Capitolo 28

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Neofante si svegliò con un gran mal di testa ed ecco cosa vide: Ambrosio a cavalcioni sopra di lui che alzava una mano, pronto a dargli una sberla che, a giudicare dal dolore che aveva alle guance, non doveva essere la prima. Con uno spintone allontanò il satiro e si mise seduto sull'erba. Grosso sbaglio, la testa iniziò a girargli e a pulsargli là dove Vanitea lo aveva colpito.
Ci mise ancora qualche minuto prima di riprendersi, poi facendosi aiutare dall'amico, si alzò.
"Quella ragazza..." biascicò.
"Quella orribile ragazza" disse Ambrosio.
"L'avete fermata?"
"Ma che! Quella mi è saltata addosso e mi ha tramortito con la lira" Neofante si tastò freneticamente le vesti, poi, con il terrore dipinto negli occhi, esclamò:
"La lira! Ce l'ha rubata!" al che pure Ambrosio sembrò finalmente realizzare l'orribile tragedia.
"E ora cosa facciamo?" domandò.
"Dobbiamo recuperarla" affermò Neofante, disperato.
"Quella donna è diabolica, non possiamo fermarla" disse Ambrosio.
"Diabolica?" gli chiese l'amico.
"Nessuna creatura che vive in questi boschi può essere tanto bella quanto lo era lei. Scommetto che nasconde un segreto tremendo."
Neofante guardò le macerie fumanti di quella che era la sua fattoria e si soffermò sugli animali, che erano stati, se lo ricordate bene, sgozzati da Vanitea stessa. Così si convinse di quello che diceva l'amico.
"Ma certo" disse tra sé e sé il ragazzo "la bella Pandora che liberò i mali del mondo, la stupenda Medusa che subì una maledizione e ora trasforma la gente in pietra con lo sguardo, o ancora il mito delle sirene, che attirano i marinai col loro canto e la loro bellezza, ma poi li uccidono."
"Non capisco una parola di quello che stai dicendo" ammise Ambrosio, ma l'amico lo ignorò.
Ora anche lui era convinto che quella ragazza fosse diabolica.
"Dobbiamo assolutamente ritrovarla, uno strumento potente come la lira di Apollo nelle sue mani potrebbe essere molto pericoloso."
"Hai ragione!" esclamò il satiro, sgomentato.
"Il tempo stringe. Riflettiamo: da che parte può essere andata?"
"Diceva di voler trovare Ade per ucciderlo... deve proprio essere malvagia se pensa di poter competere col Dio della morte."
"Quindi lo starà cercando" rifletté Neofante, pensieroso.
"Sarà andata verso le montagne, là dove abbiamo seppellito Ade" concluse Ambrosio, avviandosi verso Nord.
"Fermo" Gli intimò Neofante "lei ci ha preso la lira."
"Sì" confermò Ambrosio.
"E non penso proprio che lo abbia fatto per poter sposare la principessa Filomena."
"Giusto!" Esclamò il satiro.
"Lei vuole solo attirare Ade in una trappola."
"Ma come fa Ade a sapere dove trovarla?" domandò ancora l'amico.
"Ade non sa nemmeno che è lei ad avere la lira" Neofante si stava premendo le meningi "Ade pensa che ce l'abbiamo noi, quindi, se ci sta inseguendo come pensiamo, verrà a cercarci là dove vogliamo portare la lira."
"Al regno?" Chiese Ambrosio.
"Al regno" confermò Neofante "ed è lì che è diretta anche la ragazza, perché sa che era quella la nostra destinazione, e quindi anche quella di Ade" il satiro parve un po' confuso dal ragionamento.
"Dunque, noi inseguiremo la ragazza che ci ha tramortiti perché ha la lira e contemporaneamente il grande Ade, Dio della Morte, inseguirà noi e tutti quanti ci ritroveremo al regno di Plantea? Non ti sembra un po'... pericoloso?"
"Pericoloso?" domandò Neofante.
"Ma sì! Noi dobbiamo affrontare una ragazza malvagia per recuperare la lira, una ragazza convinta di poter uccidere il Dio della Morte. Se tutto va a buon fine e recuperiamo la lira, poi dobbiamo affrontare anche Ade, che esige lo strumento. Mi chiedo solo se quella lira valga la pena di affrontare tutto questo."
Il ragazzo guardò l'amico satiro con compassione e gli mise una mano sulla spalla.
"Ambrosio, io non vi ho mai chiesto di seguirmi in questa assurda avventura e capirei benissimo se voleste mollare, ma per quel che mi riguarda, sento che quella lira è il mio destino e sento di doverla proteggere dalle forze malvagie che la desiderano. Non riesco a spiegare questo sentimento, ma devo inseguirla e questa è la mia unica certezza. Perciò se sentite che questa storia va ben oltre a quello per cui vi siete ingaggiato inizialmente, sentitevi libero di tornare a casa, io non ve ne vorrò."
Personalmente, penso che il nostro satiro non prese nemmeno in considerazione l'idea di abbandonare l'amico. Infondo, anche per lui quella era la prima vera avventura che viveva e questo lo elettrizzava. Inoltre, ma questo si guardò bene dal dirlo a Neofante, sentiva di aver finalmente trovato un amico, una persona che lo facesse stare bene, e non lo avrebbe lasciato per nulla al mondo.
"Se pensi che questa sia la cosa giusta, allora probabilmente è perché lo è. Ora un lungo viaggio ci aspetta e io conosco una via molto breve" disse.
Il cuore di Neofante fece un balzo di gioia e i due amici si incamminarono verso Ovest. Marciarono tutto il giorno e il ragazzo si chiese più volte perché l'amico lo stesse guidando nella direzione sbagliata, ma non osò farglielo notare. Quando il sole iniziò a tramontare, raggiunsero il grande fiume che attraversava la foresta.
"Eccoci arrivati" disse Ambrosio.
Neofante si guardò attorno senza capire: non c'erano sentieri o portali magici che li guidassero fino a Plantea. Per un attimo temette che avessero solo perso un giorno di cammino, ma poi vide Ambrosio inginocchiarsi nelle acque del fiume. Tirò fuori il suo flauto e intonò una melodia graziosa. Neofante non volle deconcentrarlo, così lo ascoltò in silenzio e chiuse gli occhi per assaporare meglio quella magia.
Così come aveva iniziato a suonare, di colpo smise e si chinò sul fiume, col naso che ne sfiorava la superficie. Mormorava parole che Neofante non capì. Il ragazzo si avvicinò un po' al satiro per capire cosa stesse dicendo e finalmente le vide. Delle fanciulle si trovavano sotto la superficie dell'acqua: avevano vesti verdi, come lo sono le alghe, che ondeggiavano fra le onde. I loro capelli scuri seguivano la direzione della corrente, ma i loro corpi non si muovevano di un centimetro. Erano Naiadi, le ninfe del fiume e stavano ascoltando quello che Ambrosio diceva loro. Erano assorte e annuivano regolarmente man mano che lui parlava. Neofante non osò avvicinarsi ulteriormente, aveva come il timore di poterle spaventare e di farle scappare.
"Allora grazie mille, vi sono debitore amiche mie" sentì dire Ambrosio prima che si alzasse e che le Naiadi sguazzassero via.
"Cosa hai detto?" domandò Neofante, curioso.
"Ho chiesto loro un favore" disse Ambrosio, con il sorrisino di chi la sa lunga.
"Quale favore?"
"Lo vedrai domattina, ora accampiamoci qui per la notte e aspettiamo."
Neofante provò ancora a fargli dire qualcosa, ma quello rimase in silenzio, così abbandonò il tentativo e insieme all'amico accesero un fuoco, mangiarono qualcosina e infine si coricarono.

La lira di ApolloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora