Venerdì 29 aprile 2022, ore 19:10, Lewes, St. Mary Jane, stanza di Harry e Louis.
Harry era coricato sul letto a gambe tese, con il braccio destro parallelo al torso. Niall era al suo canto, a solleticargli dolcemente un fianco e ad analizzare ogni sua espressione, benché non lo stesse palesando. Ma era evidente. Era talmente evidente che Harry si sentiva in soggezione.
Lo sguardo era fisso sullo schermo della televisione, dove le battute di un episodio di How I met your mother si susseguivano a un volume sempre più alto. Il pollice pigiava di continuo il tasto sul telecomando, un riflesso involontario che s'impegnava a soffocare con poco successo.
Era necessario che l'audio delle casse superasse il ronzio della propria mente, così da seppellirne i tarli sabotativi che non si dimezzavano – malgrado gli sforzi – ma anzi, moltiplicavano, costringendolo a sventrare questioni per le quali, in cuor suo, riteneva di non essere ancora ampiamente allenato.
Louis trottava da un'area all'altra della camera, acciuffava indumenti e accessori, sostava innanzi allo specchio per studiarsi, poi sospirava e gettava occhiate sul cellulare, ricominciando ad affannarsi nell'imbottitura del bagaglio che avrebbe portato con sé a Brighton.
Harry non riusciva a darsi pace. Proprio in quel momento, proprio allora che stavano attraversando un periodo insidioso, appena dopo la scoperta di Jaime, lui combatteva un'infima convalescenza che lo incatenava a quello stupido letto.
Sapere che Louis stesse interfacciandosi a un mondo tutto nuovo, alleggerito della sua presenza, della supervisione e del suo supporto, lo annichiliva al punto da domandarsi quale speranza gli rimanesse.
Le recenti, inedite circostanze – un microscopico passo alla volta – avevano modificato ciascun aspetto della loro esistenza. Era tutto diverso. Era tutto irreparabilmente astruso. Ma non potevano dirselo, perché discutere di quello avrebbe condotto al milionesimo litigio, e non avevano le energie per dominarlo. Erano stanchi. Erano stanchi di parlare, di bisticciare, e persino di fare pace.
Erano soltanto stanchi.
E preferivano rintanarsi in quel silenzio sordo lordo di menzogne e di omissioni, perché era elementare, perché era comodo e immediato.
Al progressivo miglioramento delle condizioni fisiche, Harry registrava un considerevole, preoccupante deterioramento delle facoltà psichiche. Era inerte, abulico nei riguardi di qualsiasi novità, apatico nell'inaugurare ogni giornata, e non faceva nulla per capovolgere la situazione. E Louis non lo incoraggiava a farlo.
«Credo di aver preso tutto» annunciò proprio questo.
«Okay» rispose, proseguendo a seguire le vicissitudini della puntata, senza alterarsi. Ted Mosby stava snocciolando qualche baggianata inerente al tempismo e al destino, servendosi di una passività placida, eppure fiduciosa, e lui non poté fare a meno di pensare che avrebbe voluto far lo stesso.
Sognava di gridare, di vomitare pensieri e parole per sgravarsi di quel peso asfissiante e ritornare alla vita, una vita vera, autentica, che potesse davvero definirsi tale.
Bramava di ripartire da zero. Come fosse appena nato e l'universo aspettasse una sua mossa, una sua direttiva per apparecchiarsi secondo i suoi desideri.
Invece rimase zitto.
Udì il fruscio stridente di una cerniera che si saldava, poi il crepito di un trolley che veniva collocato in verticale.
Louis, l'artefice delle interferenze, pettinò sbrigativamente i capelli con le dita e si abbassò ad annodare i lacci delle Vans bianche.
«Sarò di ritorno domenica sera» avvertì, avvicinandosi alla porta con la valigia al seguito.
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St. Mary Jane - The summer experience (PARTE 3) [Larry Stylinson]
Fanfiction«Conosci la leggenda di Zefiro? Era un vento, considerato violento e piovoso nell'Iliade di Omero, ma è ricordato anche come una brezza leggera, messaggera della primavera. Questo vento inveisce contro il mondo e poi se ne pente, si lascia aizzare d...