Annabeth prese la Moyasamu e la riposò nel suo zaino; all'istante Noah tornò come prima, smettendola di saltellare e ballare in modo ridicolo e tornando al suo stato cosciente. Sulla sua faccia si poteva leggere chiaro e tondo "Ma che diamine mi è saltato in mente?!" e ad Annabeth fece un po' pena vedere la sua faccia imbarazzata davanti alle centinaia di ragazzi attorno a lui che lo deridevano e gli facevano video. Perlomeno ora aveva capito cosa volesse dire essere bullizzati e sarebbe stato più facile parlargli.
Dopo che tutti se ne furono andati lasciando Noah in uno stato di trance, Annabeth cercò di avvicinarsi a lui e parlargli, ma dovette dargli un colpetto sulla spalla dato che era seduto sull'erba avvolgendosi le gambe con la testa abbassata. Lui alzò la testa e, non appena vide che era lei, cercò subito di mostrarsi forte e le disse:
-Oh, ci mancavi solo tu! Che vuoi? Vuoi prendermi in giro anche tu? Ti ricordo che ho ancora io la tua spilletta da scout, per cui non ti conviene fare la dura con me, attenta a quello che dici o la distruggo! - si aspettava che Annabeth ribattesse cercando di offenderlo per difendersi, e invece:
- Tutto bene?
- Ah, certo, ora ti fingi tutta preoccupata per me dopo che ti ho offesa davanti a tutti, ti vuoi prendere gioco di me! Non starò al tuo giochetto, Miss Hawaian, ti conviene farti gli affari tuoi e tornartene a casa tua.
Annabeth rise e si sedette accanto a lui.
- Cosa c'è da ridere, scusa? E poi... allontanati da me verme! Ti ho detto di farla finita, chiaro? Ma ci senti?!
- Inutile che ti fingi forte e minaccioso, so benissimo cosa stai provando in questo momento e indovina un po' perché: è la stessa cosa che ho provato io quando mi hai preso in giro davanti a tutti.
Lui stava per ribattere, ma alla fine si limitò a sospirare.
- Ora capisci cosa si prova essere bullizzati?
Lui si girò dall'altro lato e borbottò.
- Non sono affari tuoi.
- E invece penso proprio che siano affari miei eccome! Senti... - sospirò lei - Io penso che noi... abbiamo iniziato col piede sbagliato. Cerchiamo di lasciarci alle spalle il passato e ricominciamo da capo, potremmo diventare amici.
Lui scoppiò in una risata:
- Amici? Io e te? Te lo puoi scordare. Noi due non abbiamo proprio NIENTE in comune.
- Secondo me invece ci assomigliamo più di quanto credi - la verità è che neanche Annabeth credeva a quello che diceva.
- No beh, è diverso. Io non so cosa mi sia preso. Stavo parlando normalmente con Chloe e Lisa e all'improvviso è come se il mio corpo avesse deciso di prendere il controllo e avesse cominciato a fare quello che voleva. Non potevo controllarlo. Io... io mi sono sentito privato di qualunque forza, cosa a cui...- si interruppe. - Ma perché sto dicendo tutto questo a te? Mi starai prendendo per pazzo! Te lo chiedo con le buone, allontanati da me.
- No no, io ti credo! Continua pure. Cosa a cui...
Lui sbuffò rassegnato:
- Vedo che non ti darai per vinta finché non otterrai quello che vuoi. E va bene, ti accontenterò, a costo che poi te ne vada.
Annabeth fece un segno di assenso con la testa. Lui abbassò la testa, cercando di evitare il suo sguardo e cominciò a raccontare:
- Io non sono abituato a sentirmi così. Nella mia famiglia mi hanno sempre insegnato a essere forte, mi hanno sempre detto che dovevo difendermi e che, per farlo, dovevo fare in modo che fossero gli altri a seguire me e non viceversa. Devo essere il più forte. Il fatto è che... il fatto è che mio padre è morto quando ero piccolo e sono sempre stato io l'uomo di casa. Dovevo proteggere mia madre e mia sorella. Poi... - guardò Annabeth imbronciato: sembrava non riuscire a continuare. La ragazza lo incoraggiò con sguardi apprensivi e lo incitò ad andare avanti.
- Poi, l'anno scorso, mia madre ha deciso di risposarsi e trasferirsi, lasciando qui me e mia sorella. Qualche mese fa però... - Noah singhiozzò. Era la prima volta che Annabeth lo vedeva così. Ebbe l'impressione di essere la prima a farlo aprire così. - Qualche mese fa mia sorella, sopraffatta dalla disperazione e dalla pressione che le metteva l'orfanotrofio, si è... si è suicidata. Annabeth era rimasta a bocca aperta. Non poteva immaginare che Noah avesse vissuto tutte queste cose. Si sentiva una stupida: lei si lamentava sempre della sua vita, ma Noah, pur avendo vissuto tutti questi dispiaceri, riusciva a dimostrarsi sempre forte e a non farsi abbattere.
Sentì un moto di empatia per lui, voleva fare qualcosa per consolarlo, ma sapeva che non sarebbe cambiato un granché. Annabeth voleva essere sua amica. Doveva essere sua amica.
Noah tornò in sé e si alzò di scatto. Perché aveva confidato tutti i suoi segreti a quella ragazzina? Non aveva mai raccontato a nessuno la sua storia, tra tante persone proprio lei doveva scegliere? Quando aveva cominciato a parlare non era riuscito a fermarsi. Aveva un forte bisogno di sfogarsi con qualcuno e se ne rese conto solo in quel momento: sentiva di essersi tolto un grosso peso dalle spalle. Quella ragazza... era strano... anche se lui l'aveva presa in giro, lei non l'aveva ricambiato nel momento perfetto per farlo. Avrebbe potuto umiliarlo, distruggerlo e invece si era dimostrata pronta ad ascoltare tutti i suoi problemi, facendolo sentire per la prima volta sicuro, protetto.
- Hey, mi dispiace - disse lei - Non potevo immaginare che avessi dovuto sopportare tutto questo. Beh, non posso dire di capirti ma... anche mio padre è morto l'anno scorso. Io e mia madre ci siamo dovute trasferire qui a Wellington per problemi economici e ora pendiamo dalle tasche di mia nonna, che deve mantenerci con una pensione di 60 euro al mese - fece una risatina forzata - Mi manca la mia migliore amica a Honolulu. Qui non ho amici. E non posso lamentarmene perché la colpa è soprattutto mia, sono io quella introversa e timida che non si apre mai con nessuno. Non posso biasimarvi se mi prendete in giro, del resto, tutto di me fa schifo. Ti invidio molto, vorrei riuscire a dimostrarmi così forte anch'io, ma non ce la faccio. Grazie per esserti aperto con me, mi hai fatto capire che in fondo sono fortunata e che devo smettere di lamentarmi della mia vita, dovrei imparare ad accontentarmi di quello che ho.
Noah ora provava emozioni contrastanti per quella ragazza. Da una parte voleva dimostrarsi duro anche con lei, ma dall'altra voleva consolarla.
- Mi dispiace. Scusa se ieri ti ho preso in giro, ora capisco che vuol dire. Ti prometto che non ti tratterò più così, mi dispiace di averti fatto sentire inutile. E, beh... non fai schifo, hai solo tradizioni diverse e sono io quello stupido che non riesce ad apprezzare le diversità - le parole gli uscirono da sole, non riuscì a controllarle. Annabeth lo faceva sentire allo stesso livello degli altri, un normale ragazzo con i suoi pregi e i suoi difetti, non il più forte. E, tutto sommato, non gli dispiaceva.
- Tregua? - disse porgendole una mano.
Lei sorrise, gli strinse la mano e si alzò.
- Tregua.
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Moyasamu
Jugendliteratur"Più è profonda la ferita, più sarà grande il sollievo una volta guarita" Annabeth odia la sua vita. Vorrebbe prenderla e farla a pezzi, distruggerla. Da quando suo padre è morto, si è dovuta trasferire insieme alla madre in Nuova Zelanda per proble...