17. Brutti posti brutta gente

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"Beh grazie tante, sai" fece il Berto sarcastico, tentando di trovare una posizione comoda per appoggiare il mento sulla gogna.

Lui, il suo vicino di squadra chiacchierone e l'energumeno che aveva osato rispondere al Capitano sembravano quasi tre comari al davanzale, imprigionati com'erano ai ceppi.

"Che ne sapevo io che quello mi sentiva in quel casino! Non è un Alfiere, è un pipistrello!"

Il campo si animava dei preparativi per la festa, con un discreto viavai di spiedi e barili di vino.

"Flavio! Mezza giornata in più! E pure voi altri, non voglio favoritismi!" risuonò la voce dell'Alfiere Ambrogio alle loro spalle.

Il Flavio tentò di girarsi, ruotando il collo nel ceppo con lo sguardo lucido. Parlava freneticamente.

"Vedi? Vedi? Che ti dicevo? Un pipistrello!"

"Una parola in più e ti taglio la lingua, mona che te sì" disse il giovane energumeno.

"Cosa ho fatto di male?" sospirò retoricamente il Berto, abbassando lo sguardo.

"Sul serio vuoi l'elenco?" gli chiese la Caterina, intenta a sgranocchiare un osso rubato chissà dove.

"Non ti ci mettere anche tu, per favore" replicò lui sconsolato.

"Ehi, ma stai parlando con la volpe?" chiese il Flavio.

"Già. Sentivo il bisogno di parlare con qualcuno che avesse un minimo di buon senso, in questi dintorni."

"Un complimento? Per me? Caro!" esclamò la Caterina guaiolando felice.

"Non ti montare la testa" ringhiò il Berto.

"Ma perché ti porti dietro una volpe?" insistette il Flavio.

"Ossior quanto parla questo" osservò la Caterina.

"Ma saranno affaracci suoi se vuole andarsene in giro con una volpe, no?" lo riprese l'energumeno.

"Io vado dove mi pare!" ululò indignata la Caterina.

"Non ho bisogno che prendi le mie difese, porca miseria, so mandarlo al diavolo anche per conto mio. Ricordati che se siamo qua con i ceppi al collo è per colpa tua, brutto deficiente. Non potevi startene zitto? Che te ne frega se quel pazzo mi guarda se ho radicchio fra i denti? Bisogna mandare giù, a volte, per sopravvivere" lo rimproverò il Berto.

"Ehi, questo lo dice chi ne ha dovute mandar giù parecchie, di solito" intervenne il Flavio.

"Siamo soldati! E siamo uomini!" gli urlò contro l'energumeno. "E non importa se lo negano per me o per qualcun'altro. Non sono disposto ad accettarlo! E tu ora taci! Che se voi due siete qua è perché tu hai dovuto commentare, e tu ascoltare!"

Il grosso aveva corti capelli biondi, occhi verdi e guance rosse. Sicuramente uno della montagna. Aveva un cipiglio estremamente energico, e malgrado i panni contadini emanava una indefinita, monolitica dignità.

"Ehi! Poco fa mi volevi tagliare la lingua! Non parlarmi di umanità!" lo riprese il Flavio fingendo indignazione.

"Ognuno ha il diritto di prendersi un pugno in faccia per quello che dice. Succede agli uomini che non si vergognano" ringhiò l'energumeno.

Il Flavio intanto lo canzonava. Quella chiacchiera di uomo era più sottile di quello che ad una prima impressione pareva sembrare

"Ora sei tu che dici bestiate" lo riprese il Berto, "Quando trovi uno più forte di te, tu sei e fai quello che dice lui, che ti piaccia o no."

Nel cuore e nella pietraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora