prologo

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"Non rovinare mai il tuo presente
per un passato che non ha futuro.
William Shakespeare"

Erano passati esattamente due anni da quando ero stata rapita, dopo aver perso i sensi vicino alla mia palestra mi ero risvegliata in una stanza impolverata.In una stanza buia, fredda appartenente ad una villa abbandonata.

Come facevo a saperlo?

semplice perché li dentro c'ero già stata, mio fratello si era ucciso proprio in quella stanza dove ero tenuta prigioniera.

Ogni notte passata lì dentro mi sentivo soffocare sempre di più e nonostante fosse passato tanto tempo non mi ero ancora abituata a quella sensazione di essere schiacciata.

Un po' come quando sei obbligato a vivere in una famiglia oppressiva e non puoi fare altro che sperare di andartene non appena ne hai la possibilità. Io speravo solamente che mi trovassero il prima possibile, non importa se viva o morta. Volevo solo che quell'incubo arrivasse a termine.

Stavo fissando il soffitto con lo sguardo perso, d'altronde non potevo fare nient'altro, cercando di immaginare come sarebbe stata la mia vita se avessi deciso di saltare allenamento quella sera .

tutte le possibili opzioni mi sembravano più belle ed entusiasmanti di vivere rinchiusa tra botte e violenze sessuali.

Avevo passato un anno rinchiusa con una ragazza, il suo nome era Margot. Sebbene sapessi che non ci saremmo più riviste nutrivo ancora la speranza che sarei riuscita ad abbracciarla, almeno per l'ultima volta. Anche se dentro di me sapevo che quei mostri l'avevano uccisa, sapevo anche che a breve avrebbero fatto lo stesso con me.

La porta si spalancò e un uomo, uno dei miei rapitori, mi liberò dalle catene "scappa! stanno tornando per ucciderti"

Il mio cuore batteva all'impazzata mentre l'uomo, che era lì a controllarmi come ogni notte, mi disse di fuggire.Poco dopo si puntò la pistola alla tempia e sparò un colpo.

Si era ucciso davanti a me.

I miei occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, il mio respiro iniziò a bloccarsi. Sapevo che non avrei avuto le forze per correre ma dovevo provarci.

Lasciai quella maledetta stanza avviandomi verso l'uscita, sapevo che nell'edificio c'erano altre ragazze prigioniere ma dovevo pensare a me stessa. Dovevo salvarmi per poi salvare loro.

Ormai il cielo era illuminato solo da qualche stella, in particolare da una di esse che sembrava brillare più delle altre. Proprio quella stella la dedicai a mio fratello pensando che guardandola sarei riuscita a trovare il coraggio per allontanarmi dalla casa, così fu.

Alcuni ragazzi erano di sorveglianza mentre la maggior parte stava beatamente riposando, era arrivato il momento di agire prima che qualcuno notasse un'ombra nascosta dietro un cespuglio del giardino interno.

Qualche minuto prima mi ero assicurata di aver riempito la mia sacca con un po' di sassi e con dei bastoni, a mali estremi mi sarei dovuta difendere in un qualche modo. Speravo davvero di non arrivare a quel punto.

Cosa provavo in quel momento? solo ansia e frustrazione, non sapevo se sarei riuscita ad andarmene senza essere notata e soprattutto non sapevo cosa mi sarebbe successo se mi avessero scoperta. Stavo attraversando il bosco senza nemmeno avere una direzione precisa, senza nemmeno riuscire a vedere dove mettevo i piedi.

Finché ero vicina alla casa non avevo intenzione di rallentare, qualcuno sicuramente avrebbe notato la stanza vuota e avrebbe dato l'allarme.

In una situazione normale avrei amato quell'atmosfera notturna ma in quel caso proprio no. Gli alberi sembravano prendere sempre forme diverse e giurai anche di aver visto una figura umana aggirarsi tra di essi. I cespugli invece sembravano più annodati del solito, come se fossero stati ricoperti da spine e soprattutto quel fastidioso rumore del silenzio non era affatto piacevole. Anzi era a dir poco straziante.

Le foglie strisciavano in modo sinistro spinte da folate di vento che non sembravano avere intenzione di interrompersi, i rami a causa di quel tempo piuttosto brutto sembravano piegarsi verso di me, come se stessero cercando di prendersi gioco delle mie paure più profonde. Iniziai a correre lungo il sentiero sporco di fango e foglie, stavo ansimando ma non mi fermai lo stesso, ero diretta verso la fine del bosco e non volevo fermarmi. Il sentiero sembrava infinito, come se non avesse intenzione di condurmi in nessun luogo, il cielo si era oscurato ancora di più fino a quando non fui avvolta dal buio più totale, sembrava che le stelle fossero scomparse.

Inciampai lungo la radice di un albero così iniziai a strisciare per qualche metro spingendomi avanti con i piedi. Mi nascosi dietro un cespuglio cercando di evitare ogni tipo di esposizione.

Mi schiarii la gola uscendo dal mio nascondiglio, ero stanca di scappare dai miei problemi. Zoppicai fino a raggiungere una strada, qualche macchina sarebbe passata e mi avrebbe aiutata.

Una macchina accostò vicino alla strada e un uomo dai capelli ricci non appena vide le mie condizioni corse in mio aiuto<<vieni con me, sono un agente dell'FBI, ti porto in ospedale>> disse in modo sbrigativo il ragazzo mostrandomi il distintivo, forse per rassicurarmi. Sembrava gentile ma era pur sempre un uomo, in quei due anni avevo capito molte cose su di loro.

<<portami a casa>> sussurrai leggermente, quasi supplicando, ero terrorizzata. Avevo paura che mi avrebbe riportata in quella casa.

<<non posso, hai bisogno di cure in questo momento>> la sua voce sembrava calma e pacata, alle mie orecchie parve come una dolce cantilena.

<<mia madre è infermiera>> ormai le mie parole risultavano quasi flebili e rotte <<abito vicino all'ospedale, ho bisogno di vedere i miei genitori>>

<<e va bene, dimmi l'indirizzo>>

nightmare |criminal minds|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora