ERIK NON È DANIEL

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<Olivia è lì?> domando mentre continuo a camminare a passo spedito.

<È seduta sulla poltrona nel soggiorno da venti minuti> risponde Mark.

Quando ho letto il suo messaggio mi sono precipitata di sotto in un battibaleno, stavo quasi per uscire senza scarpe. Ben, Angie e papà mi hanno guardata con fare interrogativo, ma appena sono scesa di nuovo, stavolta con le scarpe ai piedi, non ho dato loro il tempo nemmeno di pronunciare una semplice sillaba. Sono stata talmente veloce che adesso faccio fatica a mantenere il ritmo iniziale. Forse dovrei prendere seriamente l'idea di andare in palestra, anche considerando che so quale è assolutissimamente da evitare.

Sento dolore a un fianco, ma sono disposta a sopportarlo pur di raggiungere la mia migliore amica. Mark mi scritto che una volta rientrata aveva gli occhi pieni di lacrime e ha pronunciato soltanto un nome: Erik.

Se non mi fossi distratta per fronteggiare mio padre non avrei finito per dimenticarmi che dovevo venire qui prima che Ol tornasse. Volevo assicurarmi che non finisse per staccare la testa al fratello, anche se a quanto pare non ne sarebbe stata capace.

Non avresti comunque cambiato nulla.

<Sono arrivata, apri la porta> dico prima di riattaccare e riporre il cellulare nella tasca del cappotto.

Mark spalanca la porta. Gli chiedo di condurmi da Olivia e lui mi fa strada verso il soggiorno.

Troviamo la mia migliore amica intenta a guardare davanti a sé, un punto fisso che sembra combaciare con una delle fiammelle del fuoco acceso nel camino. L'intensità della fiamma varia di poco, rimane più o meno costante.

<Ol> la chiamo, ma lei non si gira.

È nello stato in cui era prima Angie, avvolta in una nube immensa di ricordi dolorosi pronti a ferirla ancora.

Mi tolgo il cappotto e lo sistemo sul divano qualche metro dietro la poltrona. Chiamo Ol altre due volte, e intanto mi avvicino, però il risultato non cambia.

<Nel frattempo non ha aggiunto altro?> chiedo rivolta a Mark, rimasto fermo accanto al divano.

<No, si è seduta sulla poltrona e non ha più aperto bocca>

Il rumore scoppiettante della legna che brucia e il rumore dei miei passi sono gli unici suoni attualmente udibili.

Arrivo di fronte ad Olivia e mi abbasso sulle punte. La guardo negli occhi, sempre rivolti verso il fuoco a breve distanza da noi, e le prendo le mani.

<Ol> faccio un nuovo tentativo, e stavolta funziona.

Lo sguardo della mia amica scende fino ad incontrare al mio. Vi leggo una profonda tristezza, per me straziante. Quando vedi qualcuno a cui tieni soffrire un pò del suo dolore inevitabilmente ti contagia. Vorresti fare qualcosa per strappargliene quanto più possibile, e se non ci riesci te ne dai la colpa. Ciò che desideri è vedere felici coloro a cui vuoi bene, finendo talvolta per ignorare che anche tu hai bisogno di essere felice e che, per quanto possa essere soddisfacente, aiutare gli altri tralasciando te stesso è il primo passo verso l'infelicità.

Non so cosa sia capitato ad Ol, ma se le fossi stata più vicina forse adesso non si troverebbe in questo stato. Per pensare a me può darsi che abbia finito per trascurare se stessa. I ricordi che ha rievocato per darmi una mano l'hanno resa facile preda del dolore. Appresa la notizia, la prima ipotesi a cui ho pensato è che probabilmente la corazza che indossava per ripararsi dall'amore è caduta e vedere le numerose coppie che girano in città mano nella mano deve aver dato ancora più potenza ai ricordi della sua precedente relazione. O magari ha rivisto Erik con la sua nuova fidanzata, qualora ne abbia una, e ciò l'ha colpita direttamente al cuore. In ogni caso, so che in parte la responsabilità è mia.

Io odio l'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora