Capitolo Diciotto - Inganno

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Non avevano né corna né coda
Non avevano mai saputo
Della nostra esistenza
Sono sbagliato io
Perché credo in una città d'oro

A trick of the tail - Genesis


Corsi verso la base senza riuscire a levarmi dalla testa che fosse successo qualcosa di molto grave. La mente andò subito a Adriano. Forse si era liberato, forse avrei trovato i miei amici in trappola.

Entrata, invece, scoprii che erano già tutti pronti per uscire: avevano indossato le tute nere, le armi erano nelle cinte, i caschi in mano.

«Cosa sta succedendo?» chiesi, avvicinandomi alla postazione dei gemelli.

«Un commerciante ha fatto una segnalazione alla polizia» mi informò Daniele. «Ha denunciato il pizzo, ha dato l'orario preciso di quando andranno a riscuoterlo. È tra meno di mezz'ora, non molto lontano da qui.»

«Lo ha denunciato e dato anche l'orario preciso?» ripetei scettica.

«Lo so, è strano» convenne Raffaele. «Ma se è una segnalazione autentica e lo lasciamo da solo?»

«Ho proposto di appostarci, se la situazione ci sembra strana torniamo da dove siamo venuti» mi comunicò mia sorella, che aveva già il piede nel primo scalino, pronta a uscire.

Osservai ognuno di loro. Stavano fremendo per mettere in pratica il piano che studiavamo da mesi per fare quello per cui eravamo nati. Non mi sarei fatta bloccare dalle mie stupide paranoie.

«D'accordo, allora.»

Mi cambiai in cinque minuti netti, presi la mia pistola, il coltello e il casco e uscimmo sul retro per prendere le moto.

L'aria della sera diventava sempre più fresca, ma io non riuscivo quasi a percepirla. Sentivo quel familiare calore in tutto il corpo, l'adrenalina della quale ormai mi nutrivo.

Il posto da dove era arrivata la segnalazione si trovava in un grande parcheggio, che però sembrava totalmente abbandonato. Si sentiva solo il rumore del vento: muoveva le foglie degli alberi che dividevano il grande piazzale dalla strada. Le uniche luci erano quella di un lampione e dell'insegna a intermittenza di un barbiere.

«Siete nel posto giusto» ci informò Daniele dagli auricolari.

Mi fermai a ridosso della strada. Guardai gli altri. Eravamo troppo esposti, troppo visibili, nessun luogo in cui appostarci o nasconderci.

«Non mi piace.» Quasi lo sussurrai, le mani iniziarono a sudare.

Stephan si avvicinò a me. «Sembra che non ci sia nessuno dentro.» Indicò il negozio con un cenno del capo.

Proprio in quel momento, sentimmo un urlo lancinante provenire proprio da lì.

«Andiamo!» esclamai e, senza neanche pensare, accelerai. Dopo pochi secondi, mi trovai ad alcuni metri dall'ingresso.

Gli altri mi avevano seguito. Tutti.

«Ragazzi, non vi vediamo.» Percepii una nota di panico nella voce di Raffaele. «Doveva esserci una telecamera in quel negozio, ma sembra che qualcosa la oscuri.»

Guardai verso l'alto, trovando subito sul lato destro del negozio la telecamera di cui parlava. Un pezzo di nastro adesivo nero la oscurava.

Il campanello di allarme nella mia testa iniziò a suonare sempre più forte, facendo aumentare il battito cardiaco.

Una figura avanzò dall'uscio.

Capelli corti neri, sguardo arrogante, camminava come se tutto il mondo dovesse inchinarsi ai suoi piedi.

SYS 2 - La società degli splendenti. il ritorno Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora