Da quando Soccante aveva affrontato Licaone, le cose erano diverse nel branco. I lupi che fino ad allora lo avevano guardato con appetito, ora lo guardavano con un po' di timore e cercavano di stargli alla larga. Il principe aveva acquistato un rispetto tutto nuovo tra i lupi e questo perché era riuscito a ferire il capobranco in uno scontro. Persino Licaone aveva cambiato atteggiamento. Non era più completamente sgradevole con Soccante, ma gli stava vicino e gli spiegava un po' le usanze dei lupi, oppure gli raccontava di grandi genocidi che aveva fatto nelle città coi suoi figli molti anni prima. Ma Soccante temeva ci fosse altro sotto perché quando era insieme a lui si sentiva come esaminato e quando invece era da solo, quelle rare volte che questo succedeva, sentiva i suoi occhi piantati addosso.
Questo cambio di comportamento lo faceva stare bene, come se fosse tornato ad essere il principe più temuto della città. Il rispetto e la paura, due sentimenti che adorava. Poi, ma questo si guardò bene dal dirlo al branco, accerchiato da quella cinquantina di lupi si sentiva stranamente al sicuro. Gli animali fuggivano quando li sentivano arrivare e il terrore che diffondevano nella foresta era senza eguali, tanto che non ebbero nessuno sventurato incontro durante il loro viaggio, o almeno quasi, ma su questo torneremo tra un attimo.
Soccante aveva anche iniziato ad apprezzare di più il cibo che gli portavano. Certo, aveva ancora un po' di difficoltà a mangiare la carne cruda (sia perché era difficile da strappare con i denti che perché gli faceva senso), ma ora ne mangiava di più e senza l'aiuto dei funghetti per farlo.
A proposito dei funghetti, per lui fu un percorso molto difficile quello di rinunciarci. Aveva costanti eccessi di rabbia e sbalzi d'umore e si sentiva sempre stanco e malato. Gli capitava che ogni tanto la febbre gli salisse per poi ridiscendere un paio d'ore dopo. Era una situazione davvero brutta per lui perché sapeva che se avesse potuto prendere un solo funghetto si sarebbe subito sentito meglio, ma avendo finito la sua scorta, dovette aspettare di guarire senza. Era dovuto passare molto tempo prima che i sintomi si affievolissero fin quasi a sparire e finalmente questo traguardo raggiunto, Soccante capì che poteva affrontare le avventure che lo spettavano anche senza l'aiuto dei funghetti.
Tornando al branco però, avevano lasciato la riva del fiume, o meglio, per un pezzo lo avevano costeggiato, ma alla fine, trovato un punto poco profondo, lo avevano attraversato e si erano lasciati il corso d'acqua alle spalle, addentrandosi di nuovo nel folto della foresta. I lupi conoscevano la strada per andare a Plantea e Soccante si fidava, ma ogni tanto controllava comunque che la direzione fosse giusta e quando vedeva che stavano piegando un po' troppo verso Ovest, o un po' troppo verso Est, lo faceva notare a Licaone che liquidava la preoccupazione dicendo:
"Fidati di noi, questa è una scorciatoia."
Purtroppo, i giorni di tranquillità di Soccante stavano per finire e questa è la storia di come il principe fece il primo passo verso un baratro più cupo di quello che erano stati i funghetti allucinogeni. Da parecchie ore il sole era tramontato e il nostro macabro esercito di licantropi camminava, quando d'un tratto tutti si fermarono.
Soccante li imitò. Era accanto a Licaone, come sempre, e lo vedeva fiutare l'aria come un cane che sente l'odore di un altro animale. Il principe notò che tutti i lupi attorno a loro imitavano il suo esempio, così, punto dalla curiosità, fece per chiedere cosa non andasse ma venne subito zittito con un cenno della mano. Con un altro cenno, Licaone ordinò a tutti di mettersi al coperto. Soccante andò quindi ad accovacciarsi in mezzo all'erba alta insieme ad un altro lupo, da dove poteva vedere senza essere visto.
Licaone si trasformò. I peli gli crebbero, le ossa cambiarono forma e la faccia si allungò. Divenne un lupo, ma era diverso dagli altri. Era più grosso e la pelliccia era bianca, come quella di uno di quei lupi di montagna, mentre il resto del branco aveva la pelliccia scura, comune quella di qualsiasi altro animale. Soccante si rese conto di non averlo mai visto trasformato e ora che lo guardava nella sua forma animale, sentiva un brivido di terrore corrergli lungo la schiena.
