II, State sbagliando

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Mercoledì 14 luglio 2021, ore 19:01, Londra, fuori all'ingresso di Cartier, Selfridges Wonder Room.

Louis scortò Harry a superare l'uscita di Cartier, tirandolo per le dita aggrappate alle proprie. Con l'altra mano reggeva la bustina di carta sigillata da una coccarda bianca allacciata ai manici e da due spari di spillatrice, appena sotto il margine, la quale custodiva due graziosi cofanetti di velluto color glicine.

Dentro le due scatoline, tra il tetto e il letto morbido imbottito di spugna, erano piantate le due fedi nuziali infarcite di elegante e frugale oro bianco.

Il ragazzo avvicinò le sopracciglia e liberò un sospiro. «È arrivato il momento di chiamare Gemma» esternò con tono basso e accomodante. E aggiunse, quando udì il sospiro di Harry: «Coraggio, amore, è necessario. Abbiamo bisogno di lei!»

«So che abbiamo bisogno di lei... è questo il punto!» ribatté, agitandosi. «E se non fosse d'accordo? Se non volesse aiutarci? Abbiamo dato a Eleanor la nostra parola, non possiamo tirarci indietro!»

«Non dobbiamo fare altro che provarci, non abbiamo nulla da perdere» dissentì l'altro. «Sono abbastanza certo che Eleanor non possa arrestarci».

«E gli anelli?» continuò ad angosciarsi Harry. «Abbiamo speso molti soldi per quelli».

«Possiamo restituirli».

«No Louis, non possiamo» contestò, quasi irritato dal suo tentativo di calmarlo.

«Vorrà dire che indosseremo questi anelli come simbolo di una promessa! Rilassati, per l'amor del cielo».

«Rilassati» ripeté con una voce buffa, appositamente per scimmiottarlo.

«Chiama subito Gemma, o giuro che lo farò io» minacciò Louis.

«Va bene» ringhiò, divincolandosi dalla sua presa per cercare il telefono con entrambe le mani. Ricordava benissimo di averlo riposto nella tasca dei pantaloni corti di jeans, ma preferì fingere di averlo rimosso, pur di guadagnare qualche secondo di tempo. Strategia inutile – senza dubbio – ma in quel momento indispensabile.

Nel palparsi in ogni punto – sul torso, sul petto, sul sedere – percepì la frangia sfilacciata dei calzoncini solleticargli una coscia. Un brivido lo travolse da capo a piedi. Riusciva già a sentire la voce fine e bisbetica di sua sorella aggredirlo per la sconsideratezza delle proprie azioni, il che era inusuale, poiché non accadeva mai. Era raro che Harry agisse assecondando i propri impulsi, guidato dall'istinto. L'ultima occasione in cui era accaduto, che lui ne avesse memoria, risaliva alla pessima avventura con Charles.

Ghermì l'iPhone con il pugno compresso, e compose il numero telefonico con l'indice dell'altra mano, mentre Louis sbuffava per l'impazienza e il nervosismo.

Attese il primo squillo, il secondo, il terzo, il quarto. Il cuore batteva sulla lingua e le dita martoriavano i pochi riccioli che sbucavano dallo chignon malamente acconciato dietro la testa.

«Cupcake?» rispose la ragazza. Aveva il fiatone: di sicuro quella chiamata aveva interrotto la sua corsa sui rollerblade.

«Gemma... dove siete?»

«Ad Hyde Park, come voi» rispose l'altra, evidentemente confusa dalla domanda.

«Ti dispiacerebbe essere più precisa? Per esempio...» si fermò. Ingoiò un respiro profondo e lanciò un'occhiata fuggevole a Louis, occupato a morsicare le unghie già eccessivamente corte. «Per esempio... potremmo darci appuntamento alla panchina?»

«Ti riferisci alla panchina usurpata dalle vostre iniziali? La povera panchina umiliata dal vostro essere innamorati e morbosamente ridicoli? Quella panchina?»

St. Mary Jane - The summer experience (PARTE 3) [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora