gioiello, è per caso stato questo misterioso uomo a dartelo?" Vanitea annuì, poi una lacrima le rigò il volto.
"Oh, ma c'è dell'altro di cui non vi ho parlato!" sospirò, drammatica.
"Parlamene allora" le disse Pirenea, prendendo le sue mani fra le sue.
"Questo bracciale fa parte di una promessa che questo uomo mi fece. Partendo mi disse che sarebbe tornato e mi avrebbe sposata!" un'altra lacrima solcò il viso della ragazza e Pirenea capì cosa dovesse essere successo. Quello doveva essere il bracciale rubato a Cleopas, l'uomo in questione doveva aver visto la ragazza, si era innamorato e le aveva chiesto di sposarlo. Lei, povera contadina di questi boschi, aveva accettato e lui, non appena si era sfilato il bracciale per darglielo, si era pentito di quel che aveva fatto ed era scappato. Pirenea aveva ricostruito quasi tutta la storia, c'erano solo ancora alcuni dettagli che non le quadravano.
"Vanitea" disse "tu mi ami?"
"Più di qualunque altra cosa al mondo" rispose lei.
"Allora perché non annulli il matrimonio?"
"Perché sposando quest'uomo io diventerei una donna molto ricca e potente" rispose la fanciulla, sognante.
"Una nobile" rifletté Pirenea, ad alta voce "come hai detto che si chiama questo nobile signore che hai incontrato?"
"Oh, lui non è un semplice nobile" un sorriso si dipinse sul viso di Vanitea "lui è il nobile dei nobili. Si tratta di un principe!"
"Un principe" ripeté Pirenea e intanto un brutto presentimento iniziò prendere forma nella sua mente.
"Sì, non volevo dirvelo ma si tratta del vostro principe, il principe di Animalia e io diventerò la vostra principessa!" qualcosa si ruppe dentro Pirenea, ma Vanitea, assorta nel suo sogno fiabesco, non se ne accorse.
"Principessa di Animalia, bellissima moglie di Principe Soccante" sospirò la ragazza.
Questo fu un duro colpo per Pirenea, che dovette alzarsi in piedi e fare due passi per riprendersi da quella notizia.
"Sarò la donna più bella di Grecia..." in quel momento Pirenea pensò che la ragazza avesse ragione, Vanitea era bellissima, molto più bella di lei.
Probabilmente Soccante se ne sarebbe innamorato anche senza il bracciale.
"Altro che quella vipera di Filomena!" Filomena, ecco! Era già successo in passato, Soccante che si innamorava di una ragazza bellissima, mentre lei, Pirenea, non sembrava essere abbastanza per lui. Questo la faceva infuriare.
"Principessa Vanitea di Animalia, donna più bella di Grecia, ben più bella di Filomena" No, Pirenea non era gelosa di Vanitea, perché non provava più nulla per Soccante.
Ma sapeva che non era giusto, che lei avrebbe dovuto provarla la gelosia in quel momento. Che la sua rabbia avrebbe dovuto riversarsi su quella fanciulla, ma questo non accadeva e più non accadeva, più la guerriera si infuriava perché questo non accadeva. Era un vero e proprio circolo vizioso.
Pirenea si ritrovò con la sua spada tra le mani, come era solita fare quando era furiosa e andava ad allenarsi. Armeggiava con l'arma ma aveva la mente altrove e la rabbia ribolliva nel suo cuore come un pentolone messo sul fuoco.
"Amore mio" anche Vanitea si era alzata in piedi, ma non si era accorta dei moti dell'animo di Pirenea "non pensate che io e Principe Soccante saremo la coppia più affascinante di Grecia?" perché Pirenea non era gelosa? Sarebbe stato più facile, era abituata ad essere gelosa, lo era sempre stata di Filomena per le attenzioni che Soccante le rivolgeva. Ma ora non era gelosa e il sentimento di rabbia che provava era frutto di qualcosa di più complesso, qualcosa che non capiva. Era arrabbiata perché non era gelosa oppure era arrabbiata perché sapeva che avrebbe dovuto esserlo? Forse entrambe le cose.
"Lui, un principe, e io, la donna più bella di Grecia! Di Grecia ho detto? Diciamo pure del mondo intero!" Soccante non le faceva né caldo né freddo, ma non era giusto che fosse così!
"Come ci siamo divertiti Soccante e io, qui su queste pietre poche ore prima che voi ed io ci divertissimo in egual misura in questo stesso punto!" Pirenea sentì quelle parole rimbombarle in testa. Era successo lì, nello stesso luogo, come poteva questo non farla stare male!
Pirenea chiuse gli occhi e urlò, gridò tutto quello che sentiva dentro e che non capiva. Versò in quell'urlo tutto il dolore che Soccante le aveva provocato tutti quegli anni, l'odio che aveva provato per Filomena e la malinconia di quei sentimenti che non riusciva ormai più a provare. Detestò Cleopas per quello che le aveva fatto e Vanitea perché non era giusto che fosse così bella.
L'urlo terminò non tanto perché Pirenea si era sfogata, ma perché non aveva più voce. La guerriera riaprì gli occhi e con un tuffo al cuore vide cosa aveva fatto. Vanitea giaceva stesa a terra, nuda, con l'elsa della spada della guerriera che le usciva dal ventre. Il sangue aveva creato una pozzanghera attorno al suo corpo e si districava tra le pietre fino riversarsi nel fiume, da dove i pesci, ormai, erano scappati.
La guerriera fu colta dal panico, si guardò attorno sperando che nessuno avesse visto cosa aveva fatto, lei, nobile soldato di Animalia, ad una povera contadinella indifesa. Si rivestì in fretta e furia e senza troppe cerimonie recuperò la sua spada dal ventre della ragazza. L'elsa emise un bagliore rossastro, ma prima di scappare da quel macabro luogo, qualcos'altro catturò l'attenzione di Pirenea: un bagliore. Era il bracciale dei Pigmei. La guerriera pensò che sarebbe stata una buona merce di scambio se avesse incrociato di nuovo il cammino di Cleopas, così lo recuperò e, ben attenta a non metterselo al polso, lo nascose tra le sue vesti. Poi scappò col cuore in tormenta, facendosi guidare dalla magia della sua spada.
Qualcuno però da lassù ebbe pietà di Vanitea e prima che questa potesse emettere l'ultimo sospiro, le apparve in sogno e le disse:
"Io sono Apollo, Dio del sole, dell'arte e delle epidemie. Tu stai morendo mia cara ma io posso ridarti la vita a patto che tu mi faccia un piacere. Un altro Dio, il più malvagio di tutti, è sceso in terra non molto tempo fa e vuole impadronirsi della mia lira per i suoi macabri scopi. Io ti chiedo di fare tutto quello che è in tuo potere per evitare che quel sacro oggetto cada nelle sue mani e in cambio avrai la vita" la ragazza acconsentì, sentendo di aver approfittato troppo poco della sua bellezza sul mondo terreno.
Probabilmente però non aveva riflettuto abbastanza al significato delle parole di Apollo, perché solo una volta accettato il patto con Lui, capì che il malvagio Dio era Ade, Signore della Morte. Così la sua vita fu salva, saldamente attaccata ad una promessa che superava le sue capacità. Non per nulla però il suo nome era Vanitea e d ella era convinta di poter affrontare anche quella sfida.

La lira di ApolloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora