2. La Moyasamu

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Non ce la faceva più. Non poteva resistere un secondo di più. Annabeth sfuggì al bullo, scavalcò la recinzione del cortile e scappò dalla scuola, tornò di corsa a casa sua. Quando la vide entrare in lacrime dalla porta, la madre si chiese cosa fosse successo, il motivo per cui fosse tornata a casa così presto; tuttavia decise di non fare domande e di lasciare a sua figlia i suoi spazi: sapeva che dopo la morte del padre stava attraversando un momento molto difficile.

Annabeth salì di corsa le scale ed entrò nella sua camera, chiudendo con violenza la porta alle sue spalle, si buttò sul letto e mise la testa nel cuscino, piangendo. Poi guardò il calendario: 21 settembre. Il giorno del suo compleanno.

- Che compleanno di merda - sussurrò tra sé e sé arrabbiata.

E si rimise a piangere a dirotto. La porta della camera si aprì ed entro sua nonna:

- Annie, ho un regalo per te! Buon compleanno cara.

E uscì da dietro la schiena una strana bambola, ma non quella che ci si aspetta regalare da una nonna: era brutta, vecchia, vestita di stracci e in testa, al posto dei capelli, aveva cinque forellini. Dapprima Annabeth ne restò incantata ma poi, presa dal rancore, prese la bambola e la scaraventò per terra con violenza:

- Grazie kupunawahine, ma sono troppo grande per le bambole: ho sedici anni! E poi che razza di bambola è? La giornata non fa che andare di male in peggio!

La ragazza, anche se irritata, si preoccupava di avere offeso sua nonna, l'unica persona che era sempre stata gentile con lei. Ma nonna Rose uscì tranquillamente dalla stanza, con uno strano sorrisino stampato in faccia, come a dire "Tranquilla, è solo questione di tempo, capirai tutto".

Annabeth era un po' sorpresa da quello strano atteggiamento, ma presa ancora dalla disperazione e dalla rabbia, fece finta di niente e si ributtò sul letto a piangere, dove restò per il resto della giornata.

Verso l'una di notte Annabeth era ancora sveglia, non riusciva a dormire e continuava a pensare e ripensare alla sua vita e a quella degli altri ragazzi. Si sentiva troppo diversa, avrebbe voluto essere una normale adolescente come tutti gli altri. Tutto ad un tratto sentì una strana voce: dolce, seduttiva, tranquillizzante, che all'inizio fece saltare in aria la ragazza, ma che poi la attrasse per lo strano tono di voce, simile a quello di un robot:

- Perché piangi?

Annabeth pensò che fosse frutto della sua immaginazione "La frustrazione e la mancanza di sonno mi staranno dando alla testa. Fantastico, ora sono pure pazza, un altro motivo per essere presa in giro!" Ma subito dopo sentì di nuovo:

- Non ti preoccupare: risolverò io tutti i tuoi problemi.

La povera ragazza sussultò: non poteva essere un sogno. Stupita e spaventata allo stesso tempo chiese incerta:

- Chi è? Chi ha parlato? Nonna sei tu?

- Non sono tua nonna, ma ti aiuterò molto di più di quanto possa fare lei.

- Chi sei? Cosa sei?

- Sono una Moyasamu: una bambola voodoo "riutilizzabile".

- Che vuol dire?

- Vedi questi forellini che ho in testa? In ognuno di questi devi inserire un capello della persona di cui vuoi prendere possesso, quando i buchi verranno tutti utilizzati io scomparirò.

Il cervello di Annabeth si aggrovigliò, troppe informazioni da assimilare.

-Frena, frena, frena. Come scusa?

Annabeth guardò per terra: come aveva pensato era stata la bambola regalatale dalla nonna a parlare.

- Annabeth, io vedo tutto il dolore e la sofferenza che ti affliggono, lascia che ti aiuti a vendicarti delle persone che ti hanno fatto stare male.

Silenzio.

- Quindi tu mi vuoi aiutare?

Continuò rivolta alla bambola:

- Puoi aiutarmi a vendicarmi e ad avere degli amici?

- Certo, posso aiutarti per questo e per altro, se tu vorrai e mi darai il permesso ovviamente: sei tu la mia proprietaria ora.

Ad Annabeth balenò un'idea in testa: aveva un piano. Così prese fra le braccia la Moyasamu e dormì stringendola forte nel petto.

Da quel giorno avrebbe potuto essere una ragazza felice, con una vita normale e tanti amici, finalmente sarebbe stata rispettata da tutti. Si rigirò nel letto. Forse quel compleanno non era così pessimo come pensava.

Con quella speranza nel cuore si addormentò tranquilla.


5. kupunawahine: nonna (hawaiano) 

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