capitolo 27
Arriverà la fine,
ma non sarà la fine
E come ogni volta
ad aspettare e fare mille file
Con il tuo numero in mano
e su di te un primo piano
Come un bel film che
purtroppo non guarderà nessuno
NesliAlex la guardò in silenzio, pietrificato, attonito dalla veridicità di quelle parole che gli aveva sputato in faccia, senza preavviso. "Cosa?" Balbettò, confuso, scioccato, non sapeva cosa dirgli. "Sto morendo, Ale". Lei si lasciò sfuggire un sorriso amaro, stava metabolizzando quell'informazione anche lei. "Sediamoci." La prese per un polso trascinandola sul divanetto nella sua stanza.
"Che diavolo succede?" La guardò negli occhi, ma lei distolse lo sguardo, non ce la faceva a vedere la sua espressione distrutta. "Ricordi mia madre?" Lui annuì, si conoscevano da prima che lei morisse. La ricordava bene, era una donna meravigliosa, dolce e solare, proprio come sua figlia prima di tutto questo. "E ricordi come è morta?" Alex si morse il labbro, come dimenticare. "Cancro." Sospirò. "Cancro al seno" Lo corresse lei, stringendo i denti. "Una malattia ereditaria."
Alex sentì un macigno appesantirgli lo stomaco, quando la consapevolezza lo prese improvvisamente. Aveva capito, non voleva ma aveva capito, più chiaro di così non era possibile. "No." Negò, scuotendo la testa. Millie sorrise amaramente. "È vero, Ale." Gli mise una mano sul ginocchio, sospirando. Gli occhi del ragazzo si coprirono di una patina lucida, come poteva accettare una notizia del genere? Si sentiva impotente, consapevole di non poter fare nulla per la sua amica. "Ma non ci sono delle cure?" Arrancò.
"Si, Ale, ma non sempre funzionano." Sua madre era morta dopo tutte le cure, ma la medicina si era evoluta notevolmente rispetto a dieci anni prima. "Sto male, fisicamente, non posso continuare ad allenarmi." Le sorrise, capendo la sua decisione. "Sono qui, siamo qui per aiutarti, qualsiasi cosa ti serva. Lo diremo insieme agli altri, quando vorrai, quando ti sentirai pronta." Lei annuì, era sempre il migliore. "Voglio riposare, scusami." Alex si alzò subito, era stanca, stanca in tutti i sensi possibili. "Ti accompagno, andiamo." Le tese una mano, per farla alzare. Ma quando lo fece, l'effetto dell'alcol e dell'erba era sparito del tutto, il dolore le prese le ossa e la fece accasciare, Alex la prese al volo. Si ritrovarono in terra nella sua camera, lei stretta fra le sue braccia.
Fu solo in quel momento, nel silenzio assoluto, coperta di vergogna, sentendo le forti mani del suo migliore amico accarezzarle la schiena, che un singhiozzo lasciò le sue labbra. E subito dopo un altro, e un altro ancora finché non si ruppe in un pianto disperato. Alex le accarezzò dolcemente i capelli, tenendola stretta.
"Andrà tutto bene." Sussurrò sui suoi capelli. "Risolveremo ogni cosa."
Ma lei sapeva che stava mentendo. Ci credeva, ci poteva credere quanto voleva, ma non potevano fare niente. Non potevano risolvere niente, non era nelle loro mani il suo destino, avrebbero voluto che lo fosse. Non sarebbe andato tutto bene, niente sarebbe stato più come prima. Non lei, non la sua vita. Alex voleva mettere apposto ogni singolo tassello, ma non era lui a doverlo fare.
La prese di peso per portarla in braccio sul suo letto, a un metro di distanza da loro. La stese con delicatezza, e lei arrancò per prendere le pasticche dal comodino. Fece per tirarne fuori un paio, ma lui le bloccò il polso. "Una" sapeva che stesse soffrendo, anche se non poteva nemmeno immaginare quanto, ma quella non era la soluzione. Milena sospirò, ma poi rimise a posto le pillole in più, ingoiandone una sola.
Si circondò con le coperte, sentendosi coccolata. Alex si abbassò per lasciarle un bacio sulla fronte. "Basta con l' alcol e la droga, okay?" Annuì, chiudendo gli occhi. Si rialzò per camminare verso l'uscita.
"Ti voglio bene." Sussurrò lei, già mezza addormentata, facendola sorridere. "Te ne voglio anch'io Millie, tantissimo." Lei già non lo poteva più sentire, caduta istantaneamente nel mondo dei sogni, così quella confessione rimase ad alleggiare nell'aria pesante che racchiudeva il segreto che lei gli aveva confessato.
Con il cuore più pesante di prima, e una responsabilità in più addosso, Alex uscì, pronto a mentire a chiunque avesse chiesto di lei.
☾
"Ma dove cazzo sei?" Milena non sentiva spesso la voce di suo padre, ma quando la sentiva era inconfondibile. Dura, fredda, controllata, precisa. Eppure in quel momento il suo tono non era niente di quelle cose: agitato, arrabbiato, travolto. Aprì la porta della sua stanza, facendola saltare su, colta di sorpresa. "Che ci fai nel letto?! Sono le quattro di pomeriggio!" Le urlò contro, ripetutamente. Milena non sapeva cosa rispondere. "Mi ha chiamato la scuola, dice che sono settimane che non vai, ma cosa pensi di fare?!" Le sbraitava addosso, ancora e ancora, senza ottenere risposte. "Rispondimi! Ti diverti a stare qui nel letto a non fare-"
"Ho il cancro." Lo bloccò, rendendosi conto solo un attimo dopo che l'aveva detto troppo direttamente, senza preavviso. Suo padre balbettò. "Come la mamma."
In quel momento, ciò che si trovò davanti agli occhi la sorprese come mai prima d'ora. Suo padre cadette in ginocchio ai piedi del suo letto, le lacrime presero a scendere velocemente sul suo viso, si tirò i capelli con le mani. "No! No!" Urlava, impazzito, nella sua testa tutto il dolore che negli ultimi 9 anni aveva buttato in una scatola in fondo al suo cuore. "No!" Il suo tono aumentava, tutti lo potevano sentire.
Milena pietrificata dallo shock, cercò di riprendersi, sgattaiolando fuori dalle coperte con i denti stretti per inginocchiarsi davanti a lui. "Non posso perdere anche te." Le prese il volto tra le dita, guardandole ogni cm, analizzando quei tratti così simili alla donna che aveva sempre amato e che aveva perso. "Non di nuovo." Farfugliava, come poteva essere Dio essere così crudele da strapparle le uniche due donne che avesse mai amato in tutta la sua vita, a dieci anni di distanza, per lo stesso male.
Milena si sentì di nuovo bambina sotto lo sguardo attento di suo padre, come fossero tornati indietro a dieci anni prima. Nei suoi occhi la stessa espressione spezzata, l'anima distrutta palpabile solo guardandolo. Si sentì in colpa pur non avendone nessuna. L'ultima volta che l'aveva visto piangere era stata al funerale.
Si sporse per fare l'ultima cosa che si aspettava da se stessa: lo abbracciò. Come una bambina, girò le braccia intorno al suo collo e lo strinse. Lui si aggrappò a lei, come al ricordo della moglie.
Un padre non dovrebbe mai veder morire i propri figli, pensava dentro di se. Dovrei morire prima io, sono vecchio, lei è così giovane, pensava della sua piccoletta.
Rimasero fermi in quella posizione, lui piangeva, lei pure.
Sembrava la fine.
☾
Ho pianto scrivendo.
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Dove conduce l'amore | LDA
Fanfiction𝐃𝐨𝐯𝐞 i ragazzi della classe di amici non sono i concorrenti di un programma televisivo, ma un gruppo di amici che si conosce fin dall'infanzia.