15. Il compare

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"Grazie" disse il Berto, facendo per chiudersi la porta alle spalle.

"Ah no, gli animali nelle camere non possono stare!" lo riprese l'oste, notando la Caterina che sgattaiolava in camera dalla porta.

"Canaglia. Ha lo sguardo attento questo bifolco" guaiolò la Caterina.

"Una volpe?"

"Adesso abbiamo una ferma e precisa presa sull'ovvio" lo canzonò la volpe.

"Sì, è mia" disse il Berto.

"Ehi! Tua un piffero!" ruggì la Caterina.

"E tasi n'atimo!" la rimproverò il Berto.

"Tasi no te 'l me disi mia a mi!" lo riprese l'oste incendiandosi.

"Non intendevo dire a voi!" si sorprese il Berto.

"E a chi?" continuò il suo ostile anfitrione.

"No no no, non dirlo!" sibilò la Caterina, annusando il disastro.

"Dicevo, come dire... alla volpe?" disse timidamente il Berto.

L'oste lo guardò incredulo.

"Ah, ma alora te vol torme par el cul. Fora dai cojoni! Ti e 'l to cagnaso!"

Come succede spesso in questi casi, basta un poco di fieno asciutto, due teste calde e una volpe con la lingua lunga perché qualcosa prenda fuoco in fretta. Come l'oste si fece di lato per invitare animatamente il Berto a uscire, la Caterina ritenne opportuno dimostrare il suo disappunto all'appellativo cagnaso. In una frazione di secondo, la sua mandibola era saldamente ancorata alla natica sinistra del povero taverniere, che prese a girare in tondo strillando, ribaltando le poche suppellettili e il povero Berto. Dal canto suo, quella testa calda del nostro eroe pensò bene di dimostrare anche il suo, di disappunto, nei confronti delle manesche maniere del suo ospite. Visto che non era bravo a parole, soprattutto se irato, si affidò agli strumenti da lavoro che naturalmente pendono in fondo alle braccia. Purtroppo per lui, il mestiere dell'oste richiede fra le competenze quella di sapersi liberare degli ospiti diversamente graditi. In poco tempo, il Berto stava scendendo rotolando giù dalle scale, inseguito dal suo zaino, dalla Caterina, e dall'oste che gli fece guadagnare rapidamente la porta.

"A la prosima te ve al catocio!" urlò quello serrando la porta.

Il povero Berto, con un occhio pesto e l'orgoglio contuso, si mise a sedere sullo scalino del portico, rimettendo assieme la sua sacca. La Caterina gli si sedette elegantemente accanto.

"Non dire una parola" le intimò lui.

"Mi ha dato del cagnaccio!"

"Era necessario morderlo?"

"Beh, se ti avesse dato del maiale, cosa avresti fatto?" chiese lei offesa.

"Non ho voglia di parlarne."

"Suvvia, suvvia. Nella vita si morde e si viene morsi. Proviamo quell'altro posto laggiù. Non fiaterò, promesso" disse la Caterina.

Il Berto la guardò sospettoso.

"Preferisco passare la notte vicino ad un bel camino, se permetti" concluse la volpe con fare aristocratico.

"Se parli una sola volta, una sola parola, prima che spunti il sole, ti garantisco che, cascasse il mondo, io domattina avrò un cappello nuovo."

La Caterina si scosse un attimo allo sguardo truce del suo compagno, quello di un giovane maschio ferito nell'orgoglio, quindi potenzialmente molto pericoloso.

"Lo prometto" ripeté.

Camminarono alcuni minuti lungo la strada che si allontanava dalla città. La seconda osteria era in condizioni decisamente peggiori della prima. Aveva un pontile che dava sul fiume, ed era piuttosto grande, ma sembrava che i gestori si fossero stufati di gestirla. Le finestre erano malconce, e anche il tetto mostrava segni di prematura vecchiaia.

Nel cuore e nella pietraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora