Capitolo 22

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Rimessosi dall'avventura avuta con Vanitea, con la mente che piano piano riacquistava lucidità dopo aver preso altri funghetti, Soccante decise che per lui era giunta l'ora di tornare indietro. Quel viaggio era stato un disastro dopo l'altro, una grande perdita di tempo. Scampato da un mostro enorme nella palude, dove tra l'altro aveva perso il suo piccolo esercito, si era stordito con dei funghi allucinogeni perché non era stato capace di distinguerli da quelli buoni, in seguito uno stregone lo aveva imprigionato, così lui era scappato e gli aveva rubato un bracciale che, ormai Soccante ne era sicuro, era la causa del suo fidanzamento con una brutta contadinella del posto. Il principe aveva capito che gli Dei gli erano avversi, che non volevano fosse lui a recuperare la lira, così decise di arrendersi, o quasi...
Soccante era fatto così: cercava sempre di gareggiare con gli altri per mostrarsi forte e perfetto, ma quando sapeva di non poter vincere, la sua subdola personalità subentrava e prendeva il sopravvento, cercando sotterfugi che lo portassero comunque alla vittoria. Ed è proprio questo che era avvenuto. Dopo tutte le sconfitte che aveva incassato, aveva deciso che era giunta l'ora di cambiare le carte in tavola e di agire in modo più meschino. Così aveva preso la decisione di tornare indietro, verso Sud, verso casa, ma non si sarebbe fermato ad Animalia, non a mani vuote. Soccante sarebbe andato a Plantea e avrebbe aspettato lì chiunque fosse tornato con la lira. Il suo piano era quello di intercettare il sacro strumento di Apollo e di uccidere chiunque lo avrebbe riportato trionfante. In seguito, avrebbe pizzicato le corde della Lira e Filomena, la cui vita sarebbe stata salva, si sarebbe finalmente innamorata di lui.
Soccante si diresse dunque verso Plantea, seguendo la direzione che il sole gli suggeriva. L'ora del crepuscolo si avvicinava: un tramonto che sarebbe rimasto impresso per sempre nella vita del principe. Camminava tutto solo, tra le lunghe ombre degli alberi, con una brezza leggera che gli soffiava sul viso, ma il suo sentimento era di disagio.
Aveva la sensazione che lo seguissero, che lo osservassero, che qualcosa non andasse per il verso giusto. Più di una volta gli era sembrato di scorgere alcuni movimenti bizzarri nell'ombra, ma quando si avvicinava, non vedeva nulla. Con una mano sull'elsa e lo sguardo che correva da una parte all'altra, Soccante proseguiva, ansioso.
Poi, alle sue spalle sentì un fruscio in un cespuglio. Non si voltò subito, ma fece ancora qualche passo, fingendo di non aver sentito nulla. Gli sembrò di sentire dei passi leggeri avvicinarsi alle sue spalle, così, all'improvviso sguainò la spada e si voltò, pronto a combattere.
Un lupo dal pelo scuro e gli occhi brillanti si stava avvicinando quatto quatto alle sue spalle. Vedendo la spada, iniziò a mostrare i denti e a ringhiare. Il principe sbiancò e indietreggiò spaventato. Con la coda dell'occhio vide un altro movimento alla sua destra e lanciò un'occhiata. Un altro lupo era uscito dall'ombra e ringhiava. Il primo lupo ululò e Soccante si voltò di nuovo verso di lui. Altri tre lupi uscirono dai loro nascondigli, poi altri due alle sue spalle. Soccante fece vari giri su sé stesso e presto perse il conto di quanti fossero. Erano troppi, erano un branco, e tutti ringhiavano inferociti e avanzavano verso di lui, rinchiudendolo in un cerchio di pelo, zanne e artigli. Il povero ragazzo si guardò freneticamente intorno, ma non c'erano vie di scampo e affrontarli tutti era una cosa impensabile.
I lupi avanzavano ed avanzavano, grossi ed affamati, arrivarono a circa un metro dal nostro principe quando una voce nell'ombra gridò:
"Basta così!" immediatamente smisero tutti di avanzare e di ringhiare e si sedettero, innocui come cagnolini.
Da dietro un albero uscì una figura, un uomo, alto, nudo e sporco. Aveva lo sguardo di un selvaggio e dei capelli arruffati che gli ricadevano sulle spalle. Un sorriso gli solcava il viso, un sorriso che fece rabbrividire il principe, che era già preso dal panico.
La lama della sua spada si diresse nella direzione del misterioso uomo.
"Identificati subito" gli ordinò, ma la sua voce tradì la sua paura e questo rese lo sconosciuto particolarmente felice.
"Che modo scurrile per rivolgersi ad un re" disse lui facendo un altro passo verso Soccante, che ruggì:
"Stai fermo dove sei!" l'altro ignorò il suo avvertimento.
"È da un po' che ti seguiamo principe Soccante di Animalia e devo ammettere che nutro una certa curiosità nei tuoi confronti."
"Chi sei!" era un ordine, non una domanda.
"Un uomo ti sta cercando, un uomo di cui noi abbiamo bisogno" lo sconosciuto stava completamente ignorando il principe.
"Voi? Voi chi?"
"Noi lupi, ovviamente" Soccante lanciò un'occhiata al branco, che sembrava stesse seguendo con interesse le parole dello sconosciuto.
"Chi è che mi cerca e perché voi avete bisogno di questa persona?" l'uomo assunse un'aria grave.
"Cleopas, ti dice qualcosa?"
"Lo stregone che mi rinchiuse nella sua torre" rispose il principe dopo un attimo di riflessione.
"Quello a cui rubasti un bracciale magico" lo corresse l'altro.
"Mi dispiace ma se sei qui per quello sei arrivato troppo tardi, me ne sono liberato. Quel bracciale era pervaso di magia nera."
"Non stiamo cercando il bracciale ma te."
"Ma se io non ho il bracciale perché Cleopas dovrebbe cercarmi?"
"Perché lui non sa che tu non ce l'hai" rispose con semplicità lo sconosciuto "ora ti spiego cosa succederà: noi ti accompagneremo fino al regno, perché è lì che sei diretto, vero? Ti aiuteremo a raggiungere la città degli umani sano e salvo e aspetteremo che Cleopas faccia la sua apparizione, poi ti lasceremo alla tua patetica vita umana, affare fatto?"
Soccante sapeva che nonostante lo sconosciuto gli avesse posto quel compromesso con gentilezza, si trattava più di una minaccia che di una proposta.
"Non mi hai ancora detto come ti chiami" constatò Soccante.
"Hai ragione" rispose l'uomo, che si passò la lingua sulle labbra.
Ci fu un momento di silenzio, in cui sembrava che lo sconosciuto stesse riflettendo alla sua risposta, infine disse:
"Chi mi incontra mi chiama Licaone il mangia uomini."
"Licaone" rifletté Soccante, poi si guardò intorno e capì "tu un tempo eri il re di Arcadia, dico bene? Le leggende dicono che Zeus maledisse te e tutta la tua famiglia perché gli proponesti carne umana durante un banchetto" l'uomo si fece scuro in volto.
"Sì, venni trasformato in licantropo, così come il resto della mia famiglia... quarantanove figli che ululano!"
"Non capisco, la leggenda narra che la maledizione di Zeus doveva durare solo otto anni." Licaone rise amaramente.
"Otto anni! No, Zeus è molto più subdolo di così. Ogni mese quando c'è la luna piena io sono costretto a trasformarmi in un licantropo, a perdere il controllo e a mangiare qualcuno. Zeus mi disse che se avessi passato otto anni resistendo alla tentazione di uccidere qualcuno, sarei tornato ad essere umano, ma è impossibile!"
"Quanto tempo fa ti maledisse?" domandò Soccante, disgustato.
"Cento, forse mille anni fa, non ne ho idea."
"Quindi tu sei..."
"Immortale e maledetto finché non passo otto anni senza mangiare carne umana" un velo di malinconia solcò il volto di Licaone.
"Quindi questi lupi sono tutti i tuoi figli?"
"No, l'unico membro immortale della famiglia ero io. Molti dei miei figli furono cacciati e uccisi, altri si vergognavano di loro stessi al punto che decisero di trasformarsi in lupi e di rimanere in quella forma per il resto dei loro giorni. Assistetti alla morte di tutti loro, uno dopo l'altro."
"È orribile" rispose Soccante, sinceramente dispiaciuto "quindi questo branco di lupi è..."
"Un branco di licantropi che preferiscono la propria forma animale a quella umana, sì. Sono la discendenza diretta della stirpe della mia famiglia, i figli dei figli dei figli dei figli, ... e così via della mia prima progenie" spiegò Licaone "per molto tempo mi sono arreso nel tentativo di passare otto anni senza cibarmi di carne umana, ma non tempo fa, mi è capitato di incrociare il cammino di Cleopas e ho capito che se c'è qualcuno che può rompere la maledizione, allora quello è lui."
"Dunque se Cleopas non riesce ad aiutarvi voi finirete col mangiarmi?" domandò Soccante proccupato.
Il re dei lupi rise famelico.
"Questo è ancora da decidersi" Licaone si leccò di nuovo le labbra, come se avesse l'acquolina in bocca "andiamo?"
Soccante non aveva scelta, così rimise a malincuore la spada nel fodero e si diresse per la sua strada, con Licaone al suo fianco e una cinquantina di lupi che li seguivano, ululando felici.

La lira di ApolloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora