Evelyn's point of view
Mi sembravano passati mesi, forse anni o anche decenni. Mi sembrava passata una vita intera da quando ero stata trascinata in quella casa, eppure dedussi dal cielo che fossero passati a malapena 2 giorni. Come disse Bergson il tempo è soggettivo e io in quell'istante lo percepivo solo a rallentatore.
Io dormivo e ogni tanto mi svegliavo ancora più debole, ero rimasta senza cibo per tutto quel tempo ma non senza acqua in quanto senza idratarmi sarei riuscita a resistere al massimo 14 giorni. Eppure già dopo due sarebbero iniziati i problemi fisici: senza acqua il sangue sarebbe diventato più denso e il cuore avrebbe fatto fatica a lavorare, raggiungendo il collasso e Alison, per quanto volesse vedermi soffrire, non avrebbe permesso che io morissi in quel modo. O mi avrebbe uccisa lei o non so cos'altro avrebbe potuto farmi.
Ero talmente stanca di quella situazione che sperai che mi uccidesse il prima possibile, volevo che quella sofferenza atroce si fermasse una volta per tutte. Mi sentivo una vigliacca a sperare in una cosa del genere ma non sapevo più cosa fare, ero disperata.
Mi sentivo come un topo che viene catturato e finisce in trappola: completamente senza speranze.
Avevo sempre creduto fermamente di essere una donna forte e piena di valori eppure andò tutto in frantumi. Ero letteralmente vulnerabile e impaurita, le mie emozioni stavano prendendo il sopravvento e per me che ero sempre stata una persona razionale stava a significare solo che stavo raggiungendo il mio punto di rottura.
Nonostante mi fossi ripromessa che Alison non mi avrebbe vista piangere iniziai a singhiozzare cercando di non fare rumore. Sentivo la sua presenza da dietro la porta.
Esso non era uno di quei pianti che si fanno dopo un momento di rabbia per calmarsi e tornare a stare bene, era quel tipo di pianto che mi avrebbe lasciata con un mal di testa atroce e la testa piena di pensieri. Le lacrime mi rigarono il volto, mi accarezzarono le guance per poi cadere nel pavimento.
Pensai a Spencer, alla sua risata, a come mi era stato accanto durante il mio incubo, ai suoi occhi pieni di interesse mentre legge. Pensai a Garcia e ai suoi antistress colorati, ai suoi unicorni ingombranti presenti sulla scrivania. Pensai a Emily, al suo modo di essere indipendente e al suo sorriso sempre sincero.
La mia mente iniziò ad isolarsi, focalizzai la mia attenzione a dei bei ricordi anche se era molto difficile.
<<ho in mente qualcosa per te>> Alison entrò dalla porta, come se non sapessi che per tutta la notte era stata dietro essa, avvicinandosi con un ghigno.
<<cosa vuoi ora?>> ero disperata, letteralmente disperata. In tutti i sensi.
<<giocheremo a carte>> esclamò battendo le mani, durante i viaggi in macchina lo facevamo sempre e ogni volta che vincevo io scoppiava a piangere. Così avevo sempre deciso di farla vincere, la sua felicità per me veniva prima della vittoria.
<<perché dovremmo?>> chiesi con tono ovvio, che senso aveva giocare a carte mentre mi teneva prigioniera in casa?
<<perché ogni volta che perderai ucciderò qualcuno>> i suoi occhi si illuminarono di un colore verde smeraldo acceso, quella situazione la rendeva felice.
La ragazza fece entrare degli uomini, gli uomini che mi avevano rapita. Non poteva davvero essere seria, non poteva basare la vita di essere umani su uno stupido gioco.
<<se io mi rifiutassi?>> Alison mi squadrò da testa a piedi ridacchiando <<allora a morire saranno i tuoi genitori.Ora ti libero e giuro che se fai anche solo un passo falso questo grilletto sarà puntato contro di te e di seguito contro tua madre>>
<<perché fai questo? tu non sei così>> non era così la versione di lei che avevo conosciuto, la versione a cui mi ero affezionata. La versione che rifiutavo se ne fosse andata per sempre.
<<ah perché te mi conosci? ma per favore su non fingere di essere una brava amica. Ormai è troppo tardi>> ruggì con fare indignato, i suoi occhi sprizzavano odio da tutti i pori.
Dovevo fare in modo di perdere tempo, sapevo che la squadra di analisi comportamentale mi stava cercando, speravo solo che lo facessero il prima possibile.
<<io non so fingere, a differenza tua>>
Mi diede un pugno in pieno viso facendomi sussultare dall'impatto, sputai un po' di sangue sulla maglietta e sul pavimento ma non importava. Più tempo avrebbe passato a prendersela con me, meno persone sarebbero morte a causa mia.
<<Forse pensi di essere così tanto coraggiosa da poterti permettere di trattarmi così, eppure non sai che più mi farai arrabbiare più persone moriranno a causa tua>>disse in tono inquietantemente dolce, era una psicopatica di prima categoria.
<<iniziamo>> aggiunse poi tirando fuori dalla tasca le carte, erano quelle di scala quaranta. Lei seriamente voleva salvare o distruggere delle vite umane basandosi su uno stupido gioco da spiaggia?
<<sei ancora in tempo per fermarti, lasciami andare. Non dirò a nessuno di questo posto, potrai scappare>> cercai in ogni modo di convincerla a fare la cosa giusta, doveva essere rimasto qualcosa di buono in lei.
<<non sono mica stupida, ho detto che adesso iniziamo>> iniziò a distribuire le carte con un ghigno in faccia, aveva sicuramente fatto in modo che a lei uscissero le carte migliori. Aveva sempre fatto così, anche da piccola. Si nascondeva sotto il tavolo "mescolando" le carte in modo che a lei capitassero quelle che la avrebbero fatta vincere, eppure erano rari i casi in cui lei riuscisse a farcela.
Raccolsi le carte con la poca forza che mi era rimasta e iniziammo a giocare.
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nightmare |criminal minds|
FanfictionCOMPLETA ⚠️fanfiction su Spencer Reid, dalla serie criminal minds prenderò solo i personaggi. Ogni altra cosa è frutto della mia immaginazione. Amore platonico è un modo usuale di definire una forma di amore priva della dimensione passionale Platone...