27. Svolta

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- Cosa sai?

Silenzio.

- Cos'hai sentito? COS'HAI SENTITO? PARLA!

Silenzio.

- Senti piccola spiona, ti conviene parlare se vuoi vedere ancora viva tua madre.

Annabeth lo guardò con gli occhi iniettati di sangue e mormorò:

- Tanto non la lascereste viva neanche se parlassi, vi sembro stupida? Io vi denuncerò, VI DENUNCERO'!

- Povera sciocca, a chi vorresti denunciarci? Alla polizia? Ops, si dà il caso che lavori per noi! Ah ah! Rinunciaci, non hai speranze: tu sei solo un'orfanella sedicenne, noi abbiamo dalla nostra parte tutto il corpo di polizia e l'intero staff dell'ospedale. Cosa vorresti fare? Pregarci in ginocchio di salvare tua madre? Trovaci 10.000 euro e poi ne parliamo.

Annabeth ringhiò e scacciò un urlo. Si guardò intorno. Era incatenata a una sedia con manette e corde, al centro di una stanza vuota con una sola porta, che era chiusa a chiave. Il capo davanti a lei la guardava rabbioso in attesa di una risposta. Annabeth non avrebbe fatto il suo gioco. Lui si aspettava che minacciandola l'avrebbe convinta a parlare e, dopo averlo fatto, l'avrebbe fatta uccidere o imprigionare. Doveva giocare d'astuzia, era proprio nei guai.

- Io... non sono orfana. Ho una madre stupenda, che guarirà e tornerà a vivere con me come sempre, perché TU verrai licenziato dopo che ti avrò denunciato alla polizia australiana.

- Sì, come no, continua a sperare. Mi sono scocciato di stare qui ad aspettare, facciamola finita e basta.

Annabeth ebbe paura. Cosa le avrebbe fatto?

- Tu non aprirai bocca signorina. Morirai, proprio come tua madre, dato che vuoi "starle vicino". Chi pensi che verrà a salvarti stavolta? Sei sola.

Impugnò una pistola. Quell'uomo era pazzo! Sparare a una ragazzina? Aveva capito che era molto avido ed egoista, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato a quel punto!

Annabeth chiuse gli occhi. Quelli erano gli ultimi attimi della sua vita. Da una parte era felice, perché almeno avrebbe messo fine a tutti i suoi dolori, ma dall'altra non poteva morire, se no chi avrebbe salvato sua madre? Ripensò a quello che le aveva detto Noah: "La vita è un dono e deve essere vissuta fino all'ultimo, costi quel che costi".

Nel giro di 3 secondi gli passarono davanti tutti i momenti più brutti e più belli della sua vita. Era quello che si provava quando si stava per morire? Se sì, non le dispiaceva così tanto. Anche cose a cui non aveva mai pensato, stranamente le venivano in mente proprio in quel momento. I bei momenti che aveva trascorso con Noah, quelli un po' meno belli, lei ed Emma da bambine che giocavano a Honolulu, le avventure che aveva trascorso con suo padre e le parole che le aveva detto l'ultima volta che lo aveva visto.

"Oggi c'è un mare fantastico, farò una grande pesca, me lo sento. Non preoccuparti Annie, faccio un giro e torno da te, come sempre. Solo che questa volta porterò con me un bel po' di tonni!" detto questo le aveva lasciato un bacio sulla fronte e si era allontanato. Quando lo aveva salutato dalla barca Annabeth non avrebbe mai immaginato che quella fosse l'ultima volta in cui lo avrebbe visto. Quella sera, alcuni poliziotti avevano bussato alla sua porta e sua madre era andata ad aprire. Lei si era catapultata sull'uscio della porta non appena aveva sentito il campanello suonare, pensava che fosse suo padre che tornava dal giro in barca. Quando vide i poliziotti e la faccia distrutta di sua madre si preoccupò. Poi arrivò la notizia che cambiò tutta la sua vita.

Sentì un colpo. Un rumore forte. I suoi occhi rimasero chiusi, in attesa della morte. Stranamente però, non sentiva nessun dolore. Forse era già morta? La pistola non era carica? Un angelo l'aveva salvata? Non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma decise di tenere gli occhi chiusi.

- Mi dispiace per te zio, ma su una cosa ti sbagli: lei non è sola.

Annabeth aprì di scatto gli occhi e si girò a guardare Noah, che aveva appena sfondato la porta. Il ragazzo le lanciò la scarpa che aveva perso e lei lo guardò con una gioia che non aveva mai provato prima, in quel momento avrebbe voluto correre tra le sue braccia e baciarlo, se non fosse stata bloccata. Dietro di lui comparvero Emma e Crystal, che guardavano l'uomo davanti a lei con uno sguardo assassino da far gelare tutte le vene. Il terzetto entrò nella stanza, Crystal la liberò dalle manette con una chiave che aveva preso da non so dove e le passò a Noah che le usò per incatenare suo zio, mentre Annabeth veniva liberata anche dalle corde. Emma si avvicinò a lei dopo aver preso il suo zaino e le porse la Moyasamu. Nel frattempo Noah si toglieva la maglietta e la legava alla bocca di suo zio per impedirgli di urlare e protestare ("O mamma" era la prima volta che Annabeth lo vedeva a torso nudo e doveva ammettere che il suo fisico non era davvero niente male). Crystal si avvicinò al signor Anderson, gli strappò un capello (se non fosse stato per la maglietta di Noah, l'urlo si sarebbe sentito in tutto l'edificio) e lo porse ad Annabeth, che subito lo mise nell'ultimo foro rimasto della Moyasamu.

- E ora? Che devo fargli fare?

- Fagli firmare questo - nonna Rose era comparsa sul ciglio della porta con un foglio in mano.

- Nonna? E tu che ci fai qua?

- Pensi che avrei lasciato mia nipote sola nelle mani della polizia e soprattutto di questo cialtrone? - le porse il documento - Ho appena finito di stampare questo contratto. Se lo firma giura di liberarti da ogni accusa e di portare a termine l'intervento chirurgico per curare tua madre, costi quel che costi.

Annabeth guardò sua nonna con le lacrime agli occhi e la abbracciò. Lei sorrise e poi la esortò:

- Sbrigati o l'effetto della Moyasamu terminerà! A te l'onore - le diede una penna.

Annabeth si avvicinò all'uomo e gliela fece impugnare. Poi prese la Moyasamu:

- Noah, come si chiama tuo zio?

- Paul Anderson.

La Moyasamu mimò il nome sul foglio. Emma prese il contratto firmato:

- Ce l'abbiamo fatta!

Annabeth non poteva crederci: ce l'avevano fatta! Tutto era andato per il verso giusto! Un grido di gioia echeggiò nella stanza, mentre i ragazzi si preparavano a festeggiare.

- Poveri sciocchi!

Tutti si girarono cercando di capire chi avesse pronunciato quelle parole. La Moyasamu in un angolo li guardava sorridendo:

- Voi non avete capito niente! Poverini, quasi mi fate pena, festeggiate ignari della morte che incombe vicina! - fece una risatina.

- D-di cosa parli? Noi abbiamo vinto. Abbiamo il contratto firmato dal capo. Nulla è andato storto.

- Ah ah. Mia cara, hai utilizzato l'ultimo foro. Non sai cosa comporta questo? All'origine, io possedevo 50 buchi. Col tempo le generazioni li hanno usati e tu sei stata l'ultima a chiudere la tradizione. Non ricordi cosa ti avevo detto? Quando i miei fori termineranno, io scomparirò. Oh già, ho tralasciato un piccolo dettaglio, che sbadata! Insieme a me, scompariranno tutti coloro di cui ho preso possesso. Ormai una parte delle loro anime mi appartiene.

- E pensi di dirmelo solo ora?!

- Eh eh... l'unica a saperlo era la mia inventrice. Se te lo avessi detto non avresti mai lasciato morire i tuoi cari. Non sai da quanto tempo aspetto questo momento! Ho passato millenni ad aspettare che arrivasse la fine. La gente mi ha sempre sfruttato, senza mai darmi nulla in cambio! Dovresti sapere che a tutto c'è un prezzo! E poi ho un certo languorino...

- Perfida Moyasamu! - nonna Rose intervenne - Hai mentito a decine di donne convincendoci di volerci aiutare e ora te ne approfitti! Se l'avessi saputo ti avrei dato al rogo un bel po' di tempo fa!

La Moyasamu sbadigliò:

- Già già, continuate a parlare, sfogate tutta la vostra rabbia... nel frattempo il tempo scorre. Tik tak tik tak! È questione di pochi secondi prima che molti di voi cadano ai miei piedi privi di un'anima! 

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