14, Io non ero pronto

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Domenica 13 marzo 2022, ore 14:29, Brighton, casa di Zayn, stanza degli ospiti al piano zero.

Non osava rivolgergli la parola.

Louis era sdraiato sul letto da ventisei minuti esatti, ed Harry non rinveniva il coraggio di dirgli una cosa qualsiasi; ammesso che realmente esistesse qualcosa da pensare, da proferire, da analizzare.

Si sentiva dissociato dalla realtà. Era un qualcosa di paradossale e non poteva credere che fosse vero. Doveva trattarsi di un sogno o, per essere più precisi, di un incubo.

Alyssa era diventata madre.

Era successo trentadue settimane prima di allora, nel mese di luglio.

Non riusciva a capacitarsi di quanta abilità avesse sfoderato per mantenere il segreto. L'ultimo vero contatto stabilito con la ragazza risaliva ad aprile, e non rammentava di aver notato nulla di anomalo. Aveva guadagnato un po' di peso e sciupato la consueta sfacciataggine, prediligendo abiti più comodi e sgualciti a quelli striminziti e procaci che era solita indossare. Sì, questo lo ricordava bene, ma aveva sempre attribuito la colpa di quel cambiamento repentino alla rottura verificatasi con Louis.

Aveva preso un abbaglio. Alyssa si era comportata da latitante per occultare una gravidanza.

Una gravidanza generata dall'unione con Louis.

Non faceva che accarezzarlo e strusciare le dita sopra le lacrime inaridite sulle guance. Era sconvolto, smunto, ammutolito dalla scoperta.

Non sapeva come confortarlo, non esistevano parole tanto efficaci da cicatrizzare quella ferita. Una ferita che avrebbe conservato lo slabbro e la sgocciolatura di sangue per un tempo indefinibile.

«Che cosa dovrei fare?» domandò il ragazzo con voce flebile. Era la prima volta che provava a interloquire con lui, in seguito alla rivelazione di Alyssa. «Che cosa cazzo dovrei fare Harry?»

«Io... non...»

«Ho un figlio» lo interruppe. «Ho un figlio. Quel bambino è mio. È mio!» tuonò scattando a sedersi. Dalle palpebre stillarono dozzine di lacrime, una dopo l'altra. «Io non so che cazzo fare! Non so essere un padre, non so crescere un neonato! Non so farlo!» strillò con quanto fiato avesse in gola, ansimando, rasentando l'iperventilazione.

«Io... Lou, onestamente non lo so...» mormorò, con lo sguardo incollato al suo petto. Non aveva l'ardire di guardarlo negli occhi, quegli occhi che aveva scovato anche nelle iridi del piccolo.

Si stava atteggiando da codardo, ne era consapevole. La notizia aveva stravolto anche lui, al punto di non poter attingere le energie da trasmettere all'altro, come avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione.

Quello – probabilmente – sentendosi abbandonato, esplose in un pianto rumoroso, feroce.

Quando finalmente Harry riuscì a sollevare lo sguardo, lo trovò con i pugni appoggiati al volto e le spalle ricurve a salticchiare grazie allo slancio dei singhiozzi.

Si fiondò ad abbracciarlo, poiché era l'unica risorsa di cui disponeva e di cui sapeva avvalersi.

«Troveremo una soluzione, amore, te lo giuro» promise con voce aspra, piangendo insieme a lui.

Non era sicuro di poter fidarsi delle sue stesse parole, ma aveva un bisogno disperato di credere che fosse così.

«Io non voglio un figlio» confessò Louis, sincero, come sempre lo era stato.

«Lo so» rispose, senza giudicarlo.

«Non so come si faccia a essere padre...»

«Nessuno lo sa» constatò, girando la testa per baciargli uno zigomo bagnato. «Non sei solo, Lou. Non lo sarai mai».

St. Mary Jane - The summer experience (PARTE 3) [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora