Si sollevò subito in piedi e scattò in una corsa sfrenata per arrivare il più lontano possibile dall'ospedale di Wellington. Arrivata dietro a un palazzetto, si nascose e riprese un attimo fiato. Poi si guardò i piedi: le mancava una scarpa. Nello sfuggire dalla presa dell'uomo le si era tolta una delle sue Air Force. Dannazione, quelle scarpe le erano costate la paghetta di 3 mesi!
Una volta essersi riposata abbastanza si riavviò per la strada, temendo che gli agenti fossero sulle sue tracce.
Caspita, non poteva credere a quello che aveva sentito. "Gli ospedali mettono al primo posto la salute delle persone". Bleah, un mucchio di cavolate. No no, avevano preso la ragazza sbagliata. Lei non avrebbe mai permesso che lasciassero morire così sua madre. Doveva intervenire.
Arrivò a casa sua, ma subito dovette indietreggiare: gli uomini che prima l'avevano inseguita ora erano sull'uscio della porta di casa sua. Le loro auto erano parcheggiate accanto al cancello e uno di loro teneva in una mano la sua scarpa chiedendo informazioni a sua nonna.
Si allontanò correndo, prima che qualcuno si accorgesse di lei. "Però! Avevano fatto in fretta!".
Andò a casa di Crystal e suonò il campanello. Aspettò due minuti. Poi cinque. Suonò di nuovo, più insistentemente. Aspettò altri quindici minuti. Niente. Sembrava non esserci nessuno in casa. Dopo un po' si arrese e tornò indietro.
Passeggiò per le strade di Wellington per mezz'ora, senza una meta. Casa sua era sorvegliata, nessun'amica poteva aiutarla. "Ed Emma?" pensò all'improvviso. Dov'era Emma? A casa sua? Difficile dirlo. Cercò di fare ricorso con la memoria al momento prima di uscire di casa. Ora che ci pensava, era stata proprio Emma a incitarla ad uscire per andare a trovare sua madre.
Sussultò improvvisamente. Qualcuno le aveva appena toccato la spalla. Si girò lentamente, incrociando le dita nella speranza che non fossero gli agenti di polizia, mandati dall'ospedale. Ma non appena incrociò quegli occhi azzurri si tranquillizzò:
- Tu che ci fai qua? Mi hai fatto prendere un bello spavento!
- Perché? Chi pensavi che fossi? - le chiese Noah.
- Ehm... lunga storia, poi ti racconto, ora non c'è tempo. Potrebbero trovarmi da un momento all'altro!
Ed ecco in quel momento che vide arrivare alle spalle di Noah le auto di polizia.
- Aiutami, devo scappare! Conosci un posto sicuro dove posso nascondermi?
- Scusa, non capisco. Da chi dovresti scappa...
Lo sguardo disperato di Annabeth gli fece capire che non c'era un secondo da perdere, così la prese per mano e le disse deciso:
- Vieni con me, nasconditi a casa mia.
Corsero insieme attraverso vicoli stretti, dove le auto non potevano passare. Nel frattempo Annabeth spiegava a Noah cos'era successo:
- Stavo passando di lì, quando ho sentito questi due uomini nominare mia madre, così sono andata a vedere di che si trattava e ho visto il dottore di mia madre, Brian Turner... - si fermò un attimo per respirare - Qu-quanto manca per arrivare? Sono esausta.
- Dobbiamo solo svoltare l'angolo e siamo arrivati.
- Ok - e ripresero a correre.
- Continua, cosa stavi dicendo?
- Ho visto il dott. Turner e un uomo alto, vestito in giacca e cravatta, molto probabilmente il capo... - svoltarono l'angolo e arrivarono a casa di Noah. Annabeth guardò il ragazzo: aveva una faccia allibita, sembrava essergli passato davanti un fantasma.
- I-il CAPO?
Lì nel viale, davanti alla casa di Noah, erano parcheggiate tre auto di polizia e cinque uomini si dirigevano verso di loro a passo svelto, muniti di manette. Annabeth guardò Noah con sguardo interrogativo:
- Co-come facevano a sapere dove abiti??
Lui si grattò la testa:
- Beh... il direttore dell'ospedale di Wellington è mio zio.
Il rombo dello schiaffo echeggiò in tutto il viale, cinque dita erano stampate sulla guancia di Noah.
- TU! - un'altra manata arrivò rapida sul viso del ragazzo, che gemette per il dolore accarezzandosi la faccia.
- TRADITORE! Come ho fatto a fidarmi di nuovo di te?! E pensare che ti avevo concesso un'altra chance! Ricambi così la mia eccessiva bontà? Bel piano: portare da me la polizia, fare finta di essere mio amico e "aiutarmi" a scappare per consegnarmi dritta nelle mani di tuo zio. Devo farti un applauso, che vendetta perfetta!
Gli uomini afferrarono Annabeth e la trascinarono via. Prima di salire sull'auto lei si girò e si rivolse a Noah:
- Prima che mi portino via devo proprio dirtelo: sei un vero e proprio verme Noah Anderson.
Lo sportello dell'auto si chiuse e la macchina partì, facendole subito perdere di vista Noah, rimasto sul ciglio della strada a guardarla mentre veniva portata alla stazione di polizia.
STAI LEGGENDO
Moyasamu
Teen Fiction"Più è profonda la ferita, più sarà grande il sollievo una volta guarita" Annabeth odia la sua vita. Vorrebbe prenderla e farla a pezzi, distruggerla. Da quando suo padre è morto, si è dovuta trasferire insieme alla madre in Nuova Zelanda per proble...