Licaone rimase calmo, seduto sulle zampe posteriori ad aspettare. Poi, come una saetta qualcosa sibilò nell'aria e lo colpì in pieno petto. Soccante si lasciò scappare un'esclamazione di stupore, ma i lupi attorno a sé non batterono ciglio. Licaone giaceva steso a terra sempre nella sua forma animale, con una freccia nel petto, visibilmente morto.
Qualcun altro stava entrando in scena. Era troppo basso per essere umano, ma ne aveva tutte le sembianze. Aveva un arco in mano e una spada al fianco, tutti oggetti proporzionali alla sua minuscola taglia. Era alto forse un metro e aveva una barba che gli copriva il volto quasi per intero. Si avvicinò con un ghigno al cadavere di Licaone, ma proprio mentre stava per accovacciarsi su di lui, il lupo ridivenne umano e il nano sputò a terra contrariato.
"Lupi mannari, la feccia della foresta" poi aggiunse digrignando i denti "questo è quello che meriti per come hai ridotto il mio popolo, bestia schifosa."
Ma ecco che Licaone aprì gli occhi di scatto e rise in modo disgustoso. Il nano fece un balzo indietro, spaventato e posò una mano sull'elsa della spada.
"Per tutti gli inferi come fai a respirare ancora?" esclamò spaventato.
"Piccolo e incompreso nano" disse il licantropo mettendosi a sedere "io credo che tu non sappia chi hai davanti, perché sennò scapperesti urlando, dico bene?"
Quello fece qualche passo indietro, lasciò cadere l'arco ed estrasse la spada. Intanto Licaone aveva afferrato con entrambe le mani la freccia che gli usciva dal petto e con un gemito di dolore la estrasse.
"Questo è impossibile, quella freccia era d'argento, l'ho forgiata io stesso!" biascicò il nano.
"Le frecce d'argento! Se potessero uccidermi ti assicuro che sarei morto almeno un centinaio di volte, purtroppo però su di me non hanno alcun effetto" sogghignò Licaone, che intanto si era messo in piedi e, col petto ricoperto di sangue, incombeva sul nano. Quello alzò la spada e disse:
"Se osi torcermi un solo capello, la furia del grande Barsabas si abbatterà su di te e su tutto il tuo branco" al che tutti i lupi uscirono dai loro nascondigli e accerchiarono il nano.
Questa scena ricordò con amarezza a Soccante la volta in cui era stato lui quello circondato dai lupi.
"Un nano del popolo dei Pigmei" constatò Licaone "abitate a Est, molto lontano da qui, ricordo che ci feci un'escursione col mio branco non molto tempo fa" la mascella del nano si irrigidì, ma Licaone continuò:
"Ero curioso di sapere se la carne di nano è buona almeno quanto quella umana per trovare una degna sostituzione, ma il giorno dopo che attaccammo il tuo popolo nelle miniere e ne facemmo una strage, tutto il mio branco soffrì di un terribile mal di pancia" il nano divenne rosso di rabbia.
La punta della sua spada fremette nell'aria con furia, ma con grande sorpresa di Soccante, che era rimasto accovacciato nel suo nascondiglio, sentì che Licaone lo stava chiamando. Lentamente si alzò e si diresse al centro del cerchio, con gli occhi di tutti puntati addosso.
"Il nostro piccolo amico qui presente sembra morire dalla voglia di trovare un degno avversario a duello" commentò Licaone "un duello spada contro spada, hai capito cosa intendo, vero?" Al che Soccante, a malincuore, ma pur sapendo di non avere scelta, estrasse la sua spada e la porse a Licaone.
Dovete sapere che per i guerrieri la spada non è solo un'arma o uno strumento, ma è come un pezzo di sè. Molti davano addirittura dei nomi alle loro spade e le pulivano più spesso di quanto loro stessi si pulissero. Possedere una spada significava avere un certo onore ed è per questo che Soccante era reticente nel dare la sua a Licaone.
"Mi lusinghi" gli disse il lupo mannaro "ma vorrei che fossi tu ad avere l'onore questa volta." Soccante ci rimase di sasso. Licaone voleva che fosse lui a combattere col nano? Il principe sin da piccolo si allenava con la spada duellando con chi a corte se la sentisse; perciò, si può dire che fosse bravo a duello, ma non aveva mai affrontato un vero nemico, si era sempre limitato solo ad allenarsi. Non poteva però tirarsi indietro, non ora che i lupi iniziavano a rispettarlo, così si voltò verso il nano e alzò la spada, pronto allo scontro. Licaone fece alcuni passi indietro e raggiunse il rango dei lupi che formavano una specie di arena attorno ai due guerrieri.
"Niente colpi dalla vita in giù, va bene?" disse Soccante, ma il nano digrignò i denti e partì all'attacco.
Era un bravo spadaccino e nonostante la spada di Soccante fosse più grande e pesante della sua, riusciva a parare bene i colpi. Inutile dirlo ma non seguì la premessa che aveva fatto Soccante prima dello scontro e più volte provò a colpire il suo avversario alle gambe per farlo cadere. Il principe rispondeva con grazia regale ai colpi del nano. A volte saltava, altre schivava, o ancora parava i colpi, ma non stava lottando per uccidere perché non aveva mai imparato a farlo. Al contrario del nano, il suo unico obiettivo era quello di disarmare l'avversario. E mentre il nano si accaniva contro di lui, Soccante sembrava che ballasse. Piroettava e faceva passi aggraziati, perché è così che lui aveva imparato a combatter a corte, ma il branco pensava che stesse semplicemente prendendo in giro l'avversario e tutti iniziarono a ridere, persino Licaone. Di risate non si può propriamente parlare, erano più dei versi e degli ululati, ma ci siamo capiti.
Poi, il nano tentò un affondo e con tre colpi ben assestati, Soccante gli fece volare via la spada dalle mani. Il principe guardò Licaone con fierezza e domandò:
"Dobbiamo fare al meglio di tre o così va bene?"
"Così va bene" rispose lui calmo "ora uccidilo."
Soccante sgranò gli occhi pensando di non aver capito bene. Lui aveva studiato i codici d'onore dei duelli e quella di uccidere un avversario disarmato non era una mossa leale, così lo fece presente a Licaone ma quello si limitò a rispondergli:
"Questa è la vita reale Soccante, un mondo i cui disarmare l'avversario non è una vittoria e in cui o uccidi o vieni ucciso" così il principe si voltò di nuovo verso il nano, che intanto si era inginocchiato e lo guardava fisso negli occhi, pronto a incontrare il suo destino.
"Fallo in fretta" gli mormorò, quasi implorandolo.
Soccante non aveva mai ucciso in vita sua. O meglio, sì aveva fatto lapidare, o impiccare, alcune persone a regno, ma non lo aveva mai fatto di mano propria. Capì però che se non lo avesse fatto, il branco si sarebbe accanito su di lui. Non aveva paura che lo uccidessero, ma piuttosto che perdessero quel poco di timore e di rispetto che gli riservavano.
"Chiudi gli occhi non guardarmi" ordinò al nano.
"No, io temo la morte ma non per questo chiudo gli occhi davanti a essa" gli rispose lui, senza distogliere lo sguardo da Soccante.
"Chiudili" ripeté il principe, disperato.
"No!" gridò il nano e prima che uno dei due si rendesse conto dell'accaduto, la spada di Soccante disegnò un arco nell'aria e la testa del nano rotolò ai suoi piedi.
Il principe si trovò coperto di sangue mentre guardava gli occhi ancora aperti e vacui del nano, come se lo ipnotizzassero. Intanto il branco era esploso in un coro di ululati e festeggiamenti. Licaone fece segno a un lupo di venire avanti e, indicando la testa del nano, gli disse:
"Porta questa a Barsabas e fatti vedere, voglio che sappia chi è stato."
Quello prese il cranio, che ancora sanguinava, tra le fauci e partì correndo. Intanto Licaone aveva dato una gran pacca sulla spalla di Soccante, che ancora fissava il punto dove era caduta la testa del nano, e gli sussurrò all'orecchio:
"Sono fiero di te."
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La lira di Apollo
FantasyUna principessa in pericolo, un antagonista malvagio, un improbabile eroe e un avventuroso viaggio in una foresta maledetta. Sembra l'inizio di una fiaba per bambini, vero? Beh, ricredetevi perché questo racconto non è una fiaba e di certo non va ra...