Capitolo Quarantatre - Libero

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E la strada diventa la mia sposa
Mi sono spogliato di tutto tranne che dell'orgoglio
Quindi in lei mi confido
E lei mi tiene soddisfatto
Mi dà tutto ciò di cui ho bisogno

Wherever I May Roam - Metallica

Adriano

Una bambina.

Una bambina di tre anni.

Non una bambina qualunque, la figlia di Emily.

La nipote di Lara.

Sentivo dolore al piede, per quanto stavo premendo forte il pedale dell'acceleratore.

Entrai e uscii dall'autostrada, capendo in pochi istanti dove mi trovavo e dove dovevo andare.

Francesco aveva osato rapire quella bambina e io volevo solo ucciderlo con le mie stesse mani. Un'arma da fuoco sarebbe stata troppo poco per lui, volevo mettergli le mani addosso e colpirlo finché non sarebbe annegato nel suo stesso sangue.

Sangue, arma da fuoco. La mia mente mi proiettò il viso scavato di Antonio, la sua presenza silenziosa che mi ero portato dietro troppo spesso. E Antonio non c'era più. La donna che amavo l'aveva ucciso.

Lara aveva fatto quello che doveva, aveva salvato la vita alla sua migliore amica, ma, sorprendendo persino me stesso, la notizia che Antonio era morto mi aveva colpito più di quanto potessi pensare.

Non potevo fermarmi a rifletterci, non adesso. Avevo un obiettivo molto più importante. Sapevo che per portare viva a casa quella bambina dovevo fare molta attenzione alle mie azioni. Dovevo giocare bene con mio fratello, senza far cadere la maschera del bravo boss mafioso.

Io ero il boss. Mio padre era morto.

Il mio carceriere, il mio incubo peggiore, era morto.

Mi ripetevo quelle parole come un mantra da quando Lara me lo aveva comunicato. Maledicendomi, perché tra la felicità al pensiero di non rivedere mai più quella brutta faccia, c'era anche un dolore silenzioso che mi perseguitava.

È pur sempre mio padre.

Ciò che aveva fatto passare a chiunque fosse stato sul suo cammino, tutta la sofferenza che aveva provocato si univano a quel dolore.

Lui era morto, ma la mia agonia non era finita.

Adesso ero io il boss e per salvarmi il mio caro fratello aveva deciso di rapire una bambina di tre anni.

Cazzo!

Non riuscivo a togliermi dalla testa l'espressione disperata di Emily. Se fosse successo qualcosa a sua figlia, le avrei portato Francesco e l'avrei guardata mentre lo uccideva, le avrei concesso quel privilegio che agognavo e poi mi sarei fatto uccidere anche io.

Uccidere. Morte. Torture.

Non ne potevo più di quelle dannate parole.

Il viso di Lara mi si presentò nella mente. Aveva ucciso una persona. Avevo scorto in lei un senso di colpa che conoscevo molto bene. Non avevo mai ucciso, ma avevo ordinato a Francesco di farlo in più di un'occasione, e già quello era bastato a farmi vomitare anche l'anima e a non dormire praticamente più.

Non osavo immaginare come potesse sentirsi lei. Un'anima così pura, così giustiziera. Lei detestava quel mondo, lo voleva debellare. Mi aveva precisato più volte che lei e i suoi amici non erano assassini. Che non volevano esserlo.

E adesso lei era diventata la cosa che detestava di più.

Se avevo imparato a conoscerla, sapevo che non sarebbero bastate le parole per farle capire che aveva dovuto farlo. Se la scelta era tra la sua migliore amica e Antonio, in realtà la scelta non c'era.

SYS 2 - La società degli splendenti. il ritorno Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora