7. La notte del giudizio

7 2 2
                                    

Malaspina dormiva profondamente sulla sedia, stravolta dal dolore e dalle medicine. Il fuoco danzava pigro sul suo viso. Il Bertoldo invece stava in piedi al suo fianco, nudo, con le mani ancora sporche del sangue del capretto che aveva sacrificato sul grande tavolo che ora ne sosteneva l'esanime carcassa. Ne osservava gli zoccoli puntati al soffitto, con la lingua che gli penzolava fuori dalla bocca. Con mamma e papà, aveva già ammazzato e lavorato molti degli animali con cui si era vestito e di cui si era nutrito. Ma adesso, le parole del capretto, le parole, gli raschiavano le pareti della scatola cranica. Per questo non si stupì più di tanto quando il capretto tirò la lingua dentro la bocca e rialzò il collo.

"Non è me che avresti dovuto ammazzare" disse il capretto, fissandolo con quegli occhi inumani, spaventosi, che pareva potessero vedere qualsiasi cosa, "prendi quella corda, tagliale la testa. Liberaci tutti dalla sua tirannia e crudeltà. E, dopo che l'avrai ammazzata, falle vedere cosa significa prestare il proprio corpo ad una congrega di streghe assatanate. Liberati".

Il Bertoldo non rispose. Intrecciò invece due robuste corde, che legò alle estremità di due robusti bastoni. Silenzioso, stando attento a non pestare nessuno dei cocci che aveva buttato a terra, incastrò il primo bastone fra lo schienale e la gamba della sedia. Afferrò il secondo, e passò con delicatezza il laccio attorno al collo della strega che dormiva profondamente, quindi fece leva e tirò.

Malaspina si svegliò con un rantolo. In un attimo prese a scuotersi, agitando il braccio buono, tirando prima il laccio e poi cercando lui a tentoni. Ma il Berto si era accucciato dietro lo schienale della sedia, facendo leva sulla corda con i due bastoni. In quel momento notò con sorpresa levarsi dal tavolo una maestosa gatta nera, che terminava di leccarsi i baffi, pulendosi dal sangue del capretto.

"Invero, apprezzo il tuo zelo, ragazzo mio. Ma una strega è affare troppo grande per te."

"Sta a vedere, se è un affare troppo grande per me!" urlò il Bertoldo in tutta risposta, ansimando mentre tirava la corda.

Improvvisamente, la corda si fece lasca.

"Purtroppo, ho accumulato una certa esperienza, in materia" disse sorniona la gatta.

Il Bertoldo si alzò di scatto, liberandosi dalle corde.

"Dove è finita?" urlò, guardando la sedia vuota.

"Una strega va dove vuole, caro" rispose placidamente la gatta, "in questo momento, potrebbe già essere alla fine dell'oceano d'erba".

"Vieni fuori!" urlò il Bertoldo agitando violentemente i bastoni in gesto di sfida.

"Meglio di no. Potrebbe essere anche dentro di te" concluse il felino.

"Non dire cazzate!" ma il fiato gli si mozzò in gola.

Si piegò in due con spasmi atroci che lo prendevano al ventre, mentre si trovò incapace di deglutire, incapace di respirare. Si portò le mani alla gola, che sentì dura e tesa. Rantolò rumorosamente, sbattendo contro gli armadi e ferendosi i piedi nudi sui cocci. Aprì la bocca, perché delle dita sottili si facessero strada fra gli incisivi e le labbra, aggrappandosi al mento.

"Mia cara, questo è crudele persino per te" disse la gatta sogghignando, sdraiandosi elegantemente sul bordo del tavolo.

Inferocito, il Bertoldo fece per mordere con tutta la sua forza e staccare quelle dita maledette, ma un'altra mano gli bloccò gli incisivi superiori. Era viola in faccia, il petto gli faceva male, mentre il cuore gli scoppiava.

Si svegliò urlando.

Il fuoco era ridotto a braci che brillavano debolmente, le lampade si erano spente, e appeso al soffitto di pietra stava guardingo il silenzio. Ingrugnito, scrutava attorno perché nessuno lo disturbasse. Il Bertoldo si portò una mano alla gola, e sulla pelle sentì scrostarsi il sangue rappreso del capretto, con cui aveva impastato la polvere di ossa. Ansimando lentamente, per non far rumore, vomitò. Si era detto grande abbastanza per bere, ma evidentemente il vino forte della strega la pensava diversamente, al punto da abbandonare frettolosamente il suo stomaco indegno e portarsi dietro il formaggio con cui intanto aveva stretto amicizia. Debolmente illuminati dalle braci, vedeva spuntare dal bordo del tavolo gli zoccoli del capretto. Si alzò per avvicinarsi, come aspettandosi che quello tirasse dentro la lingua e gli parlasse, ma niente.

Nel cuore e nella pietraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora