18. La famiglia Brown

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Quel giorno Annabeth stava tornando a casa insieme ad Emma, mentre pensava e riformulava una frase adatta per parlare con Rick. Emma cominciò a farle delle proposte cercando la sua approvazione:

- E che ne pensi di: "Ciao Rick, ti ricordi di noi? Siamo Emma ed Annabeth, giocavamo insieme quando abitavi ad Honolulu..."

- No, troppo diretto. Sarebbe meglio qualcosa tipo: "Hey ciao! Tu sei Rick vero? Non so se ti ricordi di noi, eravamo le tue vicine di ca...- Annabeth si interruppe quando varcò la soglia della porta di casa sua e si ritrovò davanti sua madre che parlava con un uomo dalla corporatura tozza, senza capelli, con occhiali quadrati e la pancia evidente e una donna dai capelli color nocciola che le arrivavano alle spalle in leggere onde, gli occhi dello stesso colore contornati da qualche ruga naturale. Un bambino di circa 6 anni giocava e saltellava nel cortile, con i capelli scompigliati dal vento e una sbucciatura sul ginocchio destro. Non appena sua madre la vide, le andò incontro sorridente:

- Hey Annie, eccoti qui! Ti presento i tuoi nuovi genitori: George e Melinda Brown. Si sono offerti di accoglierti come una figlia, sono sicura che una volta che vi sarete conosciuti vi troverete molto bene insieme, sono delle persone fantastiche.

I signori Brown la guardarono sorridendo, ma Annabeth rimase immobile pietrificata, mentre Emma accanto a lei la guardava preoccupata. Sua madre si rivolse ai signori:

- È molto timida, ha bisogno di tempo per ambientarsi, avrete tempo per conoscervi meglio, sono sicura che con voi si sentirà a suo agio.

Poi guardò Annabeth, esortandola con lo sguardo a dire qualcosa, ma lei rimase immobile.

- Per di più avrai un fratellino: Samuel, quel bambino che corre in cortile. Non sei felice? - continuò. Lei inarcò le sopracciglia come a dire "Non sai quanto!" in modo ironico. Sua madre emise una risata soffocata cercando di coprire l'imbarazzo:

- Hey Emma, ti dispiace lasciarci un attimo da soli? - le chiese sua madre.

Lei annuì e salì al piano di sopra. La signora Kailani si avvicinò ad Annabeth e le parlò sottovoce:

- Vuoi dire qualcosa?! Mi stai facendo fare una brutta figura! Non capisci che lo sto facendo per te?

Annabeth la fulminò con lo sguardo. Non c'era bisogno di parlare per farle capire quali erano le sue intenzioni.

- Ne abbiamo già parlato Annie. Con me non avrai un futuro. Fai almeno una prova, sono bravissime persone! Sono stati così generosi da offrirsi di ospitare anche Emma finché non tornerà alle Hawaii!

Annabeth emise un lungo sospiro scocciato. Fece giusto in tempo a vedere Samuel che cercava di infilarsi le sue Converse, così gli corse incontro di colpo e lo strattonò via:

- Fermo Samuel! Non toccare le mie cose!

- Mi chiamo Sammy, non Samuel!

- Fa lo stesso, allontanati.

- Ma tu sei la mia nuova sorellona?

Annabeth lo guardò con sguardo assassino. Non sarebbe mai stata la sua "sorellona". Né tantomeno la figlia di quei Brown. Lei era Annabeth Kailani e avrebbe continuato ad esserlo.

Evidentemente non si accorse di star fissando il bambino con occhi infuocati e di stargli stringendo i polsi troppo forte, perché subito si mise a piangere. I suoi genitori accorsero velocemente a soccorrerlo, mentre la madre di Annabeth la afferrava violentemente per un braccio e le sussurrava all'orecchio:

- Hai già fatto abbastanza, noi due parliamo dopo. Ora fila di corsa in camera tua!

Annabeth salì di corsa le scale, mentre sentiva sua madre scusarsi mortificata per il suo comportamento. I signori Brown continuavano a fare la parte dei gentiloni giustificandola:

- No, non si preoccupi. La colpa è di nostro figlio: non avrebbe dovuto toccare le scarpe di Annabeth senza il suo permesso. Ha questo brutto vizio di prendere tutto quello che vede!

Stavano inventando un mucchio di cavolate. Ora si mostravano buoni e cari, ma poi, una volta diventata loro figlia, avrebbero mostrato il loro vero carattere. Annabeth ne era sicura. Quei due non la convincevano affatto, per quanto la riguardava avevano qualcosa che non andava.

Guardò il piccolo Sammy, ancora in ginocchio per terra a piangere, con la forma della sua mano che gli bruciava rossa sul polso. Da una parte era dispiaciuta di avergli fatto male, non era nelle sue intenzioni, ma dall'altra pensava "Se l'è meritato, la prossima volta ci penserà due volte prima di toccare le mie cose". Ma la vera lei avrebbe voluto rimediare.

Tuttavia salì le scale e si diresse in camera sua in cerca di Emma, che le chiese subito com'era andata. Lei le raccontò di Sammy e di tutto il resto, anche se c'era poco da dire. Le disse della brutta impressione che le avevano fatto quei Brown ed Emma si dimostrò d'accordo con lei.

- Non se ne parla proprio che tu vada a vivere con quei due! Non riesco ancora a credere che tua madre abbia potuto prendere una decisione del genere!

- La paura certe volte spinge a prendere decisioni avventate.

- Ho capito, ma stiamo parlando di tua madre! Questa non è una buona scusa per lasciare sua figlia a degli sconosciuti!

Annabeth abbassò lo sguardo:

- Purtroppo, insieme alla paura, c'è pure un problema economico. Mia madre sa di non potermi mandare avanti con quei pochi soldi che le danno a lavoro e con la pensione di mia nonna. Si è impegnata molto, ma ha paura di non riuscirmi a dare abbastanza per farmi avere la vita che desidero. Pensa che gli altri possano darmi una vita migliore con i loro soldi. Ma non capisce che la vera felicità sta nella compagnia delle persone che si amano.

Emma aveva gli occhi lucidi, ma le scappò un sorrisino - Smettila! Non lo sai che sono una persona sensibile?!

Annabeth fece una risata insieme a lei, poi la guardò malinconica e la abbracciò. Lei cominciò a singhiozzare:

- Annie, sei la mia migliore amica, mi preoccupo per te. Non voglio che ti accada mai nulla. Vedere tutto quello che devi sopportare fa male anche a me. Magari non lo do molto a vedere, ma quando stai male tu, sto male anch'io.

Scoppiò in lacrime, stringendosi nell'abbraccio.

- Hey, non ti devi preoccupare per me, io me la caverò. E poi so che qualunque cosa accadrà ci sarai tu al mio fianco. Sai, tu sei l'unica persona che mi vuole bene veramente, l'unica su cui posso contare. Non so come farei senza di te.

Annabeth sentì le lacrime di Emma bagnarle il top e le accarezzò i capelli per tranquillizzarla. La situazione era un po' strana: avrebbe dovuto essere l'amica a consolare lei e non il contrario. Emma le sussurrò a un orecchio tra un singhiozzo e l'altro:

- Promettimi che qualunque cosa accada, qualsiasi cosa tu debba affrontare, ti fiderai sempre di me e resterai una donna forte. Me lo prometti?

- Promesso - una lacrima colò anche dal suo viso.

- Ti voglio bene Annabeth, te ne vorrò sempre.

Una sola parola le uscì dalla bocca:

- Grazie.

- E di cosa?

- Della la tua amicizia.

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