GUENDALINA, UNA DONNA AVIDA.

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CAPITOLO 3

Guendalina scese dalla sua smart che lascio' alla fine della discesa, ancora con il motore acceso. Con un deciso cenno del capo fece capire all' addetto al magazzino di parcheggiare la macchina. Nel suo sguardo si poteva notare un guizzo di interesse non appropriato alla situazione. Donna ancora piacente, sulla cinquantina, conservava intatto il suo fascino, a cui contribuivano le mises che indossava, scelte per mettere in risalto il suo personale, slanciato e piuttosto vistoso. Agli occhi di un osservatore neutrale sembrava non volesse rassegnarsi al tempo che passava. Era molto sensibile agli apprezzamenti del genere maschile che lavorava in ditta.  "Sono una femmina" si diceva.
" Buongiorno Guendalina" azzardò l'uomo che, da tempo, non perdeva occasione per mostrarle la sua ammirazione. "Buongiorno, buongiorno", rispose lei in modo sbrigativo e subito sibilò con un tono di voce che non ammetteva repliche " ricordi Mario che io per lei sono la signora Al-ber-ti," concluse sillabando, e, passandogli davanti, gli picchiettò con una mano i pettorali che si indovinavano sotto la sua maglietta bianca che recava la scritta TRASPORTI ALBERTI.
L'uomo rimase un pò interdetto. Non capiva se finalmente la padrona gli stava lanciando un primo segnale e restò lì ad assaporare il profumo di lei che si allontanava, poi Guendalina divertita si voltò fulmineamente dicendo "te pistola, moves". Certamente come in ogni luogo di lavoro non mancavano i soliti pettegolezzi, basati più su chiacchere che su fatti concreti, sugli sguardi molto significativi che non perdeva occasione di lanciarle Mario, un quarantenne di aspetto atletico, lavoratore non indefesso, addetto al magazzino, che le solite malelingue additavano come persona dal comportamento non proprio irreprensibile.
Da tempo i suoi rapporti con il guardiano notturno erano piuttosto tesi a causa di sospetti su certi colli che venivano trovati manomessi al momento della spedizione. Guendalina non sembrava dare peso a tali voci, anzi mostrava un certo compiacimento per gli inequivocabili sguardi di Mario, mentre con Sandra si limitava con un tono divertito a manifestare la sua indifferenza "cosa vuole da me sto bagai ? Sono una donna in età io, pensi piuttosto a lavorare".
Sulla scrivania di Guendalina si depositava gran parte della documentazione commerciale che arrivava in ditta. Fatture da liquidare, stampate da Sandra dalle mail esterne, e, riposte con cura, in cartelline di colore azzurrino, che si ammucchiavano insieme alla corrispondenza protocollata. Ma la maggiorparte del suo tempo e della sua attenzione erano assorbite dal monitoraggio continuo delle trasferte degli autisti. Foglietti volanti, siglati a mano dagli interessati, che Guendalina assemblava con pazienza in cartellini tenuti insieme da elastici di vario colore: rispondevano a criteri di tipo diverso,
gialli per i movimenti di giornata,
blu per i rientri senza carico,
verdi per le trasferte di più lunga durata
e non mancavano dentro una scatolina di metallo con il logo di una marca di liquirizie, altri di colore viola e rossi. Unica particolarità alcuni cartellini erano scritti a matita e, sulla sua scrivania in un contenitore con la pubblicità di un pub, erano allineate matite sempre ben temperate. Compito a cui assolveva Sandra che non mancava di commentare con i colleghi questa piccola mania della titolare.
Era ben strano che Guendalina si ostinasse a fare a meno dei comodi e puntuali fogli elettronici per la registrazione dei turni, eppure lei, che si considerava una donna al passo con i tempi, preferiva continuare come aveva sempre fatto. Non c'erano spiegazioni a rigore di logica. Da un certo punto di vista si trattava di una forma di piacere, scrivere su cartellini, di cui nel tempo aveva accumulato una scorta inesauribile, con la sua scrittura minuta e precisa, notazione delle trasferte, ora della partenza, luogo di destinazione, tempo di rientro degli autisti. Una pratica forse un po' infantile, ma dalla sua postazione tutto le passava davanti. Ma forse c'erano altre motivazioni, che rispondevano ad un bisogno di tenere sotto stretto controllo tutta l'attività' della sua impresa.

CAPITOLO 4

Guendalina entro' nel suo ufficio ancora vuoto, Sandra non sarebbe arrivata prima di una mezz'ora buona, si liberò del soprabito e si sedette alla sua scrivania, apri' il cassetto degli elastici e ne prese uno rosso piuttosto largo che inserì intorno ad un cartellino classificato con un elastico più sottile di colore verde. Quando si assentava per un caffè' a metà' mattina, Sandra aveva il compito di tenere a bada il materiale ancora non ordinato in mazzetti. Tale incombenza le veniva impartita da Guendalina in tono ultimativo "Mi raccomando i cartellini", tuonava e non faccia entrare nessuno".
Si davano del lei, o meglio Guendalina si imponeva di trattarla a distanza e la chiamava per cognome, salvo poi darle del tu nel corso della giornata. Poi si incamminava svelta verso la strada, passando dalla uscita di sicurezza dietro una colonna, e si incontrava con Dario Alimenti il tutto fare della ditta, che il più delle volte la stava aspettando.
Il padrone della ditta era il marito di Guendalina. Un ometto bassino, con un cranio assistito da una corona di capelli sottilissimi e da solidi baffetti sale e pepe. Se ne stava per la maggiorparte della giornata appollaiato in un angusto spazio, che raggiungeva con una scala a chiocciola, soffocato dagli scaffali a due piani dove venivano custodite le merci in attesa di essere spedite ai destinatari. Lo chiamava un po' pomposamente il suo ufficio, occupato da un tavolino su cui poggiava una batteria di telefoni di colore celestino praticamente inutilizzati. Alle sue spalle campeggiava una fotografia ingiallita del primo furgoncino della ditta con una scritta ILARIO ALBERTI TRASPORTI. Ogni tanto, con i suoi passi corti e strascinando le scarpe sul linoleum del magazzino, faceva rapide incursioni al piano di sotto passando tra i colli in attesa di essere trasferiti sui camion.
Erano sposati da più di trent'anni e quando Guendalina, appena assunta, mise gli occhi su di lui, riuscì facilmente a raggiungere il suo obiettivo, andando rapidamente a dama. Va detto a giustificazione del buon Ilario che a vent'anni Guendalina era un vero spettacolo della natura. Occhi di un azzurro intenso si aprivano su un viso ben proporzionato e con un personale adeguato. Piuttosto alta con i tacchi a spillo assumeva un' aria da dominatrice. Che difese poteva avere il povero Ilario? Erede di una azienda piuttosto florida che riusciva a stare sul mercato anche per i buoni uffici di un fratello che faceva politica e gli assicurava fruttuose convenzioni con comuni e aziende del circondario.
Guendalina aveva alle spalle una infanzia piuttosto tribolata e i primi anni della sua adolescenza non furono meno difficili, segnate da ristrettezze familiari nella vita di cascina dove si viveva in promiscuità, con pochi momenti di gioiosa convivenza. Ma quegli anni erano stati una scuola di vita e il suo primo pensiero era sempre stato di abbandonare quella vita e di andare a lavorare in città. I ricordi per Guendalina erano la molla per emanciparsi e per andare avanti. E quella ragazza di paese, di strada ne aveva fatta, tanto da diventare in pochi anni la mente affaristica della ditta. Entrata come una sorta di martinitt era diventata, in pratica, la padrona.
Nella pausa pranzo, invece Guendalina si concedeva al suo ometto salendo rapidamente a passo veloce la scaletta. Nell'ambiente questi incontri tra marito e moglie erano oggetto di commenti salaci, bastava guardarli. In effetti conoscendo Guendalina non era azzardato il sospetto che più che un atto di amorevole stacco dal lavoro, l'incontro quotidiano fosse piuttosto un obbligo a cui il povero marito non sapeva sottrarsi. Si, era praticamente ostaggio della sua signora.
Nel rientrare nella sua stanza scendeva con mosse cadenzate e piuttosto studiate, mostrando le sue gambe tornite avvolte in calze di solito di colore scuro che emergevano da gonne sempre piuttosto attillate e avvolgenti. Si rendeva perfettamente conto che era quello il momento che giù' da basso gli operai aspettavano, ridacchiando e ammiccando al suo passaggio, mentre si davano da fare nel caricare la merce sui rimorchi dei camion. Qualcuno più' ardimentoso accennava un complimento che non otteneva complicità, ma a ben vedere il viso di Guendalina si increspava in un trattenuto sorriso appena accennato.

CAPITOLO 5

I coniugi Alberti non avevano molte occasioni di vedersi fuori dal lavoro. Lui cacciatore passava il suo tempo libero a curare i suoi setter e, nel week end, andava in giro con gli amici, con la scusa della caccia, trascorreva gran parte della giornata in qualche trattoria casereccia che incontrava lungo il suo peregrinare tra i boschi, davanti ad una fumante casoela o a un risottino con le rane, innaffiato da numerose bottiglie di una vivace " bonarda" o da un "inferno della val tellina" e finiva a giocare a "ciapa no" fino a notte.
Nelle serate dei week end Guendalina spesso andava a ballare su in collina in una balera con un ampio spazio sormontato da una vetrata con un grande tendone sottostante. Non era insolito vederla ballare un tango milonguero piuttosto ispirata con il fiato del cavaliere sul suo viso e i corpi avvinghiati. Ma nulla di lascivo traspariva dal suo viso mentre seguiva il ritmo malinconico della musica. Nella "mirada" si sottraeva agli sguardi degli uomini e raramente si concedeva agli sconosciuti. Era solita fare coppia fissa con un conoscente, Osvaldo, provetto tanguero che lavorava come istruttore di guida in un'auto scuola. Piccoletto ma con un qualcosa di fascinoso, forse a causa delle lunghe basette molto curate.
Dopo un paio di giri preferiva uscire per fumarsi una sigaretta nella brezza notturna. Ma raramente rimaneva a lungo da sola. Una sera, era domenica, mentre stava in terrazza a parlare con alcuni conoscenti intravide in lontananza la figura atletica di Mario il suo magazziniere. Guendalina rimase sorpresa. Vide in lui per la prima volta una persona diversa rispetto a come era abituata a classificarlo. Aveva una maglietta girocollo blu con la rappresentazione distopica di una Manhattan notturna sotto a una felpa grigia con il cappuccio che modellava il suo corpo piuttosto atletico e sinuoso. Una barba rada incorniciava il suo viso e gli dava un'aria da macho, di felino in cerca di prede. E Guendalina non rimase insensibile.
Lasciato il gruppetto di persone, lancio' un'occhiata all'uomo e un impercettibile segno con gli occhi, avviandosi verso la sua macchina. Si sedette dal lato passeggero e si accese una sigaretta, Mario non tardò' ad arrivare, si mise alla guida e accese il motore. Da quella volta non furono poche le occasioni di incontro tra Mario e Guendalina: erano situazioni abbastanza casuali e improvvisate in qualche zona isolata nei boschi che circondavano le prime propaggini della città' . Di solito sul suv di lei o, più' raramente in un ricovero di caccia che Mario aveva nei pressi del lago.
Guendalina era perfettamente al corrente che per individuare i responsabili dei furti ricorrenti sui colli in partenza non bisognava andare troppo lontano.  Era merce acquistata on line su siti di e-commerce che la ditta provvedeva a consegnare ai destinatari. Attività' in espansione che si affiancava al tradizionale trasporto per le lunghe distanze.
Pur non avendo le prove era piuttosto sicura dei manéggi di Mario. Una sera si ritrovarono al capanno. Erano entrambi ispirati. Ci fu un amplesso lungo e appassionato preceduto da preliminari iniziati con baci e carezze che aumentavano di intensità via via che i loro corpi trovavano intima corrispondenza l' uno nell'altro. L' afrore della pelle di lui provoco' una serie di piccoli fremiti in Guendalina che accolse Mario e il suo membro turgido, con movimenti decisi la penetro'. Fecero l'amore una, due, tre volte con la immediatezza e la semplicità' di due innamorati che si cercavano e si incontrano per la prima volta. Per Mario questi incontri sembravano più' esercizi fini a se stessi come si trovasse in palestra, una dimostrazione di vigoria fisica. Guendalina lasciava fare e passivamente si faceva titillare dai ritmi del compagno fino al raggiungimento della soglia del piacere. Era un modo piacevole per un relax cercato e trovato che non sfiorava assolutamente nessun coinvolgimento mentale ed emotivo.
Dopo fu silenzio tra loro mentre fumavano. l loro corpi erano vicini. Erano nella fase che secondo molti e' il momento più' bello: fumare dopo aver fatto sesso, Mario accarezzava pigramente il morbido corpo di lei, ma non riceveva risposta. Ad un tratto Guendalina sorniona e paciosa ritorno' quella di sempre, lo prese per un braccio " te pistola ma tu credi che io non sappia dei tuoi manéggi?" Mario le lancio' uno sguardo perplesso e non rispose. " Ma dai lo sanno tutti in ditta che hai le mani lunghe" riprese la donna, ridacchiando pensando al doppio senso delle sue parole. " Sono chiacchiere " replicò' debolmente lui. " Stai in campana che il guardiano notturno ti sta sul collo, ne ha parlato con Dario".
" Quel polacco deve stare attento lui, ci siamo già' presi a cazzotti una volta e se non la smette di calunniarmi..."
" Se li volete fare certi manéggi tu e i tuoi amici, che saranno pirla quanto te, sottolineo' la donna, cercate di farli bene. I colli dell' on line sono coperti da assicurazione, ammicco'. Io vi lascio mano libera, ti faccio sapere gli oggetti più' interessanti e poi... Guendalina si fermo' per un attimo ci mettiamo d'accordo. Il 70% per me che vi copro le spalle e il resto a voi." Mario la guardava imbambolato ancora sotto l' effetto della mezz' ora di sesso, poi come avesse finalmente capito il senso della proposta protesto' " No Guendalina il 30% per noi è' troppo poco, siamo in tre". La donna lo guardò' di sbiego mentre continuava a fumare. " Va bene facciamo il 40% per voi, ma non tirare a fregarmi. Potrebbe andarti molto male, mi basta scatenarti contro il guardiano."

La trama invisibile dei coloriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora