22. Lucerna

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"Che succede?" gridò il Berto allarmato.

Aveva visto il Pièbisulco piantare l'ascia nel collo del cavaliere impalato, ma subito dopo non poteva vedere più niente. Tutto si era fatto talmente buio che non riusciva neppure a vedersi il naso. Eppure ci sentiva benissimo. Grida e scalpitare di zoccoli, fruscii di foglie e crepitare di legno. Sentì un forte senso di minaccia. I movimenti, i respiri affannosi che bevevano di quella notte innaturale. Sguainò le spade, puntandole in direzioni diverse cercando di sentire da dove venissero i suoni, ma continuava a inciampare e impigliarsi contro rovi e rami.

Merda, merda! Che cazzo faccio adesso?

Gli sembrava di sentire l'odore di sangue e di metallo. Tutti i peli sulla nuca erano rizzati, mentre il fiato si faceva pesante.

Va bene, fatevi avanti! Vi farò in spezzatino!

"Metti via quelle spade, deficiente. Con questo buio finirai con l'ammazzarti."

"Ti sento! Caterina, dove sei?"

"E fa silenzio, porco l'inverno!" lo rimproverò quella.

La vide quando una flebile luce cominciò ad illuminare il sottobosco. Era calda e amichevole, circondata dalle zampine della Caterina che si sfregava energicamente la punta della coda. Sfrega e sfrega, una fiammella tonda come quella di una candela prese a brillare sulla punta della sua coda.

"Ma così ci vedranno!" le disse il Berto preoccupato.

"Sono una volpe. Decido io da chi farmi vedere o sentire" rispose quella altera, ed evidentemente irritata.

"Davvero non ci possono vedere?"

"Sembri proprio un idiota, quando ripeti. No, ti ho detto che decido io chi ci può vedere o sentire."

"Scusa, non volevo mettere in dubbio quello che sai fare. È che sono spaventato."

"Fai bene ad esserlo. Guarda in che situazione ci siamo cacciati."

"Come potevo immaginare che quel pazzo ci avrebbe mollato qua così?" disse il Berto contrito.

Poco dietro di lui, verso il bordo del cerchio di luce, stava la pesante balestra del Pièbisulco, con tutte le sue corde e pulegge. La tirò a sé.

"Però ci ha dato un ordine. Dovremmo tornare ai cavalli ed avvisare il Capitano!"

"La prima regola, per non farsi vedere, è quella di stare immobili. Non possiamo andare da nessuna parte, con questo buio innaturale. Gli alberi sono terrorizzati, si sono mangiati tutta la luce. E si stanno mangiano anche il nostro tempo" disse malinconica, guardandosi i peli sulla zampina che si facevano argentati.

Il Berto si toccò la guancia.

"Non ho mai avuto la barba così ispida" disse ritirando la mano sorpreso.

"Tutto quello che possiamo fare, è stare al sicuro e aspettare che torni la luce. Quindi tu andrai ai cavalli per fare quel che devi."

"Perché parli di me? Come se dovessi andare da qualche parte!" rispose il Berto ridendo.

La Caterina si sedette elegantemente, con fare malinconico. La lunga, meravigliosa coda con la punta argentata levata alle sue spalle.

"Dentro di sé, una volpe non ha tanto tempo quanto ne ha un uomo" disse.

Il Berto venne scosso da un brivido, il gelo di una struggente consapevolezza gli strinse lo stomaco. La sua amica non sarebbe arrivata al mattino, se mai un mattino ci fosse stato.

"Non possiamo stare qua con le mani in mano, ad aspettare l'alba!" disse il Berto scattando in piedi.

"E cosa vorresti fare, di grazia?"

Nel cuore e nella pietraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora