IL GEOMETRA DEVITA

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CAPITOLO  30

La voce ben impostata ma molto fredda di De Vita  si insinuò' nella giornata di Guendalina. Era ancora a letto ma già' sveglia rispose al primo squillo. Le  parole del suo interlocutore  erano pesanti come macigni.                                                                                                                                                       " Il camion e' sparito nella notte e anche il suo prezioso carico. Anzi  l' autista che aveva la piena fiducia di voialtri, non solo è' irreperibile ma ci ha anche fatto trovare una borsa piena di carta straccia. E questo non lo possiamo tollerare. E' consapevole di quali saranno le conseguenze signora Alberti?

De Vita non tradiva emozioni, ma un velo di rabbia gli fece scandire con crudeltà' le sue ultime parole che sottolineavano , all'improvviso e forse inconsapevolmente, la sua calata imbastardita dai tanti anni passati lontano dalla sua terra. Guendalina, seduta sul letto, ascoltava in silenzio, avvampata in volto sentiva un profondo malessere alla bocca dello stomaco. Cerco' di interrompere il suo interlocutore ma non riusciva a emettere suoni.                                           Finalmente riuscì' a farsi forza " Non so nulla di quanto mi dice, qui c'è un solo responsabile e certamente non sono io. Sapeva in cuor suo cosa  l' aspettava. " Ci risentiremo, concluse in tono ultimativo De Vita, le faremo sapere il giorno   dell'appuntamento dal notaio" e tronco' la telefonata.
Guendalina respirava a fatica, deglutì, aveva la bocca secca. Si rimise distesa sul letto e silenziosamente si mise a piangere. Non ci mise molto a riprendersi, furiosamente chiamo' al telefono Dario che prudentemente non rispose.

Devita era convinto  che in quella brutta storia tutti, da Dario e Guendalina innanzitutto, esecutori del progetto, ma anche la famiglia di Rocco  erano tutti coinvolti direttamente o inconsapevolmente. Anche Aurelio non si stava comportando come si aspettava da un picciotto della famiglia. Doveva stare attento perché' annusava una brutta aria intorno a lui.                             I compari giù' avevano fiducia in lui, ci mancherebbe. Era stato scelto apposta uno come lui, con i contatti giusti, che viveva da tempo nella zona e non destava sospetti. Gli avevano affidato l'incarico di vigilare sulle persone e di indagare all'interno della ditta perché tutto filasse liscio per la buona riuscita del piano. Dunque anche lui, bene o male, era sotto tiro ed era una situazione che poteva avere esiti imprevedibili. Altro che puparo. Aurelio correva il rischio di finire, volere o volare, sotto scacco. Più' ci ragionava su più' si convinceva che fosse necessario smuovere le acque. Quel Rocco aveva mangiato la foglia ed era sparito dai radar, non c'erano alternative : una situazione inconcepibile per Devita.
Dario aveva assicurato che l' autista scelto per portare a termine l'operazione era assolutamente affidabile. Parola di quello stronzo di Dario!                                                                                                          Ma poi non era sicuro che anche lui non fosse della partita. Se era così' dimostrava un coraggio non comune conoscendo i metodi della famiglia, o era in guai tali da rischiare il tutto per tutto. Comunque bisognava intervenire. E ritenendo  impossibile che Rocco non mantenesse, sia pure in modo accorto, i contatti con suo figlio, era proprio il ragazzo l'anello debole della catena da spezzare, per individuare il fuggitivo o quantomeno farlo venire a più' miti consigli. Ne doveva parlare con Franco Morabito. Aveva già' un'idea che gli frullava in testa.La prima cosa da fare era tenere sotto controllo i movimenti del ragazzo.

Devita aspettava seduto al bar con uno spritz davanti a se' in attesa di Aurelio. Quando lo vide fini' rapidamente il suo aperitivo e si incamminarono insieme sul lungo lago.
" Compa', esordi', dobbiamo uscire tutti quanti da questa situazione, zu Ciccio freme e sappiamo che se si muove può' cadere tutto il castello di carte che abbiamo costruito in questi anni, dobbiamo agire."  Devita non aveva grande stima di Aurelio, non gli piacevano le sue compagnie e sopratutto i suoi comportamenti che secondo lui, infrangevano le  regole della famiglia. Aurelio si sentiva sui carboni ardenti, non poteva sottrarsi alla richiesta del capo della 'ndrina, .ma al tempo stesso era preoccupato che la situazione gli sfuggisse di mano.
" Io  aspetterei un po', replicò', in questo momento dobbiamo ragionare più' che muoverci." Devita però' era stranamente deciso, lui che aveva fatto della mediazione  il suo metodo per inserire la famiglia sul territorio, stavolta sembrava avere chiaro il da farsi. Evidentemente, penso' Aurelio ha avuto il via libera da zu Ciccio . "Aspettiamo gli eventi," propose ." No compa' dobbiamo agire. Subito. Più' tardi mi sento con zu Ciccio. E questa storia la devi gestire tu in prima persona. Ti trovo due ragazzetti per pedinare il ragazzo. Aurelio provo' cautamente a frenare ma trovo' Devita troppo deciso per potersi opporre. " Tu fa quello che ti dico. Non c'è' tempo da perdere." concluse Devita.

 L'agente Bonafede controllava da lontano, nei pressi dell'ansa del lago    dove si apriva il porticciolo,  quei due che parlavano animatamente. Ogni tanto si voltava verso la darsena ammirando un Riva tutto in legno di mogano, con i sedili in pelle rossa. Una vera gioia per gli occhi. Ma non perdeva di vista il suo uomo che parlava e gesticolava con accanto un uomo dai capelli grigi, piuttosto corpulento. A Bonafede sembrava un volto conosciuto ma in quel momento, pur rovistando nella sua memoria, non riusciva a ricordarsi chi fosse. Poi un lampo. Si, si trattava del geometra Devita il deus ex machina di tutte le operazioni edilizie, dei condoni, delle licenze. Un pezzo da novanta. Un mamma santissima piuttosto chiacchierato dalle molte relazioni, alcune piuttosto pericolose, ma molto inserito nel comune e non solo.

Nel primo pomeriggio Aurelio si mise in contatto con Morabito tramite Skype che consentiva conversazioni protette senza orecchie indiscrete. Dal tono dell'uomo Aurelio capi' subito che Devita agiva sotto il suo stretto controllo. L'uomo, però', si dimostrò' piuttosto scettico all'idea di forzare la mano del fuggitivo prendendosela con suo figlio. Un rapimento richiedeva una organizzazione operativa piuttosto impegnatIva e smuovere le acque, in un momento in cui l'uccisione del guardiano li aveva messo sotto l'occhio della polizia, gli sembrava pericoloso e comunque gli eventuali risultati non erano affatto certi. Comunque acconsenti' ad avviare un pedinamento del ragazzo e di sottoporlo ad un interrogatorio, per avere da lui notizie del padre, ma senza andare oltre.
La famiglia era installata ormai da decenni nella zona sul lago e di tutto aveva bisogno ma non certo di qualcosa che potesse interrompere il flusso delle proficue attività' commerciali avviate nel tempo. Purtroppo questa volta le cose si erano messe male e la perdita del denaro per la superficialità di Dario- a voler essere generosi- se non con la sua complicità, per Morabito significava una remissione secca e a chi muoveva i fili della famiglia non piaceva perdere, non c'erano abituati. E questa situazione non veniva minimamente compensata dall' aver preso in mano la gestione della ditta Alberti. Aurelio era messo alle strette e dovette ubbidire al diktat della famiglia. Ne avrebbe parlato con Dario, forse ci sarebbe andato di mezzo, ma era un sacrificio sostenibile rispetto alla possibilità di mettere le mani su oltre due milioni di euro

La trama invisibile dei coloriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora