Capitolo Trentotto - Cieca Rabbia

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Sento il mondo tremare
Come un terremoto
Difficile vedere chiaramente
Sono io?
È paura?
Follemente arrabbiato con te
Sono follemente arrabbiato con te

St. Anger - Metallica

«Emily, dobbiamo andare subito alla polizia, perché stiamo ancora qui?» Sentii la voce di John, mentre varcavo la soglia della base.

«Se andiamo alla polizia potrebbero...» La voce di mia sorella si spezzò e lei non riuscì a finire la frase.

Entrai come un terremoto e osai guardare le iridi di Emily.

Non l'avevo mai vista in quelle condizioni, non avevo visto quella paura così assoluta nei suoi occhi nemmeno quando lei stessa stava per morire.

Il mio cervello riusciva a pensare solo alla piccola Alessandra nelle mani di quei bastardi. E, guardando i miei compagni, scorsi gli stessi identici pensieri.

I gemelli smanettavano con i PC a una velocità che superava quasi quella umana.

Nicole, Maria e Stephan studiavano in uno schermo la mappa della città, per trovare un luogo dove i mafiosi avrebbero potuto nascondere la bambina.

Christian e Alex stavano preparando le armi come se dovessero compiere un assalto militare.

Luna stava cercando di consolare Emily, ma nessuna parola poteva essere di conforto adesso.

Avevo voglia di aprire la porta della cantina e prendere a pugni Adriano fino al momento in cui mia nipote sarebbe riapparsa.

Il pensiero che la sua gentilezza e il suo aiuto fossero stati calcolati per farci abbassare la guardia non smetteva di perseguitarmi.

«Come è successo? Come cazzo hanno fatto?» La mia voce era irriconoscibile anche alle mie orecchie, pregna di una rabbia che stava per esplodere.

«Non lo so, io non so come abbiano fatto.» Il petto di Emily sussultò, sapevo che mia sorella si stava dando la colpa. «Era in giardino, stava giocando, c'era la macchina della scorta fuori e quando siamo usciti di nuovo per portarle la colazione lei non c'era più. Era sparita, sul tavolo del giardino abbiamo trovato questo.» Mi porse un biglietto tutto sgualcito.

Se vuoi rivedere tua figlia viva, riportami mio fratello.

I miei muscoli si paralizzarono, facevo fatica a respirare. Era impossibile fraintendere. Francesco Mersiglia aveva fatto la sua mossa, la più meschina delle azioni che potesse compiere. Rapire una bambina di tre anni.

La rabbia montava dentro di me, permettendo al mio corpo di sbloccarsi a reagire.

La immaginai spaventata, inerme, nel panico senza la sua mamma e il suo papà. Lacrime amare minacciavano di cadermi sulle guance, ma glielo impedii. Non era il momento per i piagnistei.

«E quegli idioti là fuori non hanno visto niente?» Adesso urlai. «Cosa cazzo ci stanno a fare se non riescono nemmeno a tenere fuori quei pezzi di merda da casa vostra!»

«Hanno detto che non hanno visto nessuno» mi informò John mentre si lasciava andare a peso morto su una sedia.

«Quindi da dove sono apparsi? Dal nulla?» sbraitai cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza, senza riuscire a stare ferma. «Erano sempre gli stessi? C'era Angelo?»

«No...» La frase sospesa di Emily mi lasciò intendere che stavamo pensando esattamente la stessa cosa.

«Hanno cambiato gli agenti di scorta, proprio oggi, guarda caso.» Il disgusto nella mia voce era così concreto che potevo sentirne il sapore acido sulla lingua.

SYS 2 - La società degli splendenti. il ritorno Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora