3. La vendetta

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La mattina dopo Annabeth prese la Moyasamu e la infilò nello zaino diretta a scuola. La sua prima vendetta: ridicolizzare il ragazzo che l'aveva bullizzata il giorno prima. Per sua fortuna l'aveva già visto qualche giorno prima prendere i libri nel suo armadietto: la sua speranza era di trovare un suo capello là dentro.

Primo passo: chiedere il permesso di uscire dalla classe con una scusa:

- Scusi prof, devo a andare in bagno, è urgente.

- Beh, se proprio è urgente...

Annabeth odiava il modo in cui la guardavano i professori ogni volta che doveva andare in bagno, avevano sempre una scusa: o stava cominciando la lezione, o stavano spiegando qualcosa di importante, o c'era un compito da fare... e quando glielo concedevano sembrava che avesse un debito con loro. Come se non fosse un diritto!

Secondo passo: trovare l'armadietto. Per sua fortuna Annabeth aveva un'ottima memoria. Contò sette armadietti da sinistra e due dal basso: eccolo!

Terzo passo: trovare la combinazione o scassinarlo. Cercò invano di aprirlo con la forza "Meglio girare finché non si apre". Ancora un giro a destra, un po' a sinistra... tak! Aperto!

Quarto passo: trovare un capello. "Dove può essere? Nei libri forse? Vediamo... no, non c'è nulla. Nell'astuccio allora? No, solo penne e matite". Nell'armadietto non c'era nient'altro. Annabeth sperava con tutto il cuore di trovare quello che cercava. Scoraggiata, stava per chiudere l'armadietto, delusa che il piano non avesse funzionato... ed eccolo là, in un angolo! Annabeth prese la Moyasamu e inserì il capello in uno dei forellini.

Bip!

- Ok, ora tutto quello che dirai o farai lo farà anche...

Come si chiamava quel ragazzo? Guardò lo sportello dell'armadietto: "Noah".

- Lo farà anche Noah.

Cominciò a chiedersi se non si sarebbe messa nei guai. Ad ogni modo, tornò in classe e aspettò la ricreazione.

Appena la campanella suonò e tutti uscirono in cortile, Annabeth prese Emma:

- È l'ora di avviare il piano.

Noah stava flirtando con un gruppetto di ragazze: era un'occasione d'oro. Annabeth cominciò a far fare piroette alla Moyasamu, che intanto cantava canzoncine infantili: cosa che fece anche Noah. Funzionava!

- Noah ma che combini? - cominciarono le ragazze - Sembri un idiota!

E lui continuò a ballare, saltare e cantare come un bambino di cinque anni. Le ragazze scoppiarono dalle risate. Poi Annabeth lo fece auto-schiaffeggiare saltellando e ragliando:

- Ih-oh! Sono un asino! Ih-oh!

Un gruppetto cominciò a formarsi intorno a Noah, mentre molti ragazzi facevano foto e video che poi postavano sui social, facendo diventare Noah lo zimbello della scuola.

Nel frattempo Annabeth si piegava in due dalle risate: nessuno si era accorto che era lei l'artefice di quella stramberia.

Si accorse solo allora che rideva per la prima volta da quando era a Wellington.

Tuttavia, cominciò a sentirsi in colpa per quel ragazzo: beh, sì, l'aveva bullizzata, ma Annabeth cominciava a pensare che forse non si meritava tutto questo. Non voleva diventare come lui, no, lei non era fatta così. Il sorriso le scomparve e venne sostituito da un broncio. Possibile che non si accontentava mai di nulla? Si sentì stupida a dubitare delle sue stesse emozioni, forse non avevano tutti i torti a prenderla sempre in giro. Nonostante tutto, continuava a sentire il bisogno di scusarsi con Noah: non voleva far sentire qualcun'altro come si era sentita lei, non lo avrebbe augurato neanche al suo peggior nemico. Così Annabeth decise di dover provare a risolvere le cose con Noah parlando. Una decisione difficile da prendere, ma allo stesso tempo necessaria.

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