Lunedì 18 aprile 2022, ore 19:16, Lewes, St. Mary Jane, stanza di Harry e Louis.
C'era silenzio. Ma un silenzio di cemento, invalicabile, che macchiava le pareti e sfondava il soffitto.
Harry era sdraiato sul letto, con lo sguardo incastrato in un'area qualsiasi della camera. Non stava guardando nulla, non ascoltava, non parlava. Era solo stufo, stizzito. Voleva alzarsi, disfarsi delle fasciature e comportarsi come se nulla fosse mai avvenuto.
Voleva indietro la sua vita.
«Harry?» invocò la Dottoressa Morgan. Era seduta accanto a lui, con un taccuino adagiato sulle gambe accavallate e una matita fissata tra due dita.
Lui non rispose. Non ce l'aveva con lei, eppure ce l'aveva anche con lei. Non era il soggetto a costituire una differenza: era il suo stato d'animo a gestire le reazioni e gli atteggiamenti.
Justin, che si era accomodato al suo capezzale, spostò di pochi centimetri la bustina di plastica gremita di cubetti di ghiaccio, sopra alle tre costole incrinate.
Sapeva lo stesse osservando, che cercasse di attirare la sua attenzione per consegnargli un messaggio, incitarlo a parlare, offrirgli un supporto.
Ma Harry non abboccò. Era infuriato con il destino, con sé stesso e con quel posto, determinato a perseverare nella folle battaglia contro il nulla.
Perché stava lottando contro il nulla. E ne era consapevole. Malgrado ciò, non sapeva come correggere la sua stessa condotta, svincolarsi dal rancore e seguire la scia della remissione.
«Harry, è già la seconda seduta che trascorriamo in questo modo. Io che tento di interloquire senza successo, tu che mi ignori... so che è faticoso, ma questa presa di posizione non giova né a me né a te».
Non disse nulla. Si concentrò sullo stesso, medesimo punto, senza mai virare lo sguardo.
«Sai cosa potrebbe aiutarti? Dedicarti a qualche attività ancora inesplorata. Dipingere, per esempio».
«Con una mano?» cedette, prima di rendersene conto.
Dafne, nonostante il suo tono sgarbato, parve compiaciuta del risultato ottenuto. «Sì. Non devi conseguire un lavoro perfetto, bensì dare sfogo alle tue emozioni. Puoi farlo con una sola mano, perché no».
«Esiste un'unica cosa che mi piacerebbe fare con una mano, ma persino quello mi riesce difficile» sputò, scuotendo nervosamente la testa.
La Dottoressa si schiarì la voce, e intanto l'infermiere increspò le sopracciglia. Poi realizzò, e le sue guance divennero più rosse di un tramonto.
«Potresti cantare» continuò a consigliare la donna, senza arrendersi davanti alla sua ostilità.
«Detesto cantare» declinò Harry, avendo ormai fallito il proposito di non prendere parte alla conversazione. «Louis canta, e anche Niall. Che cosa diavolo dovremmo diventare, una boyband?»
«Io ho... finito» balbettò Justin, sollevando la busta contenente il ghiaccio per trasferirsi in direzione della scrivania.
«Allora suggerisci qualcosa» esortò Dafne. «Cosa ti piacerebbe fare?»
«Guarire» dichiarò. «Mi piacerebbe guarire e camminare nel mio stralcio di mondo preferito senza il terrore di essere aggredito un'altra volta».
In seguito a quell'affermazione si diffuse un breve, però intenso silenzio. Poi la Dottoressa azzardò: «Possiamo parlare di questo? Dell'aggressione e della paura che ricapiti?»
«No!» rigettò Harry, scaricando un verso di stupore pregno di sarcasmo. «Non voglio parlarne. Non voglio parlare di niente. Vada via, per favore».
«Io penso che...»
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St. Mary Jane - The summer experience (PARTE 3) [Larry Stylinson]
Fanfiction«Conosci la leggenda di Zefiro? Era un vento, considerato violento e piovoso nell'Iliade di Omero, ma è ricordato anche come una brezza leggera, messaggera della primavera. Questo vento inveisce contro il mondo e poi se ne pente, si lascia aizzare d...