Lunedì 4 aprile 2022, ore 14:19, Lewes, St. Mary Jane, nel mezzo della radura.
«And I know you could fall for a thousand kings, and hearts that would give you a diamond ring; when I fold, you see the best in me, the joker and the queen...» canticchiò Harry, marcando la voce di Ed Sheeran diffusa dall'auricolare che infilzava un orecchio.
Passeggiava sul terriccio a passo tranquillo, circondato da un silenzio e una pace eccelsi. A strappare l'assenza dei suoni compariva solo il fruscio delle foglie dimenate dal vento e lo stridio di qualche rapace, intento a saettare sopra la sua testa senza dedicargli un secondo di attenzione.
Si domandò se Pauline fosse nei paraggi e se lo stesse guardando. Avrebbe pensato a lei più tardi. Ora voleva immergersi nella solitudine e scattare una foto dopo l'altra, con un occhio spremuto e l'altro ficcato nel rettangolo del pentaprisma, con l'udito isolato dalle note delle canzoni che si susseguivano senza sosta.
Il sole tiepido, eclissato da una nuvola, scagliava fasci di pennellate dorate sui rami dei faggi e sulla criniera delle querce, sulle cortecce impolverate dal freddo, sul tappeto trapuntato dall'erba e dalla terra che foderavano il suolo.
A quell'ora del giorno, quando il cielo somigliava a un ammasso di batuffoli, aveva l'impressione di aver attraversato la tela di un quadro e di star visitando la dimensione estesa di un dipinto.
Soffriva la mancanza di Louis, ma il ragazzo stava partecipando a una seduta con la Dottoressa Wilson, e in fondo non era così scontento di non avere alcuna compagnia.
In certi momenti, il bisogno di respirare aria pulita e di rinnovare le energie diventava improrogabile, quasi asfissiante. E concretizzare la missione diveniva più semplice, privato di qualsiasi interferenza, anche se a generarla era Louis.
Passeggiò con indolenza, senza preoccuparsi di cosa calpestasse, di dove stesse arrivando e di quanti minuti fossero già trascorsi. Era piuttosto certo che una mezz'ora di quel tempo fosse scivolata via, ma non poteva esserne sicuro.
Continuò a battere i piedi, così come aveva fatto dalla partenza, per garantirsi di non inciampare in una corteccia o un bastoncino infossato nel terreno.
Inspirò profondamente ed espirò, con calma. Era in estasi dentro quel luogo tanto accogliente, grazie alle vibrazioni che da esso ne traeva. Si sentiva a casa quando ad abbracciarlo non era carne, bensì vento; il vento soffiato dai contorni del bosco, quasi volessero sollevarlo e guidarlo, proteggerlo.
Pigiò con l'indice il pulsante di scatto, manovrando l'anello dello zoom prima da un lato, poi dall'altro.
L'immagine catturata dall'obiettivo si rimpicciolì e si allargò di continuo, subordinata alla sua mutevole ispirazione.
All'improvviso, un dolore fitto punzecchiò il polpaccio.
Digrignò i denti, ma non attribuì all'accaduto molta importanza. Doveva aver inavvertitamente calciato un sassolino e questo, di contraccolpo, era probabilmente rimbalzato a ferirlo.
Proseguì, insistendo a bastonare pedate, e non passi.
Il medesimo dolore avvertito poco prima si ripresentò, stavolta all'altezza della coscia.
Sbuffò, però non si perse d'animo, dunque si accinse a camminare.
E l'infortunio si verificò ancora, su di un gluteo, poi di nuovo, sulla schiena, e ancora, sulla spalla. A un tratto comprese di non tenere più il conto delle pietrate, allora si convinse a voltarsi.
Abbandonò la reflex, lasciandola appesa al collo. Ruotò il busto.
E ciò che vide lo paralizzò.
Un gruppo di sei persone gli stava alle calcagna. Non aveva la minima idea di chi fossero e non sapeva nemmeno come scoprirlo: i volti erano celati da sacchi di juta sfilacciati al margine, sui quali erano sdruciti due squarci in prossimità degli occhi.
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St. Mary Jane - The summer experience (PARTE 3) [Larry Stylinson]
Fanfiction«Conosci la leggenda di Zefiro? Era un vento, considerato violento e piovoso nell'Iliade di Omero, ma è ricordato anche come una brezza leggera, messaggera della primavera. Questo vento inveisce contro il mondo e poi se ne pente, si lascia aizzare d...